mercoledì 11 febbraio 2015

La grande fuga, Foggia perde anche le scuole di specializzazione. ‘Re’ Maurizio (Ricci) ne combina un’altra. “E gli studenti pagano”

La grande fuga, Foggia perde anche le scuole di specializzazione. ‘Re’ Maurizio (Ricci) ne combina un’altra. “E gli studenti pagano”


medicina



Continua senza sosta la grande fuga dei corsi universitari da Foggia a Bari. Dopo il corsi di laurea in Archeologia ed Operatore giuridico, e lo "scippo" dei corsi di radiologia medica e logopedia, ora tocca alle scuole di specializzazione di medicina. A cominciare dalla Gastroenterologia, rimasta scoperta dopo il coup de théâtre del rettore Maurizio Ricci che ad ottobre scorso ha silurato il professor Michele Barone, scatenando una vera e propria guerra diplomatica con l'Università di Bari. La scuola foggiana, infatti, non è autonoma, ma ha come sede amministrativa l'ateneo barese.
Maurizio Ricci, (Re)ttore dell'UniFg
Maurizio Ricci, (Re)ttore dell'UniFg
"La decisione mi è stata comunicata verbalmente 15 giorni prima - spiega Barone a l'Immediato -, dopo la presa di posizione del Consiglio di amministrazione che ha fatto saltare l'accordo tra le due università, per il quale io sarei venuto a Foggia ed un collega sarebbe andato a Bari: una compensazione utile non solo per la didattica ma per l'offerta di specializzazioni sul territorio". Ciononostante, "per ragioni meramente economiche", il benservito è arrivato dopo un anno e mezzo (il prof barese era a Foggia da aprile 2013). "A rendere più preoccupante il caso è la voce sulla mancanza del budget necessario per prendere un nuovo professore di questa materia (timori giustificati da questa grande latenza nel trovare un sostituto del Prof Barone) - ci spiegano alcune fonti ben informate -. Come fanno a mancare le risorse se poi si spendono oltre 200mila euro per un portavoce? Per tutta risposta, il direttore della scuola (Alfredo Di Leo, dell'Unversità di Bari) essendo entrato in conflitto per tale decisione con il rettore, ha richiamato gli specializzandi foggiani a Bari. Come conseguenza, l'Università di Foggia non è più sede di formazione specialistica in quest'importante ambito della medicina (le malattie dell'apparato digerente sono una delle principali cause di mortalità e morbilità nella popolazione generale) e ciò va ad impoverire sensibilmente la già sofferente offerta formativa della facoltà di Medicina dell'Unifg". Al di là dei giochi di potere sulle poltrone, gli effetti sono stati disastrosi per gli studenti.
Dopo metà corso, un'ottantina di ragazzi a dover sostenere gli esami con un altro docente (non un gastroenterologo universitario. Ma l'aspetto più grave riguarda gli specializzandi, costretti d'emblée, a dover abbandonare Foggia per Bari a metà percorso. "È stata una decisione unilaterale - precisa Barone -, non mi risulta sia stata mai ascoltata la componente ospedaliera, le direzioni sanitaria e generale. Per di più, mi fa sospettare sull'atteggiamento negativo nei miei confronti, la convocazione del consiglio di dipartimento nel quale è stato approvato il concorso per l'eventuale posto, da riservare ad un gastroenterologo specialista in malattie infiammatorie croniche intestinali: un profilo preciso che mi ha tagliato completamente fuori. Così sono stato mandato via un mese prima che andasse in pensione un altro gastroenterologo, lasciando così scoperti due reparti, affidati a due facenti funzioni".
A rispondere sul punto, anche il direttore sanitario degli Ospedali Riuniti, Antonio Battista: "Non abbiamo le deroghe per i primari - spiega -, per questo nelle more abbiamo scelto delle figure apicali per ricoprire il ruolo, come è stato nel caso diFrancesco Vinelli. Il punto è un'altro: abbiamo chiesto al rettore un nuovo nominativo, ma non è ancora arrivato". In ogni caso, il braccio di ferro tra il rettore Ricci ed il direttore della scuola si è concluso con la conclusione della storia (15 anni) della gastroenterologia universitaria foggiana. "Finisce un'epoca per la formazione di nuove generazioni di specialisti - concludono alcuni addetti ai lavori -, grazie a chi sta smantellando pezzi importanti dell'Università, anche con l'accorpamento con strutture ospedaliere attraverso operazioni che vanno in controtendenza rispetto agli standard di tutti le altre strutture universitarie dove invece avviene il contrario)".

Perquisizioni della Gdf in Ubi Banca

Perquisizioni della Gdf in Ubi Banca

Risultati immagini per ubi banca




Perquisizioni disposte dalla Procura di Bergamo sono in corso stamattina nelle sedi bergamasche di Ubi banca e della Compagnia delle Opere e della Confiab (Confederazione degli artigiani di Bergamo). 

Sono state ipotizzate irregolarità durante l'assemblea della banca del 2013, nel corso della quale sono stati eletti il consiglio di sorveglianza e il consiglio di gestione dell'istituto, con la presunta raccolta illegale di deleghe in bianco e di deleghe con firme falsificate.

Secondo quanto riporta l'agenzia Ansa, nel nuovo filone d'inchiesta del pm di Bergamo Fabio Pelosi e svolto dal Nucleo di polizia valutaria della Gdf, sono indagati tra gli altri il presidente del consiglio di sorveglianza di Banca intesa San Paolo Giovanni Bazoli nella qualità di presidente dell'Associazione banca lombarda e piemontese e i vertici di Ubi banca.

Non c’è speranza, l’Italia applaude i suoi macellai golpisti

Non c’è speranza, l’Italia applaude i suoi macellai golpisti


Lo scenario italiano attuale ha due poli emergenti: da un lato abbiamo una situazione economica strutturalmente grave, con tendenze sfavorevoli, non sostenibile soprattutto in quanto a disoccupazione e pensioni; dall’altro lato abbiamo il combinato della riforma costituzionale ed elettorale detta Italicum. Un combinato che concentra tutti i poteri – legislativo, esecutivo e di controllo, cioè di garanzia – nelle mani del segretario del partito di maggioranza relativa. Questi, prendendo anche solo in teoria il 25% dei suffragi, si aggiudica il controllo delle camere, del governo, delle commissioni anche di garanzia, della nomina del presidente della Repubblica, di giudici costituzionali e di componenti del Csm. In più, quale segretario del partito, forma le liste elettorali del suo partito, cioè decide chi si candida e con quali chances. Quindi i parlamentari eletti hanno un vincolo di mandato, ma non nei confronti degli elettori, bensì del segretario del partito. Una vera mostruosità giuridico-costituzionale, senza pari nel mondo ritenuto civile.
Un ritorno massiccio e deciso a prima della separazione dei poteri statuali, cioè a un modello di Stato di tipo assolutistico, cioè a oltre due secoli fa. Aggiungiamo che la riforma elettorale non solo dà il premio di maggioranza al partito che prende anche Renzi e Merkelsolo il 25% dei suffragi, ma anche, per effetto dell’attribuzione del premio di maggioranza non a una coalizione bensì al singolo partito, risulta congegnata per far sì che ci sia un partito fisso di maggioranza, cioè un partito-Stato – il Partito Democratico (e come altro potrebbe chiamarsi?) – più alcuni piccoli partiti in funzione di alleati mobili e clientelari del partito di maggioranza, più ancora un partito medio-grosso di opposizione perenne. Insomma, in previsione di una situazione economica e sociale sempre peggiore e tale da generare forti tensioni e forse rotture sociali, viene costituito, con la massima precedenza, un apparato statuale autocratico e bloccato, per garantire alla buro-partitocrazia parassitaria e criminale le sue rendite, le sue poltrone, le sue impunità anche nel disastro nazionale; e insieme per garantire il dominio sul paese ai grandi interessi finanziari stranieri, con la possibilità di completare l’estrazione o l’acquisizione degli asset nazionali e dei mercati nazionali ancora appetibili attraverso il controllo del suo governo e del suo capo di Stato.
Per fare queste importanti riforme, e per eleggere un adeguato Capo di Stato che funga da raccordo tra la casta nazionale e i superiori potentati europei e americani, cioè un presidente di garanzia per il suddetto assetto, niente di meglio dell’attuale Parlamento di nominati, illegittimo perché eletto con legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte Costituzionale. Aiuta anche la “condizionabilità” giudiziaria, e non solo giudiziaria, del leader del primo o secondo partito di “opposizione”: nove o dieci milioni di voti controllati o neutralizzati così. La precisa e chiarissima scelta di concentrare i poteri di legislazione, governo e controllo in un’unica persona, toglie ogni dubbio sul progetto dittatoriale: non esiste in Europa, neanche in Russia, qualcosa di simile. Neanche il fascismo la realizzò. La passività e la ignavia via con cui la popolazione italiana accetta tutto ciò, l’assenza di obiezioni e anzi l’incoraggiamento da parte dell’Europa verso tale mostruosità giuridica, confermano che il Marco Della Lunadestino dell’Italia è già stato deciso, che non vi è spazio per un’alternativa, e che quindi l’unica via razionale, per chi può, è l’emigrazione.
Impossibile è giustificare le riforme suddette dicendo che sono indispensabili per assicurare la governance e l’efficacia della politica: come ho spiegato in precedenti articoli, questo obiettivo si può raggiungere con un sistema bicamerale differenziato: una Camera della governabilità, eletta con sistema maggioritario e premio di maggioranza, la quale vota i governi e le leggi, e una Camera della rappresentanza e delle garanzie, eletta con metodo proporzionale e senza soglie, la quale elegge gli organi di garanzia (presidente della Repubblica, giudici costituzionali, commissioni di sorveglianza) e vota le leggi costituzionali nonché quelle elettorali e concernenti la cittadinanza. Quindi la giustificazione suddetta, in nome della governabilità, è falsa. Ma lo è anche perché la politica nazionale ha ben poco da decidere, essendo guidata da vincoli e dettami esterni, rispetto ai quali ha una funzione perlopiù esecutiva. La realtà è che, in Italia e in altri paesi deboli e arretrati, il capitalismo finanziario globale sta instaurando regimi autoritari al fine di usarli per imporre, rapidamente e senza possibilità di opposizione, leggi e riforme strumentali ai suoi interessi e al suopotere, come il famigerato Ttip, oggi in gestazione.

Tre minuti alla mezzanotte della guerra nucleare

Tre minuti alla mezzanotte della guerra nucleare


La lancetta dell’“Orologio dell’apocalisse”, il segnatempo simbolico che sul “Bulletin of the Atomic Scientists” indica a quanti minuti siamo dalla mezzanotte della guerra nucleare, è stata spostata in avanti: da 5 a mezzanotte nel 2012 a 3 a mezzanotte nel 2015, lo stesso livello del 1984 in piena guerra fredda. Sui grandi media, la notizia è passata quasi del tutto sotto silenzio. Eppure a lanciare l’allarme sono noti scienziati dell’Università di Chicago che, consultandosi con altri (tra cui 17 Premi Nobel), valutano la possibilità di una catastrofe provocata dalle armi nucleari in concomitanza con il cambiamento climatico dovuto all’impatto umano sull’ambiente. Il cauto ottimismo sulla possibilità di tenere sotto controllo la corsa agli armamenti nucleari è svanito di fronte a due tendenze: l’impetuoso sviluppo di programmi per la modernizzazione delle armi nucleari e il sostanziale blocco del meccanismo di disarmo. Al primo posto, tra le cause del rilancio della corsa agli armamenti nucleari, gli scienziati statunitensi mettono il programma di “modernizzazione” delle forze nucleari Usa, che comporta «un costo astronomico».
Confermano così quanto già documentato sul manifesto (24 settembre 2014): il presidente Obama,– insignito nel 2009 del Premio Nobel per la Pace per «la sua visione di un mondo libero dalle armi nucleari, che ha potentemente stimolato ilmissiledisarmo», –ha presentato 57 progetti di “upgrade” di impianti nucleari militari, con un costo stimato di 355 miliardi di dollari in dieci anni. Il programma prevede anche la costruzione di 12 nuovi sottomarini da attacco nucleare (ciascuno con 24 missili in grado di lanciare fino a 200 testate nucleari), altri 100 bombardieri strategici (ciascuno armato di circa 20 missili o bombe nucleari) e 400 missili balistici intercontinentali con base a terra (ciascuno con una potente testata nucleare). Si stima che l’intero programma verrà a costare circa 1.000 miliardi di dollari. Anche la Russia, indicano gli scienziati statunitensi, sta procedendo all’“upgrade” delle sue forze nucleari. Lo conferma l’annuncio di Mosca che esse svolgeranno nel 2015 oltre 100 esercitazioni.
Secondo la Federazione degli scienziati americani, gli Usa mantengono 1.920 testate nucleari strategiche pronte al lancio (su un totale di 7.300), in confronto alle 1.600 russe (su 8.000). Comprese quelle francesi e britanniche, le forze nucleari della Nato dispongono di circa 8.000 testate nucleari, di cui 2.370 pronte al lancio. Aggiungendo quelle cinesi, pachistane, indiane, israeliane e nordcoreane, il numero totale delle testate nucleari viene stimato in 16.300, di cui 4.350 pronte al lancio. Sono Manlio Dinuccistime approssimative per difetto, in quanto nessuno sa esattamente quante testate nucleari vi siano in ciascun arsenale. Quello che scientificamente si sa è che, se venissero usate, cancellerebbero la specie umana dalla faccia della Terra.
A rendere la situazione sempre più pericolosa è la crescente militarizzazione dello spazio. Una risoluzione contro il dispiegamento di armi nello spazio esterno, presentata dalla Russia alle Nazioni Unite, ha ricevuto il voto contrario di Stati Uniti, Israele, Ucraina e Georgia, e l’astensione di tutti i paesi dell’Unione Europea. Compresa l’Italia dove, violando il Trattato di non-proliferazione, vi sono 70-90 bombe nucleari Usa in fase di “ammodernamento”, e per il secondo anno consecutivo si è svolta l’esercitazione Nato di guerra nucleare. Dove i grandi media, che sembrano illuminarci su tutto, spengono i riflettori mentre la lancetta dell’Orologio si avvicina alla mezzanotte.