martedì 19 febbraio 2013

Dopo tocchera' alla Cina,India: domani 100 milioni in sciopero


India: domani 100 milioni in sciopero

Sindacati chiamano lavoratori in piazza contro l'austerity



(ANSA) - NEW DELHI, 19 FEB - Maxi sciopero domani in India: circa 100 milioni di lavoratori, secondo i sindacati, incroceranno le braccia per uno sciopero nazionale contro le politiche economiche del governo in materia di inflazione, privatizzazioni e disoccupazione. L'agitazione di due giorni, a partire dalla mezzanotte, e' proclamata dalle principali sigle sindacali dopo il fallimento di negoziati con il governo che cercava di convincere i rappresentanti dei lavoratori a sospendere la protesta nazionale.

Votate Grillo o Ingroia,Il 30% degli elettori non ha deciso se e chi votare: e tu?


Il 30% degli elettori non ha deciso se e chi votare: e tu?


urne


Secondo Renato Mannheimer sono ancora tanti gli italiani che dichiarano di essere indecisi o tentati dall'astensione in questa tornata politica e regionale.
Nei mesi scorsi risultavano ancora di più: a novembre-dicembre raggiungevano - e in certi casi superavano - la metà dell'elettorato. Poi sono gradualmente diminuiti.
Ma, secondo le ultime rilevazioni, siamo ancora attorno al 30%. Vale a dire che, sino a questo momento, quasi un cittadino su tre non ha deciso se e chi votare.
Si tratta in larga misura di donne, meno giovani di età, con titolo di studio relativamente basso, spesso residenti al Sud, di professione casalinghe o pensionate e, specialmente, molto poco interessate alla politica.
Ne è prova anche il fatto che più di metà degli attuali indecisi o potenziali astenuti dichiara di sentirsi estraneo al posizionamento sul continuum destra-sinistra e si rifiuta (o non è in grado) di collocarsi in una posizione specifica su questa dimensione: insomma, non sa se è di destra, di centro o di sinistra.

Sfida alla Cina, le portaerei Usa traslocano nel Pacifico


Sfida alla Cina, le portaerei Usa traslocano nel Pacifico


Alleanza Atlantica da museo: un pezzo di storia, secolo scorso. A Monaco, durante la “Conferenza internazionale sulla sicurezza” di febbraio, il vicepresidente statunitense Joe Biden ha indicato i due obiettivi strategici a breve termine per il suo paese. Uno, l’Iran, per bloccarne «l’illecito e destabilizzante programma nucleare». Due, lo spostamento strategico dell’interesse statunitense dall’Atlantico al Pacifico, divenuto nuovo baricentro geopolitico. Provando a tradurre: cari lontani cugini europei, le grane del bacino mediterraneo e mediorientali sono ormai tutte vostre. Avete la Nato, sotto il nostro comando, ma soldi e armi ora toccano a voi. Esempio? Libia e Mali, dove noi vi diamo satelliti e, al massimo, qualche drone assassino per i lavori più sporchi. In Siria in realtà stiamo facendo qualche cosa in più, ma solo per giocare di sponda contro l’Iran. Perché sia chiaro, direbbe Biden o lo stesso Obama: tutto ciò che minaccia Israele resta “cosa nostra”. Chiarito ciò, il resto sono affari vostri.
Gli Usa sono proprio intenzionati a “cambiare oceano”, secondo l’analisi che Ennio Remondino affida al newsmagazine “Globalist”. «La crisi finanziaria portaerei Usache ha indebolito Usa e Occidente – scrive Remondino – ha disegnato una geopolitica nuova per due scenari affrontati da Biden a Monaco: altri paesi emergono come protagonisti». Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica: i “Brics”. Sempre più importanti, sul piano economico e ormai anche strategico. In più, «intendono difendere i propri interessi senza dover chiedere il “Washington Consensus”». Mentre la Cina è ormai la prima potenza commerciale del mondo, gli Usa devono fare i conti con il costo delle guerre in Afghanistan e Iraq che, secondo lo studio della “Brown University of Providence”, già nel 2011 erano vicini ai 4 trilioni di dollari (4.000 mila miliardi), con costi umani di almeno 250.000 morti, tra cui 6.100 militari Usa, e oltre 125.000 morti in Iraq e 14.000 in Afghanistan, senza contare migliaio di caduti in Pakistan e la marea dei profughi: 7-8 milioni di persone.
Superpotenza addio? «Il declino statunitense è percepito soprattutto dalla sua middle class», allarmata dal declassamento deciso nell’agosto 2011 dall’agenzia di rating “Standard & Poor’s”, che tolse agli Usa la “tripla A”, seguita dall’agenzia cinese “Dagong”. La stessa Cina, con 1,6 trilioni di dollari in buoni del Tesoro sul debito complessivo americano, guarda con preoccupazione a un eventuale deprezzamento della valuta statunitense, che comporterebbe un grave danno alla sua stessa economia: Pechino vuole evitare il calo delle sue esportazioni negli States e le rendite dei suoi investimenti Usa, aumentati (dal 2003 al 2011) da 255 a 1159 miliardi di dollari. «Di fatto, la Repubblica Popolare ha ancora bisogno degli Stati Uniti consumatori dei suoi prodotti». Ma la Cina non aspetta, e ha elaborato una serie di obiettivi: potenziare la domanda interna investendo in istruzione e sanità, incentivare l’economia verde, modernizzare le proprie capacità Joe Bidenmilitari per «rafforzare la sicurezza dellaCina e proteggere il suo sviluppo pacifico».
Su quest’ultimo punto, aggiunge Remondino, il bilancio per la difesa ha aumentato gli investimenti nel 2012 dell’11,2% rispetto all’anno precedente, e il piano nucleare cinese viene definito dall’aviazione americana «il più attivo programma di sviluppo di missili balistici al mondo». Così, la sfida strategica e militare alla Cina, potenza egemone nel Pacifico, viene lanciata il 17 novembre 2011 dal presidente Obama davanti al Parlamento australiano a Darwin, città portuale del nord, situata a 820 chilometri dalle coste indonesiane e non lontano del Mar Cinese. Proprio Darwin diventa «nuova base strategica per l’area “Asia-Pacifico”», in base al programma “Pacific pivot”. Nel 2012, Darwin ha già accolto una portaerei e truppe speciali, che diventeranno migliaia di soldati nel giro di quattro anni, per un costo di miliardi di dollari. Pechino stigmatizza, e critica le continue operazioni militari statunitensi condotte con gli alleati giapponesi, filippini e coreani. E protesta per la presenza americana, per la prima volta, al vertice dell’“Associazione delle Nazioni del Sud-est Asiatico”, dove i rappresentanti statunitensi hanno potuto dire la loro sulle dispute nel Mare Cinese.
«Lo spostamento dell’asse strategico Usa verso la regione Asia-Pacifico diventa ufficiale al “vertice sulla sicurezza” a Singapore lo scorso giugno», ricorda Remondino. «Il segretario alla difesa Leon Panetta affermò allora che entro il 2020 il 60% della flotta – 282 navi da guerra – sarà posizionata nell’area del Pacifico e il restante 40% nell’Atlantico, contro l’attuale 50% fra i due oceani». Panetta assicura che la decisione «non rappresenta una minaccia o una sfida allaCina», ma non convince Pechino, anche perché gli Usa prevedono un aumento delle esercitazioni militari nel Pacifico e l’apertura di nuove basi in un’area di alta valenza strategica per le rotte del Mar Cinese del Sud e dello Stretto di Malacca verso il Medio Oriente, maggiore fornitore energetico per la Cina. Intanto, Pechino vigila sui cantieri militari avviati sulla piccola isola sudcoreana di Cheju, destinata dal Leon Panettagoverno di Seul ad ospitare una grande base navale, da un miliardo di dollari, per navi da guerra e sottomarini Usa.
«Nel Pacifico – racconta Remondino su “Globalist” – saranno dislocate sei portaerei, la maggioranza degli incrociatori, cacciatorpedinieri, navi da combattimento e sottomarini». La sfida Usa alla Cina prosegue poi con missioni mirate nei paesi del sud-est asiatico come Laos, Cambogia e Vietnam, paese che teme l’espansionismo cinese e ha già messo a disposizione degliUsa alcune basi militari, mentre la Cambogia ha accettato l’assistenza militare statunitense per “addestramento anti-terrorismo”. Stessa politica di “infiltrazione” in Africa, in paesi come Senegal, Uganda, Sud Sudan, Kenya, Malawi, Sudafrica, Nigeria, Ghana e Benin. Nel continente nero «le compagnie petrolifere statunitensi sono dominanti, specie in Nigeria e Sud Sudan, e quelle agricole si accaparrano terre fertili e preziose materie prime, in aperta concorrenza con laCina». Ben 5 milioni di cinesi sono presenti in Africa, dove costruiscono porti, aeroporti, strade e ferrovie, oltre a essere uno dei maggiori fruitori energetici. Gli Usa, per contrastare la penetrazione cinese, si avvalgono, dell’Africom, la “Nato africana”, che sostiene di «difendere gli interessi di sicurezza nazionale degli Stati Uniti rafforzando le capacità di difesa degli Stati africani», fino a condurre «operazioni militari per fornire un ambiente Ennio Remondinodi sicurezza adatto al buon governo».
Ma il baricentro della sfida resta il Pacifico, e l’America «vuole mettere becco nelle controversie tra Cina e Giappone sulle isole contese, ricche di giacimenti energetici off-shore». E’ il caso delle isole Diaoyu o Senkaku, «formalmente giapponesi e rivendicate da Cina e Taiwan». Oppure le Scarborough, contese da Cina, Filippine, Taiwan e Indonesia. O, ancora, le Spratleys, che oppongono la Cina a paesi come Filippine, Malaysia, Taiwan e Vietnam. «Perché tante bramosie? Tra le isole transitano merci per 5 trilioni di dollari e i fondali oceanici sono ricchissimi di petrolio, gas, minerali e “terre rare”, i 17 metalli indispensabili nell’industria hi-tech. Quindi – spiega Remondino – l’egemonia sul Pacifico significa assicurarsi le materie prime a costi contenuti e conquistare la leadership nel mondo». Per questo gli Usa stanno riposizionando nel Pacifico la loro potenza militare, mentre la Cina ha stipulato con la Russia il “Patto dell’Energia” e sta rinnovando le forze armate. Si stanno delineando nuovi alleati e nuovi nemici: tra la Cina che Il premier Giapponese Shinzo Abeacquista i debiti dei concorrenti e gli Usache finanziano gli alleati, potenziali nemici di Pechino come Brunei, Cambogia, Filippine, Malaysia, Singapore, Thailandia e Vietnam.
Finora, la Cina ha sempre dichiarato di voler risolvere i contenziosi bilaterali attraverso la diplomazia, senza uso di armi. Ma domani? Per la prima volta, il vertice degli Stati asiatici si è concluso senza una risoluzione comune. E il Giappone ha ventilato l’ipotesi di riformare la Costituzione, consentendo il ricorso all’uso della forza per risolvere le dispute internazionali. Fin del ripudio della guerra, più di mezzo secolo dopo Hiroshima? «Una dichiarazione forte – sottolinea Remondino – legata alla contesa con la Cina sulle isole Senkaku». Una settimana prima della storica esternazione del premier nipponico Shinzo Abe, nel Mar Cinese Orientale un cacciatorpediniere giapponese sarebbe stato inquadrato nel radar di puntamento di una fregata cinese. Insomma: «Un Oceano niente affatto Pacifico».

Elezioni: Bersani e Monti, vittoria inutile? Berlusconi e Grillo pronti a fare "saltare il banco"



Elezioni: Bersani e Monti, vittoria 

inutile? Berlusconi e Grillo pronti a fare "saltare il banco"




Non c’è più alcun dubbio: questa campagna elettorale è pessima ma non è vero che non fa bene a nessuno e non è vero che lascerà tutto come prima. I meno “peggio” sono Mario Monti (gravato dalla zavorra di Casini&Fini) e Pierluigi Bersani (gravato da debole credibilità per aver il centrosinistra già governato con scarsi risultati) che hanno puntato tutto – ognuno con specificità - sulla loro “diversità” rispetto al ritorno populista di Silvio Berlusconi e alla minaccia sfascista di Beppe Grillo.
Di fatto è solo una “diversità” apparente (di stile e di linguaggio) perché sia i centristi del Prof che il Pd giocano nello stesso campo accettando tout court il “dogma liberista” dentro una Europa dei potentati finanziari e non della politica, una Europa dalla natura sociale regressiva, con il connesso ritorno delle elites in un ordinamento postdemocratico, sostanzialmente oligarchico.
Monti con la bacchetta del Prof ex diccì e Bersani con il “so tutto io, faccio tutto io” dell’ex comunista, si limitano a mettere più o meno sale sulla stessa pietanza senza cambiare nulla del menù predisposto da altri e pagato poi dai ceti più deboli, senza intaccare le radici che hanno prodotto questo sfacelo, cioè il modello di sviluppo e i rapporti di forza politici.
Nella prima Repubblica, per decenni, il grosso del voto di protesta andava al Pci, per alcuni un voto perso perché c’era la “conventio ad excludendum” dei comunisti, per altri un voto utile anche per calmierare il superpotere della Dc e dei suoi alleati. Oggi sia Bersani che Monti rischiano di non avere né il voto per governare (non quello per vincere le elezioni), né il voto di protesta.
In entrambi manca la credibilità politica del “cambiamento”. Ci sarà pure un motivo perché il voto di protesta “sta diventando un’onda imponente che scavalca le sinistre per depositarsi su altri lidi” (Fausto Bertinotti)?
L’errore di Monti di essersi alleato con Casini&Fini costerà caro al Prof. Ma anche Bersani lunedì sera dovrà fare i conti con la sua “coperta” corta, scoprendosi o a sinistra o a destra.
Ecco perché, al di là dei risultati numerici, il voto alla fine può fare bene – su banda opposta – sia aBerlusconi che a Grillo, capaci non solo di mettere i bastoni fra le ruote al nuovo governo, ma difare saltare il banco.

Per salvare l'economia distruggiamo il sociale??Grecia, disastro umanitario: via l’euro, o interviene l’Onu


Grecia, disastro umanitario: via l’euro, o interviene l’Onu


«La Grecia deve uscire subito dall’euro, svalutando la sua moneta del 20-30%, pena la definitiva distruzione dell’economia, arrivata a un tale punto di degrado da poter essere considerata come “tragedia umanitaria” e quindi cominciare anche a ventilare l’ipotesi di chiedere l’intervento dell’Onu». L’allarme – totalmente ignorato dai mediaitaliani, interamente occupati dal “grande nulla” della campagna elettorale – è firmato dal più importante economista tedesco, Hans Werner Sinn, consigliere personale di Angela Merkel, sorretto da altri 50 economisti, tra cui Moorald Choudry, vice-presidente della Royal Bank of Scotland, la quarta banca al mondo. Rapporto urgente, presentato al Consiglio d’Europa, alla presidenza della Bce e all’ufficio centrale della commissione bilancio e tesoro dell’Unione Europea: la Grecia sta crollando e la gente ormai assalta i supermercati.
Non se ne parla né a Roma né a Berlino, né a Parigi né a Londra e tantomeno a Madrid, eppure – scrive Sergio Di Cori Modigliani in un intervento su GreciaCome Don Chisciotte” – si racconta lo scenario ellenico in termini più che drammatici: «Una società ormai collassata, al limite della guerra civile, ormai precipitata nel baratro, sulla cui attuale realtà è stato steso un osceno velo di totale censura per impedire che le notizie vengano usate in campagna elettorale in Italia e diffuse in Spagna, dove sta esplodendo la tangentopoli iberica delle banche corrotte e Rajoy ha già fatto sapere a Bruxelles che là a Madrid si corre il rischio di veder la situazione sfuggire al controllo». La Grecia è crollata, definitivamente, sotto il peso dei debiti contratti con la Bce. «Stanno assaltando i supermercati. Ma non si tratta di banditi armati. Si tratta di gente inviperita e affamata, che non impugna neanche una pistola, con la Hans Werner Sinncomplicità dei commessi che dicono loro “prendete quello che volete, noi facciamo finta di niente”».
Cronache pre-insurrezionali: come quella della rivolta dei 150 imprenditori agricoli, produttori di agrumi, che si sono rifiutati categoricamente di distruggere tonnellate di arance e limoni per calmierare i prezzi, come richiesto dall’Unione Europea, e così hanno preso la frutta, l’hanno caricata sui camion e sono andati nelle piazze della città con il megafono, regalandola alla gente, raccontando come stanno le cose. E poi i 200 produttori agricoli, ex proprietari di caseifici, «che da padroni della propria azienda sono diventati impiegati della multinazionale bavarese Muller che si è appropriata delle loro aziende indebitate, acquistandole per pochi euro sorretta dal credito agevolato bancario». I casari «hanno preso i loro prodotti della settimana, circa 40.000 vasetti di yogurt (l’eccellenza del made in Greece, il più buon yogurt del mondo da sempre) li hanno caricati sui camion e invece di portarli al Pireo per imbarcarli verso il mercato continentale della grande distribuzione, li hanno regalati alla popolazione andandoli a distribuire I quattro baby-rapinatori torturati dalla poliziadavanti alle scuole e agli ospedali».
In prima linea anche i movimenti anarchici, che si sono organizzati e sono passati alle vie di fatto: basta cortei e proteste, si va direttamente a rapinare le banche, per poi “socializzare” il bottino col popolo affamato, come facevano i Tupamaros in Uruguay. «Nelle ultime cinque settimane le rapine sono aumentate del 600% rispetto a un anno fa», racconta Di Cori Modigliani. «Rubano ciò che possono e poi lo dividono con la gente che va a fare la spesa». La polizia è riuscita ad arrestarne quattro, rei confessi, ma «una volta in cella li hanno massacrati di botte senza consentire loro di farsi rappresentare dai legali». Lo si è saputo perché c’è stata la confessione del poliziotto scrivano, addetto all’incresciosa mansione di “ritoccare” con Photoshop le fotografie dei quattro arrestati, due dei quali ricoverati in ospedale con gravi lesioni. Di qui la denuncia di Amnesty International, che ha denunciato la polizia polizia locale, il ministero degli interni greco e l’intero governo alla commissione diritti e giustizia dell’Unione Europea a Bruxelles, cioè il “mandante” del genocidio greco decretato dai poteri forti che in Italia hanno insediato Mario Monti. Da noi, silenzio assoluto, dai media e non solo: «Censura totale: nessun candidato alle elezioni in Italia ha fatto menzione della situazione greca attuale»

E' una novità,Clan Gargano, si' a parti civili


Clan Gargano, si' a parti civili

Ammessi ministero interno e federazione associazioni antiracket



(ANSA) - FOGGIA, 18 FEB - Nel processo dinanzi al Tribunale di Foggia al clan Notarangelo di Vieste (Foggia), accusato di estorsioni a commercianti e operatori turistici del Gargano, i giudici hanno accolto le richieste di costituzione di parte civile del Ministero dell'interno, rappresentato dal sottosegretario De Stefano, della Federazione delle associazioni antiracket rappresentata da TanoGrasso, del Comune di Vieste e dell'associazione antiracket di Vieste. Il processo e' stato aggiornato al 4 marzo.

Carne cavallo, Nestle' ritira tortellini


Carne cavallo, Nestle' ritira tortellini

Tracce dell' 1% anche in ravioli di manzo. Azienda si scusa



(ANSA) - NEW YORK, 19 FEB - Nestlé ritira dagli scaffali italiani e spagnoli ravioli e tortellini di manzo Buitoni, società che fa capo al colosso alimentare. Una decisione presa dopo che sono state rinvenute tracce di Dna di carne di cavallo pari all'1%. Nestle' rassicura: "non ci sono problemi di sicurezza alimentare", ''faremo nuovi test''. E si scusa con i consumatori.

Etna, fontane di lava da cratere sud-est


Etna, fontane di lava da cratere sud-est

Fenomeno in attenuazione, aeroporto di Catania resta operativo



(ANSA) - CATANIA, 19 FEB - Nuova fase eruttiva sull'Etna: il nuovo cratere di Sud Est, intorno alle 5 di stamane, ha dato vita ad un'attivita' stromboliana, con alte fontane di lava, che ha generato una piccola colata diretta verso la desertica valle del Bove, lontano dai centri abitati. I fenomeni, accompagnati da un innalzamento del tremore, sono in attenuazione e comunque limitati alla zona sommitale del vulcano. Nessun pericolo per le popolazioni. L'aeroporto di Catania resta operativo.