martedì 3 marzo 2015

Campi Flegrei: stop alla raccolta delle cozze, analisi in allevamenti rilevano rischio epatite A

Campi Flegrei: stop alla raccolta delle 

cozze, analisi in allevamenti rilevano

 rischio epatite 


Come nel 1974 quando ci fu l’epidemia di colera a Napoli, i frutti di mare ritornano ad essere osservati speciali Il Dipartimento di Prevenzione Area di Sanità animale dell’Asl Na2 Nord ha sancito il divieto di raccolta di cozze nel campo di allevamento di Punta Cento Camerelle – Punta del Poggio. La decisione dopo che il monitoraggio dell’Istituto Zooprofilattico di Portici, eseguito lo scorso 24 febbraio, ha rilevato il virus dell’Epatite A e il Norovirus in un campione di mitili proveniente da quel tratto marino e in stabulazione nel Centro Irsvem di Baia. Non ci sono rischi per la salute pubblica, come garantisce il presidente dell’Irsvem, Fabio Postiglione: “Gli interventi del Servizio sanitario pubblico sono così celeri da scongiurare ogni pericolo. Aspettiamo l’esito delle contro analisi. Sono in corso ulteriori indagini nel campo mitili e sullo specchio acqueo per capire l’origine”.

Meteo, da domani colpo di coda dell'inverno

Meteo, da domani colpo di coda dell'inverno


Meteo, da domani colpo di coda dell'inverno © ANSA

Domani torna l'inverno. "Una massa d'aria fredda direttamente dalla Groenlandia entrerà nel cuore del Mediterraneo; darà il via ad una fase di maltempo con temperature in picchiata e neve a quote basse. Colpito in particolare il Centro Sud”,  ha detto il meteorologo di 3bmeteo.com Francesco Nucera.

   Mercoledì la parta avanzata della perturbazione porterà delle iniziali piogge qua e là al Nord e Tirreniche. Piogge ed acquazzoni dalla sera si intensificheranno special modo al Centro Sud; l'ingresso dell'aria fredda recherà in tal frangente nevicate fino verso i 400/500m in Emilia Romagna, sopra i 700/1000m sulla dorsale centrale. Le temperature subiranno un calo nella seconda parte del giorno.

   Giovedì sarà la giornata peggiore e da pieno inverno. Il nucleo di aria polare entrerà con decisione sul Mediterraneo, sia dalla Valle del Rodano che dalla Porta della Bora, alimentando la bassa pressione. Piogge e rovesci interesseranno in particolare le regioni centro meridionali con nevicate fino a quote di bassa collina sulla dorsale centrale, fin verso i 400/800m al Sud e sulle Isole; non escludiamo anche possibili temporali tra Campania e Calabria tirrenica. Tempo invece in miglioramento al Nord e poi sulla Toscana. Le temperature, in brusco calo, scenderanno al di sotto della media; l'ondata di maltempo sarà inoltre accompagnata da forti venti e mari in burrasca.

   Venerdì ancora invernale; il tempo instabile con nevicate a quote basse si concentrerà al Sud e sul medio adriatico. Andrà meglio sul resto della Penisola con un tempo più asciutto e soleggiato sebbene con clima freddo e ventoso. “Le temperature saranno sotto media anche se in lieve rialzo nei valori massimi al Nord” - concludono da 3bmeteo.

McLaren: Alonso non correrà in Australia

McLaren: Alonso non correrà in Australia


 © EPA

 La McLaren ha ufficializzato con una nota che Fernando Alonso non prenderà parte al Gp d'Australia, il primo della nuova stagione di Formula 1, il prossimo 15 marzo. A "fare questa raccomandazione" sono stati i medici dopo esami e visite successivi all'incidente del 22 febbraio nei test a Barcellona, che avevano provocato il ricovero in ospedale del pilota. Il suo posto verrà preso dal test driver Kevin Magnussen, mentre Alonso tornerà in gara in occasione del Gp di Malesia del 29 marzo.

Il caso De Luca imbarazza il Pd di Renzi

Il caso De Luca imbarazza il Pd di Renzi

L'ex sindaco di Salerno, in caso di vittoria alle Regionali di maggio, verrebbe sospeso per effetto della legge Severino. E il suo partito non è disponibile a cambiare le norme in vigore

vincenzo de luca 2

Il successo alle primarie del centrosinistra in Campania di Vincenzo De Luca imbarazza il Pd di Matteo Renzi per la condanna in primo ad un annoper abuso d’ufficio inflitta all’ex sindaco di Salerno lo scorso mese di gennaio. In caso di vittoria alle Regionali di maggio, infatti, De Luca potrebbe non essere eletto per effetto della legge Severino, che stabilisce l’incandidabilità o l’ineleggibilità dei condannati. Il nodo è stato molto affrontato durante la campagna elettorale per la candidatura alle Regionali, che vedeva De Luca opposto all’europarlamentare del Partito Democratico Andrea Cozzolino.
DE LUCA CONDANNA LA SEVERINO, MA IL PD NON LA CAMBIA – L’ex sindaco di Salerno ha sempre risposto all’accusa lasciando intendere di voler puntare su un ricorso, al Tar, ma soprattutto, ha ricordato altri simili casi in cui i condannati hanno evitato gli effetti della Severino. Solo due settimane fa, ad Agropoli, De Luca ci ha spiegato:
Tutti quelli che hanno impattato con la legge Severino sono stati riammessi, sia dai tribunali amministrativi, come è capitato a Napoli, sia dai tribunali civili, come è successo a Bari, dove il 29 gennaio un consigliere regionale che era sospeso per la Severino è stato riammesso tranquillamente. Chi viene eletto viene eletto, e governa.
Questa certezza, però, non è affatto di casa nel Pd nazionale. Che, in ogni caso, toglie ogni dubbio sull’opportunità di modificare nei prossimi mesi la Severino (altra richiesta di De Luca). In altre parole, a Roma riconoscono l’esito del voto in Campania ma fanno sapere anche che le norme su incandidabilità e ineleggibilità dei condannati resteranno in vigore. In una simile situazione gli interrogativi sul destino di De Luca sembrano destinati a rimanere inevasi ancora fino al giorno del voto.
DE LUCA SI DIFENDE DALLE ACCUSE – Altro nodo riguarda la specifica vicenda per la quale De Luca è stato condannato ad un anno per abuso d’ufficio. L’ex sindaco di Salerno nel corso della campagna elettorale per le primarie ha ripetuto che quello nei suoi confronti è un verdetto ingiusto. Lo scorso 21 gennaio, ad esempio, a poche ore dalla condanna in un incontro ha spiegato:
L’oggetto della discussione è questo: aver nominato un project manager anziché un coordinatore. Un signore che ha fatto il lavoro di coordinamento ed ha percepito 8.000 euro netti per un anno e mezzo di lavoro, non decisi da me, ma dal gruppo. Questo è tutto. Tenete conto che negli stessi anni le Ferrovie dello Stato appaltavano opere nominando project manager. L’Anas nominava project manager. L’Ordine degli Ingegneri nella mia città faceva convegni sul project manager. E tuttavia (i giudici, nda) hanno ritenuto che questo fosse un grave abuso d’ufficio

FREDDEZZA IN CASA PD – Nel Pd le reazioni sono diverse. Mentre il neo candidato alle Regionali annuncia una «rivoluzione democratica» c’è chi tende ad abbassare i toni e chi lancia frecciate. Il vicesegretario Lorenzo Guerini, l’uomo di Renzi che insieme al sottosegretario Luca Lotti, si è maggiormente interessato alla vicenda campana degli ultimi mesi, fa sapere che con l’ex sindaco di Salerno verrà avviato un «lavoro corale di tutto il partito e della coalizione» per vincere anche le secondarie, contro il governatore uscente Stefano Caldoro. Altri sono maliziosi. Il deputato Pippo Civati, uno dei più distanti dal premier-segretario, dal suo blog ironicamente parla delle primarie come di una «grande giornata di democrazia», facendo riferimento al boom di voti di De Luca nella sua città. «La geografia supera la politica. De Luca vince con la sua città: è un voto di Salerno contro Napoli», ha commentato. Una via d’uscita, insomma, potrebbe essere rappresentata solo dal parere espresso dalla Corte Costituzionale. La legge Severino è sub judice e aspetta il verdetto della Consulta sugli articoli 10 e 11. In attesa della sentenza, il web attacca. Dopo la vittoria di De Luca alle primarie campane l’hashtag #DeLuca è diventato trend per molte ore sui social network, con commenti quasi tutti velenosi.



Cia e sauditi, la premiata ditta dei tagliatori di teste

Cia e sauditi, la premiata ditta dei tagliatori di teste


Non fanatici, ma mercenari. Dirottati in mezzo mondo – Afghanistan, Balcani, Medio Oriente – per scatenare il terrore, fornendo l’alibi per la “guerra infinita” degli Usa. Al-Qaeda e Isis sono due maschere dello stesso network, organizzato dai sauditi sotto la regia di Washington. «Dalle viscere del carcere di massima sicurezza statunitense di Florence (Colorado), il componente di Al-Qaeda Zacarias Moussaui, condannato all’ergastolo, fa luce su quello che certamente è il segreto più sporco della “guerra al terrore”», scrive Pepe Escobar. «In più di 100 pagine di testimonianze rese nei giorni scorsi in una corte federale di New York, Moussaui fa “esplodere” delle autentiche bombe legate alla “Casa di Saud”». Tra i più importanti finanziatori di Al-Qaeda prima dell’11 Settembre compaiono i principali esponenti del potere saudita, alleato di Washington. Le prime avvisaglie dello scandalo esplodono adesso, spiega Escobar, perché gli Usa ricattano l’Arabia Saudita: guai se Riyadh si sfilasse dall’alleanza, cessando di sostenere sottobanco il network del terrore, che oggi si chiama Califfato, o a scelta Isis, Isil o semplicemente Daesh. E guai se smettono di pompare petrolio, facendone crollare il prezzo per colpire Putin.
Nelle rivelazioni dell’ergastolano Moussaui, scrive Escobar in un post ripreso da “Come Don Chisciotte”, troviamo nientemeno che l’ex capo dell’intelligence saudita, il principe Turki al-Faisal, già grande amico di Osama Bin Laden, insieme un Zacarias Moussauipersonaggio come il principe Bandar Bin Sultan, detto “Bandar Bush”, già ambasciatore saudita negli Stati Uniti «e mancato sponsorizzatore di jihadisti in Siria». Turki e Bandar sono in compagnia «di un caro amico dei mercati occidentali (e di Rupert Murdoch)», cioè il principe Al-Waleed Bin Talal, e con lui «tutti i maggiori “chierici” wahhabiti dell’Arabia Saudita». In altre parole, «nessuno di loro è nuovo a chi segue fin dai tempi dell’Afghanistan degli anni ’80 le sporche vicende degli jihadisti finanziati dai wahhabiti sauditi». Le informazioni, aggiunge Escobar, assumono maggiore importanza se messe in relazione al prossimo libro di Michael Springmann, ex capo della sezione visti a Jeddah, in Arabia Saudita. In “Visto per al-Qaeda”, svelando «tutti gli sdoganamenti della Cia che hanno sconvolto il mondo»,  Springmann descrive in dettaglio le mosse dell’armata del terrore messa in piedi dagli Usa.
Negli anni ’80, la Cia reclutò e addestrò «agenti musulmani» per contrastare l’invasione sovietica in Afganistan. «Più tardi, la Cia avrebbe spostato questi agenti dall’Afganistan ai Balcani, poi in Iraq, in Libia e in Siria, facendoli viaggiare con visti statunitensi illegali». Questi guerriglieri addestrati dagli Usa «si sarebbero poi riuniti in un’ organizzazione che è sinonimo di terrorismo jihadista: Al-Qaeda». Lo scopo politico di queste rivelazioni, dal punto di vista di Washington, secondo Springmann «è di esercitare pressioni sulla Casa di Saud per continuare a pompare le loro eccedenze petrolifere: i recenti rimbalzi petroliferi stanno provocando l’isterismo a Washington, poiché potrebbero essere il segnale di un ripensamento dei sauditi sulla loro guerra dei prezzi del petrolio contro, prima fra tutti, la Russia». Dunque, verso la metà degli anni ’80, “Al-Qaeda” era solo un database in un computer collegato al dipartimento delle comunicazioni del segretariato della Conferenza Islamica, scrive Escobar. «A quel tempo, quando Osama Bin Laden non era che un agente “delegato” Usa che operava a Michael SpringmannPeshawar, l’intranet di Al-Qaeda era un ottimo sistema di comunicazione per lo scambio di messaggi in codice tra i guerriglieri».
“Al-Qaeda” non era un’organizzazione terrorista – ovvero un esercito islamico – e neanche proprietà privata di Osama Bin Laden. «In seguito, verso la metà degli anni 2000 in Iraq, Abu Musab al-Zarqawi – il precursore giordano di Isis/Isil/Daesh – stava reclutando giovani militanti-fanatici-arrabbiati, senza un diretto input da parte di Bin Laden. La sua copertura era Aqi (Al-Qaeda in Iraq)». Quindi, continua Escobar, Al-Qaeda era e resta un marchio di successo. «Non è mai stata un’organizzazione; piuttosto era un elemento operativo essenziale di un’agenzia di intelligence. Da qui l’imperativo categorico: Al-Qaeda è essenzialmente una derivazione dell’intelligence saudita». La miglior prova è il ruolo oscuro, fin dall’inizio, del principe Turki, ex direttore generale per lungo tempo del Mukhabarat, l’intelligence della Casa di Saud («ma Turki non parla, e mai lo farà»).  L’intelligence turca, per parte sua, «non ha mai creduto al mito dell’“organizzazione” Al-Qaeda». Le rivelazioni di Moussaui, aggiunge Escobar, «diventano davvero esplosive quando si collegano tutti i punti tra l’ideologia politica della Casa di Saud, la piattaforma politica di Al-Qaeda e l’abbozzo ideologico del falso Califfato di Isis/Isil/Daesh. La matrice di tutti questi è il wahhabismo del 19° secolo – e la sua interpretazione/appropriazione medievale dell’Islam. Tutti usano metodi diversi, alcuni più rumorosi di altri, ma tutti hanno lo stesso fine: il proselitismo wahhabita».
La differenza fondamentale, secondo Escobar, è che Al-Qaeda e Isis/Isil/Daesh «sono dei rinnegati wahhabiti che intendono, alla fine, prendere il posto della Casa di Saud – fantoccio comandato dall’Occidente – instaurando in modo ancora più intollerante il potere salafita e/o del Califfato». Per cui, «quando questa “bomba” ancora segreta verrà fuori dal vaso di pandora arabico, crolleranno i presupposti che reggono quel dono che viene continuamente elargito dagli Usa, la “Guerra al Terrore” (guerra infinita)». Non è rassicurante nemmeno il nuovo capo della Casa di Saud, il principe Salman, che «negli anni ’90 era uno strenuo sostenitore del salafismo e del Jihad», inclusa la pratica Bin Laden. Più tardi, come governatore di Riyadh, «si distinse nell’avversione più totale verso gli sciiti, che poi si espandeva nell’odio verso l’Iran nel suo complesso – per non parlare poi del suo odio per qualsiasi cosa che lontanamente ricordasse lademocrazia all’interno dell’Arabia Saudita». Assurdo aspettarsi che Salman sia un “riformatore”, «come è assurdo aspettarsi che l’amministrazione Obama interrompa una volta per tutte la sua storia d’amore con i suoi “bastardi preferiti” del Golfo Persico».
Ma ora, aggiunge Escobar, c’e’ un nuovo elemento chiave: «La Casa di Saud è disperata. Non è un segreto a Riyadh e in tutto il Golfo che il nuovo Re e i suoi consiglieri ammaestrati dall’Occidente stiano letteralmente perdendo la testa. Si ritrovano circondati dall’Iran – che, per giunta, è sul punto di concludere un accordo nucleare con il Grande Satana l’estate prossima». La situazione non è allegra: i sauditi «vedono il falso Califfato di Isis/Isil/Daesh che controlla gran parte del “Siraq” – e con gli occhi già puntati verso la Mecca e Medina. Vedono gli sciiti Houthi pro-Iran che controllano lo Yemen. Vedono gli sciiti della maggioranza in Bahrein repressi con grandi difficoltà dalle forze mercenarie. Vedono disordini sciiti diffusi nelle province orientali dell’Arabia Saudita, dove c’è il petrolio. Sono sparsi in tutto il Medio Oriente ancora in preda alla psicosi “Assad deve Pepe Escobarandarsene” (mentre lui non va da nessuna parte). Hanno bisogno di finanziare la “junta” militare al potere in Egitto con miliardi di dollari (l’Egitto è al verde). E oltre a tutto questo, si sono bevuti la storia America-contro-Russia, impegnandosi in una guerra dei prezzi del petrolio che sta consumando il loro budget».
Non ci sono prove che Salman sia deciso a compiere lo sforzo di cooperare con il governo di maggioranza sciita a Baghdad, né che tenterà di raggiungere un compromesso con Teheran: «Al contrario, regna la paranoia, poiché nel momento in cui l’Iran riaffermasse la sua supremazia nucleare, una volta concluso l’accordo atteso per l’estate prossima, i sauditi si ritroveranno emarginati ideologicamente e politicamente». Soprattutto, conclude Escobar, non ci sono prove che l’amministrazione Obama abbia la capacità di riconsiderare le relazioni coi sauditi. «Ciò che è certo è che il più sporco segreto della “guerra al terrore” resterà off-limits. Tutto il “terrore” che stiamo vivendo, sia quello reale sia quello costruito a tavolino, proviene da un’unica fonte: non è “l’Islam”, ma l’intollerante e demente wahhabismo», irresponsabilmente incoraggiato, organizzato e finanziato con la piena collaborazione della Cia. Stesso film: dalla strage di americani innocenti l’11 Settembre alla ricomparsa dei “tagliatori di teste” in Siria, in Iraq e ora in Libia.