venerdì 4 aprile 2014

Gay intolleranti

Gay intolleranti



Altro che caso Barilla, il patron della pasta costretto alla pubblica umiliazione per aver detto che credeva nel matrimonio naturale. Con Brendan Eich, capo di Mozilla e creatore di software, l'intolleranza gay friendly ha raggiunto un nuovo traguardo. Eich aveva donato, nel 2008, mille dollari alla campagna in favore del “sì” al referendum della California per vietare i matrimoni gay. Bene, dopo una settimana di offese personali, richieste di scuse e oltraggi verbali e ideologici da parte di orrendi social network e militanti omosessualisti, Eich ieri si è DIMESSO. Andrew Sullivan, icona gay americana con la testa sulle spalle, ha difeso Eich, dicendosi "disgustato". La libertà di parola in occidente è a rischio non soltanto a causa dell'islamicamente corretto di orridi penpensanti e orrendi tagliagole, ma anche a causa di questi felloni gay che vogliono imporci il loro modo di vivere.

La Cgil esaudisce il sogno di Renzi: fine dei sindacati

La Cgil esaudisce il sogno di Renzi: fine dei sindacati


Quel terribile applauso che nella trasmissione di Fazio ha sottolineato un passaggio particolarmente reazionario di Renzi fa venire i brividi. Il presidente del consiglio ha affermato che farà lavorare i disoccupati, e se i sindacati si opporranno pazienza. Quindi secondo Renzi e il pubblico di Fazio i sindacati sarebbero contrari a far lavorare i disoccupati, quindi i disoccupati ci sono anche per colpa loro. È una vecchia baggianata che periodicamente percorre gli umori della destra: i sindacati hanno rovinato l’Italia e ora il presidente nuovo e moderno la fa sua, approfittando della crisi evidente e della burocratizzazione di Cgil, Cisl e Uil. In questo modo Renzi strizza un occhio a chi verrebbe sindacati più forti ed efficaci e un altro a chi non li vorrebbe in nessun modo. È questo il suo modo di non essere né di destra, né di sinistra, cioè di essere di destra stando formalmente a sinistra.
Avendo passato un bel pezzo di vita sindacale a contestare la concertazione, posso ben dire che non sono a lutto per la sua fine, però non posso non tenere Giorgio Cremaschiconto del fatto che essa cade dal lato della finanza, delle banche e delle multinazionali, e non da quello dei dirittidel lavoro. Socialmente cade da destra. Noi che la contestavamo da sinistra abbiamo più volte denunciato il fatto che lo scambio che stava alla base della concertazione, rafforzamento del ruolo istituzionale di Cigil, Cisl e Uil in cambio della loro disponibilità ad accettare la regressione del mondo del lavoro, aveva qualcosa di insano. Questo scambio, il sindacato come istituzione stava meglio mentre per i lavoratori andava sempre peggio, non poteva durare all’infinito. Renzi e il sistema di potere che lo ha messo lì e che oggi lo sostiene sono ingenerosi. Grazie alla collaborazione o non opposizione dei grandi sindacati abbiamo avuto la caduta dei salari, la precarizzazione di massa per legge, il peggioramento delle condizioni di lavoro, un sistema pensionistico che è tra i più feroci ed iniqui di Europa.
Appena insediato come ministro dell’economia, Tommaso Padoa Schioppa spiegò che il suo governo, quello di Prodi, aveva gli stessi obiettivi di quello della signora Thatcher, solo li voleva realizzare con la collaborazione e non con lo scontro con i sindacati. Fino alla crisi la concertazione ha funzionato e lor signori dovrebbero essere riconoscenti alla moderazione sindacale. Ora però non serve più, con le politiche di austerità e i diktat della Troika, anche la sola immagine di essa non piace ai signori dello spread, per i quali il sindacato è negativo in sé. Come diceva il generale Custer degli indiani, per chi guida la finanza e ci giudica sulla base dei propri interessi, il solo sindacato buono è quello morto. Già nel libro verde del ministero del lavoro gestione Sacconi, si chiedeva il passaggio dal regime della concertazione a quello della complicità Tommaso Padoa Schioppacon le imprese. E questa è stata la richiesta dalla lettera Bce del 4 agosto 2011, assunta da Berlusconi che sperava così di salvarsi, e poi resa operativa da Monti.
Renzi è un puro continuatore di questa politica, ma è lì perché ha il compito di costruire attorno ad essa quel consenso che non ha mai avuto. Per questo dopo aver sostenuto Marchionne contro la Fiom, ora cavalca lo scontento sacrosanto che c’è verso la passività di Cgil, Cisl e Uil, ma per colpire il sindacato, non per rafforzarlo. Renzi ha lamentato che la Cgil si svegli dopo aver dormito venti anni, ciò che vuole è che quel sonno continui per sempre. Allacrisi e alla ritirata dell’azione sindacale Susanna Camusso e Maurizio Landini stanno reagendo in due modi conflittuali tra loro e comunque sbagliati. La segretaria generale della Cgil difende la linea ed i comportamenti della Cgil di oggi, ne nega la burocratizzazione e la passività e ripropone la concertazione su scala ridotta, come azione comune delle cosiddette parti sociali, sindacati eLandini e CamussoConfindustria tutti nella stessa barca.
L’accordo del 10 gennaio è una disperata difesa della casa che crolla, ma in realtà aggrava la crisi democratica del sindacato attraverso regole autoritarie e corporative. La risposta di Landini parte dalla giusta denuncia di questa crisidemocratica, ma poi finisce per scegliersi con interlocutore proprio quel Renzi che è avversario politico di un sindacato davvero rinnovato. Camusso, per non cambiare, si aggrappa all’intesa con Cisl, Uil e Confindustria, così prestando il fianco alla demagogia renziana contro le caste sindacali. Landini, che afferma di voler cambiare, si aggrappa a Renzi, così compromettendo tutto il senso della sua battaglia. Entrambe queste scelte sono il segno che la Cgil è una organizzazione in piena crisi, i cui gruppi dirigenti hanno sinora tentato tutte le strade tranne una. Quella di rompere con i palazzi della politica e del potere e con ogni collateralismo con il centrosinistra, per ricostruire la piena autonomia di azione sociale. Il sindacato deve cambiare e la sfida di Renzi va raccolta, ma proprio per lottare meglio contro il suo governo, ultimo esecutore delle politiche di austerità.