venerdì 13 marzo 2015

Roma, clonavano polizze assicurative. Gdf blocca giro da 100mila euro

Roma, clonavano polizze assicurative. Gdf blocca giro da 100mila euro

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Era una vera e propria “centrale del falso”, gestita da una coppia di coniugi di Zagarolo (Roma), quella scoperta dai Finanzieri del Comando Provinciale di Roma. Centinaia gli automobilisti che, a loro insaputa, hanno circolato, per mesi, con una polizza assicurativa Responsabilità Civile Auto (Rca) contraffatta. Le indagini, condotte dal Gruppo di Frascati, sono partite dall’esibizione, durante un controllo su strada, di un tagliando assicurativo apparentemente emesso da una compagnia assicurativa on line ma, in realtà, rilasciato a favore di un altro contraente. 
Le indagini, coordinate, coordinate dalla Procura della Repubblica di Tivoli, hanno consentito di risalire ad un bar di Valle Martella (frazione di Zagarolo) gestito da una trentaseienne e dal coniuge, all’esterno del quale, senza alcuna autorizzazione, veniva pubblicizzata la stipula di polizze assicurative a condizioni vantaggiose.
Le perquisizioni seguite alle indagini hanno portato al sequestro di centinaia di tagliandi assicurativi, relativi a polizze assicurative emesse dalle compagnie assicuratrici Direct Line e Genertel. In alcuni casi, gli infedeli operatori del settore stipulavano delle polizze vere e utilizzavano il numero di contratto per riprodurne altre, indicando nominativi e targhe diverse da quelli associati ai contratti reali, mentre in altri, attraverso scanner e fotocopie a colori, creavano polizze completamente false e sconosciute alle predette compagnie assicurative.
Il bottino ammonta ad oltre 100 mila euro e sarebbe cresciuto ancora se le Fiamme Gialle non avessero sequestrato l’attività abusiva. I coniugi, oltre alla denuncia per i reati di truffa, falso, frode assicurativa ed intermediazione abusiva in attività assicurativa, dovranno ora vedersela anche con il fisco per la tassazione dei proventi illeciti conseguiti.
Sono stati, infine, identificati ed avvisati, per consentire la regolarizzazione delle polizze, tutti gli ignari clienti che si erano affidati all’agenzia fantasma e che quindi circolavano con contrassegni privi di validità e copertura assicurativa. Il Tribunale di Tivoli, sulla scorta delle indagini eseguite, ha disposto la chiusura del bar per tre mesi e l’inibizione, alla riapertura, dell’utilizzo della trasmissione dei dati a mezzo internet.


Parlamento Ue: "Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un diritto umano"

Parlamento Ue: "Il matrimonio tra persone dello stesso sesso è un diritto umano"


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Il Parlamento europeo "incoraggia le istituzioni e gli Stati membri dell'Unione europea a contribuire ulteriormente alla riflessione sul riconoscimento del matrimonio o delle unioni civili tra persone dello stesso sesso in quanto questione politica, sociale e di diritti umani e civili". E' quanto ha stabilito oggi l'europarlamento, votando a larga maggioranza (390 voti a favore, 151 no e 97 astensioni) il Rapporto annuale sui diritti umani, che comprende tra l'altro la posizione, nettissima, di Strasburgo sui matrimoni tra persone dello stesso sesso.
"Un rapporto di 80 pagine che manda due messaggi fondamentali di natura politica -commenta il relatore, Pier Antonio Panzieri, del Pd-: i diritti non possono essere considerati un lusso, quindi l'invito espresso è passare dalle parole ai fatti".
Secondo Panzieri il passo in avanti è "molto importante, perché si mette da parte il principio di sussidiarietà e si invitano gli Stati membri a seguire o copiare quei paesi, ormai 17, l'ultimo la Slovenia, che si sono dotati di legislazioni in materia. Un invito particolarmente per l'Italia, che ha una certa riluttanza e difficoltà su questo argomento". Tant'è che nel Rapporto si esplicita che la "legalizzazione del matrimonio e delle unioni civili tra persone dello stesso sesso" è ormai realtà "in un numero crescente di paesi nel mondo".

Terni, entra in un locale notturno e viene ucciso a bottigliate

Terni, entra in un locale notturno e viene ucciso a bottigliate


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Un ragazzo di 27 anni, David Raggi, è stato ucciso ieri sera a Terni di fronte ad un locale notturno. Il giovane è stato colpito a morte con una bottigliata al collo da un cittadino di origine marocchina che era già stato allontanato due volte dal locale perché molesto. La giovane vittima è sopraggiunta ed è stata colpita senza alcun apparente motivo.
Probabilmente il suo omicida se l'è presa con la prima persona che ha avuto davanti. Per il 27enne, nonostante i soccorsi e tentativi di rianimazione e di tamponare l'emorragia, non c'è stato nulla da fare. Il marocchino è stato arrestato poco distanze dal luogo del delitto dalla polizia. Sul posto il questore di Terni ha parlato di “Episodio bruttissimo”.

Lavoratori spacciati, grazie alla Cgil che si è arresa a Renzi

Lavoratori spacciati, grazie alla Cgil che si è arresa a Renzi


Prima il grande corteo di Torino, con decine di migliaia di persone che hanno sfidato un tempo inclemente per ribadire il proprio sostegno al movimento No-Tav.  Poi la dimostrazione a Roma contro Salvini, «il lepenismo in salsa leghista e Casapound». E infine la prima manifestazione sindacale, a Milano, contro il Jobs Act dal varo dei decreti attuativi, «fatta apposta nella città ove si sperimenta quella schiavitù a tempo determinato che è il lavoro gratis per l’Expo». In tutti questi appuntamenti, ricorda Giorgio Cremaschi, già dirigente Fiom, la Cgil era assente. «È un dato costante di tanti momenti di lotta di questi mesi: la Cgil non vi partecipa». Dopo lo sciopero generale del 12 dicembre, che aveva suscitato una mobilitazione persino inaspettata nel mondo del lavoro, il gruppo dirigente del principale sindacato italiano «è ripiombato nella passività neghittosa che ne aveva caratterizzato tutti i comportamenti precedenti». Così, il mondo del lavoro «continua a precipitare di gradino in gradino, in una caduta che sembra inarrestabile e che ci ha fatto diventare il paese portato ad esempio nella distruzione dei diritti».
In poco tempo, continua Cremaschi su “Micromega”, abbiamo avuto il sistema pensionistico più feroce del continente, con l’età pensionabile più elevata: «La nostra si avvicina sempre più ai 70 anni, mentre l’austeraGermania la fa scendere a 63 e la Giorgio CremaschiFrancia la mantiene a 60». Mentre consolidiamo 6 milioni di disoccupati, «l’orario di chi un lavoro ancora ce l’ha cresce inesorabilmente: lavoriamo quasi 200 ore all’anno più dei tedeschi e 100 in più dei francesi». Idem i salari: quelli italiani «hanno avuto la dinamica peggiore del continente, cioè son calati di più come realepotere d’acquisto e a volte anche in valori assoluti». Unica eccezione, non certo consolante, la Grecia: «Che, per altro, se dovesse davvero definire per legge il salario minimo a 750 euro mensili, sopravanzerebbe molte regioni del nostro Mezzogiorno». Infine, con il Jobs Act abbiamo raggiunto la meta di avere il mercato del lavoro più flessibile del continente: «La libertà di licenziamento, la precarizzazione diffusa e incentivata, il potere di degradare il lavoratore e di controllarlo a distanza, l’appalto selvaggio e le cooperative di sfruttamento, l’elenco degli atti di ferocia contro il lavoro autorizzati qui da noi è interminabile».
I provvedimenti di Renzi «chiudono un percorso durato decenni, che alla fine ha portato il dipendente alla completa mercé dell’impresa», prosegue Cremaschi. «Come ha detto Crozza in Tv, i padroni non erano così felici dall’epoca di Kunta Kinte. La nostra caduta è stata la più rovinosa del continente, siamo diventati un esempio negativo per idiritti e le lotte sociali, siamo diventati il paese crumiro d’Europa». La Cgil? «Non pare intenzionata ad interrogarsi sulle ragioni di questa disfatta, ma soprattutto neppure a riconoscerla e a reagire ad essa». Il sindacato considerato più forte d’Europa «vive in una ritirata permanente che non può che condurre alla resa». Eppure non ha alcun feeling con Renzi, come invece la Cisl. «Neppure con il primo ispiratore delle politiche del lavoro del presidente del consiglio, neppure con Sergio Marchionne, a differenza della Cisl che invece lo applaude, la Cgil va d’accordo. Tuttavia il dissenso Cgil appare sempre più impotente». Per Renzi, secondo Cremaschi, una simile opposizione è la migliore augurabile: «La Cgil dice no ai suoi provvedimenti, ne lamenta tutto il male Crozza-Renzipossibile, ma poi non li contrasta davvero. È il modo migliore per dimostrare che il sindacato non conta nulla e fa solo proteste di facciata per ragioni d’immagine». Così, «Renzi ci va a nozze».
La questione non è solo quella della quantità e continuità delle lotte, che pure esiste. Il problema di fondo, aggiunge Cremaschi, è che il linguaggio e i comportamenti concreti dei dirigenti della Cgil non sono di opposizione. «Pensiamo allo sciopero di soli cinque lavoratori tra i comandati per lo straordinario a Pomigliano. Succedeva anche negli anni ‘50 che gli scioperi in Fiat fallissero clamorosamente. Ma la Cgil di allora non aveva difficoltà a dire che quei lavoratori non erano liberi di decidere perché in Fiat c’era il fascismo». Pochi giorni fa un servizio del Tg7, evidentemente sfuggito alle maglie della censura di regime, presentava una immagine agghiacciante della condizione dei lavoratori di Pomigliano: alle sei del mattino, le telecamere inseguivano operai a cui l’intervistatore chiedeva un parere sugli straordinari. «Domanda cautissima, non si chiedeva né un giudizio su Marchionne, né altro di compromettente. Eppure fuggivano tutti, come sudditi in uno Stato di polizia». Per Cremaschi, ormai, «nei luoghi di lavoro, non solo in Fiat, dilaga il fascismo aziendale, che con il Jobs Act viene istituzionalizzato. Questo la Cgil dovrebbe denunciare con tutta la forza che ha. E invece non lo fa».
Il gruppo dirigente del sindacato sostiene che il governo agisca sotto dettatura della Confindustria: è vero, «ma poi non si scontra per niente con gli autori di quel dettato». Anzi: con gli industriali, insieme a Cisl e Uil, la Cgil «continua a voler applicare l’accordo incostituzionale del 10 gennaio 2014, che sancisce che chi non firma accordi non può neppure partecipare alle elezioni delle rappresentanze aziendali». Alla Telecom, i tre sindacati maggiori «hanno firmato un accordo che applicava il Jobs Act prima ancora dei decreti attuativi e per fortuna i dipendenti hanno espresso un clamoroso no». Poi c’è «l’accordo scandaloso che autorizza il lavoro gratis per quella notoria impresa di beneficenza che è Expo», accordo che «ha la firma di Cgil, Cisl e Uil». E di fronte a un presidente del Consiglio che «minaccia i lavoratori della Scala perché vogliono festeggiare il Renzi e CamussoPrimo Maggio», le flebili parole dei dirigenti della Cgil «son state più rivolte ad auspicare una sottomissione dei lavoratori che un rifiuto della prepotenza reazionaria del capo del governo».
Proclami roboanti, ma poi un atteggiamento mite: troppe contraddizioni. Le ragioni? «Una è la complicità con il sistema delle imprese, che non a caso ha fatto sì che quando la Fiom si mise di traverso in Fiat, apparisse come qualcosa di diverso dalla organizzazione di cui fa parte». La seconda, anche più forte, «è che questa Cgil non può rompere con il Pd neppure se il suo segretario presidente la prende ogni giorno a pesci in faccia». Il corpo della struttura e degli apparati della Cgil «soffre e persino odia Renzi», ma lo fa «nella condizione di spirito e di sostanziale impotenza della minoranza Pd». E così, anche «nelle amministrazioni locali, negli enti pubblici, nelle cooperative, ovunque», la Cgil potrebbe, volendo, «far vedere i sorci verdi al renzismo», e invece «continua a collaborare come sempre». Per Cremaschi, «rompere davvero con la Confindustria che festeggia il Jobs Act, fare la stessa cosa con il Pd renziano e il suo sistema di potere, sono le due condizioni indispensabili per costruire una opposizione efficace alla politica che sta distruggendo i diritti del lavoro. Ma sono anche le uniche condizioni a cui l’attuale struttura della Cgil non vuole e non può sottostare». Dilaniata tra il voler contrastare Renzi e l’incapacità di farlo davvero, conclude Cremaschi, «la Cgil archivia lo sciopero generale e torna all’abulia confusa che oramai la possiede». Per il mondo del lavoro italiano, «questo stato passivo dei grandi sindacati è parte del disastro, è un vuoto che non si riempie con altro».