Violato regolamento. Boldrini,se ne occupa Uff. Presidenza
(ANSA) - ROMA, 26 MAR - Rocco Buttiglione ha preso la parola in aula (durante il dibattito sul caso Maro') per denunciare la 'violazione del regolamento' da parte di alcuni deputati che 'scattano delle foto in aula'. La presidente Laura Boldrini ha fatto subito sapere che del caso verra' investito l'ufficio di presidenza' e ha richiamato ''tutti al rispetto delle regole''.
Nel suo profilo facebook nome fidanzata, Julia Tosti
(ANSA) - PERUGIA, 26 MAR - E' Alessandro Polizzi, di Perugia, nato il 30 agosto 1989, la vittima dell'omicidio avvenuto la scorsa notte in un appartamento del capoluogo umbro.
Secondo quanto si e' appreso in ambienti investigativi, lavorava come operaio nella ditta del padre, alla periferia di Perugia.
Nel profilo facebook del 24enne e' scritto anche il nome della fidanzata, Julia Tosti. Si tratterebbe della giovane rimasta ferita la scorsa notte nell'aggressione in cui Polizzi e' stato ucciso.
Guerra delle capsule da caffè, Vergnano batte Nespresso
Le capsule da caffè Vergnano sono compatibili con le macchine Nespresso. Lo ha stabilito una decisione del tribunale di Torino, che ha ordinato alla Spa Nespresso Italiana di "astenersi dalle attività denigratorie delle capsule prodotte da Vergnano" e di eliminare entro 60 giorni le "informazioni errate dalle istruzioni delle macchine per caffè espresso". Accolta quindi la richiesta di Caffè Vergnano, che aveva avviato il procedimento lo scorso febbraio.
Secondo quanto riporta un comunicato dell'azienda piemontese, Vergnano, assistita dall'avvocato torinese Fabrizio Jacobacci, lamentava da parte della Nespresso Italiana, titolare dei negozi monomarca Nespresso, un comportamento concorrenzialmente scorretto oltre che ingannevole per i consumatori. Da un'indagine effettuata presso alcuni punti vendita Nespresso di Roma, Bologna, Milano e Torino, Vergnano aveva infatti appreso che gli addetti alle vendite descrivevano le sue capsule come "più o meno compatibili" se non "da buttare". Inoltre, informavano i clienti che le macchine del caffè a marchio Nespresso erano state modificate in modo da non funzionare con le capsule Espresso1882 e che la relativa garanzia non aveva effetto se la macchina veniva utilizzata con le capsule Vergnano. Anche i libretti d'istruzione di tali macchine, infine, esplicitavano che l'apparecchio funzionava solo con capsule Nespresso Club.
L'effetto di tali comportamenti è stato ritenuto da parte di Caffè Vergnano come lesivo per l'immagine dell'azienda, con conseguente danno commerciale, perdita della reputazione e della clientela. Per questo motivo, lo scorso 15 febbraio l'azienda piemontese ha avviato un procedimento legale, al termine del quale il tribunale di Torino ha ritenuto "sussistente l'attività denigratoria".
Warren Mosler: volete il benessere? Meno Iva e più deficit
Il problema dell’economia è che il deficit di bilancio è troppo basso: dev’essere molto maggiore. Ci deve essere più spesa pubblica o una minor tassazione, oppure una combinazione delle due. Comunque, il deficit è troppo basso. E il problema è che tutti i vostri leader politici pensano che il deficit sia eccessivo, e quindi fanno tutto il possibile per ridurlo. Il deficit, però, è uguale ai vostri risparmi: i vostri risparmi sono troppo bassi, voi non avete abbastanza reddito. Avete bisogno di più soldi. C’è disoccupazione e tutti sono praticamente a terra, perché il deficit è troppo basso. Purtroppo, per l’Italia – come parte del sistema euro – non si riesce a incrementare il deficit, perché i mercati vi taglierebbero fuori, e quindi è necessaria una garanzia dalla Banca Centrale Europea. Ne ho parlato fin dal ’95 e alla fine è successo: a maggio, quando Trichet ha proposto che la soluzione di tutti i problemi fosse la banca centrale.
Trichet è stato seguito poi da Draghi, che ha detto che avrebbero fatto tutto il possibile per fare in modo che l’Italia potesse auto-finanziarsi. Effettivamente questo è successo: i finanziamenti non sono più un ostacolo. Però, ancora, continuano a cercare di ridurre il deficit. E tutte le cose continueranno ad andare di male in peggio, fino a quando non capiranno che il deficit dev’essere maggiore. Le piccole e medie imprese di cosa hanno bisogno? Ovviamente, di persone che abbiano soldi da spendere. E come si trovano, queste persone? E’ necessario abbassare letasse e aumentare la spesa pubblica: dobbiamo aumentare il deficit. Il governo impone una tassa; a quel punto, deve spendere abbastanza per permettere alla gente di pagarla, questa tassa, e anche di accumulare dei risparmi. Perché, se non si spende abbastanza per pagare le tasse e riuscire a risparmiare, non c’è più economia: ed è quello che sta succedendo.
Le aziende si basano sulle vendite – è così che vivono – e continuano a competere per aggiudicarsi le spese dei consumatori. Quindi sta al governo, allo Stato, far sì che la tassazione non privi di troppi fondi la gente, non la privi del denaro necessario alle spese per vivere. Una volta stabilito un governo equo, quindi con tutti i servizi pubblici necessari, c’è un livello sufficiente di tassazione, in cui le persone hanno abbastanza soldi da spendere per comprare tutti i beni e servizi che si possono produrre, e contribuire così a una piena occupazione. Non è difficile ottenere tutto questo, ma i leader devono capire che questo può implicare un deficit: e a questo non sono pronti. Un’economia“domestica” Mmt, fondata sulla Teoria della Moneta Moderna, è in grado di garantire la prosperità? A tutt’oggi: sì. Noi possiamo garantire la piena occupazione, buoni posti di lavoro per tutti. E questo significa che tutti riescono a produrre ricchezza, beni e servizi che costituiscono la nostra prosperità.
Abbiamo bisogno delle esportazioni? Sono necessarie solo per pagare le importazioni. Il commercio ci rende tutti ricchi e prosperi: compriamo delle cose gli uni dagli altri, abbiamo degli scambi; se non ci fossero commercio e scambio, sarebbe necessario coltivarsi i propri prodotti nei campi, fabbricarsi le scarpe da soli, insegnare da soli ai figli. Noi ci specializziamo: alcune persone coltivano i campi, altri insegnano ai ragazzi, altri si occupano dei malati. Le persone che lavorano in agricoltura producono per tutti; quelli che curano i malati si occupano di tutti i malati; chi insegna ai ragazzi insegna a tutti i ragazzi. Quindi noi suddividiamo il lavoro, e questo si chiama commercio, scambio, ed è una buona cosa. Quando ci si specializza, si riesce a far meglio tutto.
Noi non vogliamo delle restrizioni in questo meccanismo di scambio, eppure abbiamo un enorme restrizione, a questo riguardo – nello scambiare servizi, fare le cose gli uni con gli altri – e questa restrizione si chiama Iva, imposta sul valore aggiunto. E’ una tassa imposta sullo scambio di servizi. Cioè: se mi voglio far tagliare i capelli da qualcuno, devo pagare l’Iva. Se voglio comprare un paio di scarpe, devo pagare un’imposta sul valore aggiunto. C’è un’Iva su tutte le transazioni: e questa è una tariffa – una restrizione – sul commercio. Ci rende tutti più poveri. E quindi è il tipo più sbagliato di tassa, da introdurre. Noi invece vogliamo incoraggiare questi scambi. E questo deve estendersi anche al resto del mondo: dobbiamo essere in grado di avere accesso a tutti i prodotti del resto del pianeta. Pagandoli come? Con nostri prodotti. Noi non vogliamo limitare questo meccanismo di scambio. E perché allora vengono applicate restrizioni? Perché pensiamo che l’importazione causi disoccupazione: pensiamo che, se importiamo prodotti, perdiamo posti di lavoro, qui.
Quando le persone contraggono prestiti, spendono e l’economia si surriscalda, letasse automaticamente aumentano. Quando si guadagna di più, si paga di più: quando ci sono degli utili, si pagano automaticamente più tasse. E questo si chiama: stabilizzazione fiscale automatica. Per cui, gli adeguamenti necessari che deve attuare il governo possono essere molto limitati, o addirittura superflui. Purtroppo, però, a causa del fatto che lo Stato si occupa sempre di deficit e vuole arrivare a un “deficit zero” o al 3%, quindi ridotto al massimo, invece di pensare alla prosperità e fare in modo che ci sia la piena occupazione per tutti, quindi senza stare a pensare all’entità del deficit perché in fondo non importa – purché tutti abbiano un lavoro e non ci siano troppi problemi – lo Stato adotta misure che non hanno alcun senso. Come quelle di adesso: in cui si decide che, anche con un’elevata disoccupazione, il deficit è accessivo, e quindi si cerca di ridurlo. Persino se lo lasciassero così com’è, probabilmente, l’economia si riprenderebbe: certo non sarebbe una ripresa veloce, ma graduale nel corso degli anni. Ma non lo stanno facendo: cercano anzi di ridurlo, il deficit. E peggiorano le cose. E sono assolutamente responsabili delle condizioni attuali del paese.
(Warren Mosler, estratti dell’intervento “Il deficit è troppo basso”, condotto al meeting sulla Modern Money Theory promosso da Paolo Barnard a Rimini il 20-21 ottobre 2012 e riportato sul sito MeMmt).
L’intervento - Durante Servizio Pubblico, il giornalista de “Il Fatto Quotidiano”, come oramai tutti sanno, ha portato un durissimo attacco al neo Presidente del Senato Pietro Grasso. I punti fondamentali sono tre. In primis ha sottolineato la non grande differenza tra Schifani e Grasso. Il deputato PdL, infatti, sarebbe stato il ponte – ben accettato dal PD di Veltroni nel 2008 – per l’inciucio tra PdL e opposizione. Nessuno, a sinistra, si oppose allora alla sua nomina, anzi, i complimenti piovvero anche dal Partito ora guidato da Bersani. Ma tutti, già allora, erano ben consapevoli della figura di Schifani. L’ex procuratore antimafia, similmente – definito come un uomo di mondo – si sarebbe sempre tenuto a debita distanza dall’invischiarsi nell’argomento dei rapporti tra mafia e politica, anzi, da procurato a Palermo, avrebbe rimosso tutti i magistrati interessati alla questione. A dimostrazione vi sarebbe, tra le altre cose, il rifiuto di apporre la firma alla richiesta di appello contro l’assoluzione in I grado di Giulio Andreotti, nel noto processo riguardante l’ex leader della DC. Anche per questo sarebbe ben visto dal PdL. Una sorta di ripetizione di quanto avvenne, a parti inverse, nel 2008. Un personaggio, Grasso, che per Travaglio non ha “mai pagato le conseguenze di un indagine”. Inoltre, dulcis in fundo, il Presidente del Senato, avrebbe ottenuto tre leggi – opera del governo di Berlusconi – per essere nominato procuratore nazionale antimafia a discapito di Caselli, nel 2005.
Caselli vs Grasso – Il primo errore in cui è caduto Travaglio è stato un uso stranamente errato della lingua italiana. Nel dire che Grasso “ha ottenuto” tre leggi al fine di essere nominato a capo del pool, stupisce l’uso tanto leggiadro – da parte di un fine conoscitore della nostra lingua – del termine ottenuto. Tale vocabolo presuppone sia stato l’attuale Presidente del Senato ad aver avuto un ruolo in qualche modo attivo nei fatti del 2005, insinuando, inoltre, una certa vicinanza o responsabilità nell’operato di Berlusconi e nell’approvazione della legge Castelli, che eliminò – per sopraggiunti limiti d’età – il giudice Caselli dalla corsa per la nomina. Ma cosa accadde nel 2005? Ad Agosto il CsM avrebbe dovuto eleggere il nuovo procuratore nazionale antimafia, dopo la scadenza del mandato di Pier Luigi Vigna. Il PdL inserisce, nella riforma Castelli, un emendamento secondo cui non può candidarsi a incarichi giudiziari elettivi chi ha superato i 66 anni. Caselli, il favorito – secondo molti – ad occupare la carica, è così tagliato fuori. In pochi, però, sanno che alla votazione preliminare, la Commissione competente assegnò tre voti ad entrambi i candidati. La prassi voleva che il plenum si riunisse quindi per decidere. Questo non avvenne e si rinviò tutto, comportando, ad ottobre, l’assegnazione del ruolo a Pietro Grasso, favorito dall’emendamento sopracitato. Se la prassi fosse stata seguita, però, la realtà dei fatti ci dice che sarebbe stato comunque nominato Grasso. Perché? Molto semplice. Il neo Presidente avrebbe ottenuto la maggioranza dei voti, potendo contare, Caselli, solo sull’appoggio di Magistratura Democratica e di Luigi Berlinguer. Questo non toglie l’assurdità della legge fatta approvare da Silvio Berlusconi, ma, di sicuro, le cose sono andate ben diversamente da quanto sostiene Marco Travaglio. Grasso non ha ottenuto per sua interposta persona alcun tipo di legge. E scusate se questa infelice uscita non è diffamante.
Grasso, politica e mafia – E’ vero quanto sostenuto da Marco Travaglio, la firma del Presidente del Senato mancava tra quelle richiedenti l’appello alla sentenza di Andreotti. Ma la questione è stata subito chiarita. Bastino, quindi, le parole rilasciate dallo stesso Grasso a Repubblica, nel 2000: « Da parte nostra non c’ è alcun accanimento, anche se comprendo che un imputato può interpretarlo in questo senso. Si tratta semplicemente di continuare a sostenere con coerenza le proprie convinzioni di fronte a motivazioni di primo grado che non appaiono convincenti. Il codice di procedura prevede la piena autonomia dei sostituti che vanno in udienza, quindi l’ avallo del procuratore non è richiesto. Io non ho letto tutte le carte, ma per quello che mi è stato detto condivido l’ iniziativa dei miei colleghi: sono state individuate delle contraddizioni di carattere tecnico-giuridico che richiedono il vaglio del giudice d’ appello». Una firma di Grasso, inoltre, avrebbe impedito la sua testimonianza, in quanto giudice a latere del maxi-processo. Nessuna presa di distanze dai rapporti tra mafia e politica, dunque. Semmai, tali dichiarazioni, dimostrano quanto, 13 anni fa, pur non firmando, l’ex procuratore sostenne in pieno la necessità di un ricorso in appello. Meno chiara, invece, l’estromissione dei due procuratori aggiunti Scarpinato e Lo Forte (oltre che dei sostituti Ingroia e Natoli) dal pool antimafia di Palermo. Avvenne infatti con l’applicazione di una circolare del Csm, secondo la quale, dopo 8 anni di antimafia, i pm si sarebbero dovuti occupare d’altro. Sino ad allora, però, era stata applicata solo ai sostituti procuratori e non agli aggiunti. Un’interpretazione troppo rigida, forse, ma in linea con quanto deciso dal CsM. Come affermò nel 2003 Anna Maria Palma: “Il vero errore è la circolare del Csm che ci costringe ad abbandonare la Dda dopo otto anni. Se proprio dobbiamo dirla tutta, Roberto Scarpinato ha avuto assegnato un settore così importante non solo da equivalere alla Dda, ma addirittura da superarlo, cioè le Misure di prevenzione. Attraverso questo settore può avere il controllo completo delle indagini della Dda, e pure in tempo reale. Altro che epurazione…”
Responsabilità e conseguenze – Cosa intende, Marco Travaglio, quando afferma che Pietro Grasso non ha mai pagato le conseguenze delle proprie indagini? Un’asserzione del genere riporta alla mente le parole tanto ripetute da Silvio Berlusconi sulla necessità che la magistratura paghi anche in sede civile i propri errori. Per quanto naturalmente Travaglio non si riferisse a questo, i successi del Presidente del Senato nella sua attività da magistrato sono stati significativi. Se il giornalista intende dire che l’ex procuratore antimafia ha commesso gravi errori durante la sua attività, volontari o meno, lo dimostri chiaramente, portando alla conoscenza di tutti le sue colpe. Altrimenti, anche nel rispetto di chi ha pagato conseguenze quali la vita per aver perseguito la mafia, si risparmi uscite di questo tipo. Anche perché si contraddice – almeno in parte – rispetto a sue ben note parole “Buon senso vorrebbe che il Parlamento varasse al più presto una legge sulla responsabilità giuridica dei partiti. Invece colpo di genio: le Camere si occupano della responsabilità civile dei magistrati. Il tutto in un paese dove i giudici non godono di alcuna immunità, infatti vengono regolarmente indagati, talora arrestati e condannati da colleghi”. Grasso avrebbe goduto di privilegi non inciampando in indagini o condanne da colleghi per qualche motivo di forza maggiore, magari per qualche sua spontanea ritrosia ad occuparsi di certe cose? Ci spieghi il perché e in che modo.
Ma forse… – Da quando Marco Travaglio ha inaugurato l’idillio con il M5S – peraltro terminato, pare, poprio in questi giorni – anche per lui tra destra, sinistra, centro, falsi onesti e falsi disonesti sembra non esservi più differenza. Tutti, insomma, vanno condannati a prescindere in quanto membri del sistema. Talvolta anche forzando le fonti a disposzione. Errore nel quale, in realtà, il giornalista era già incorso varie volte negli anni passati. Allora, forse, i punti centrali del suo discorso, sono due. La frase iniziale, quando ha sostenuto l’equazione Schifani=Grasso, e la tirata di orecchie ai deputati M5S colpevoli di essersi fatti ingannare da una presunta onestà e purezza dell’ex procuratore antimafia. Tutto il resto, quindi, sembra più un contorno costruito ad hoc per sottolineare quanto, in Parlamento e nella politica, non esistano differenze tra i protagonisti. Altrimenti, appare strano che un personaggio come lui si sia reso protagonista di accuse tanto vaghe, scarsamente sostenute dai fatti e così facilmente smentibili. Penserò male. Forse, ma avere qualche dubbio non ha mai guastato.