martedì 7 gennaio 2014

Perdere fino a 3kg a Settimana

Piccolo segreto da fare ogni Notte per Perdere fino a 3kg a Settimana

Bastano 2 cucchiaini di miele la sera, prima di coricarsi, per perdere fino a 3 Kg a settimana.


Miele
Piccolo segreto da fare ogni Notte per Perdere fino a 3kg a Settimana: il miele. Si, questo dolce nettare frutto del lavoro instancabile delle api è un vero amico della linea, oltre che della salute, perché sembra essere in grado di far perdere, senza nemmeno troppi sforzi, parte dei chili di troppo. Il miele è un antibiotico naturale, un antiossidante e altro ancora e queste sue virtù  sono ormai note da tempo, ma secondo il nutrizionista di Edimburgo Mike Mcinnes, due cucchiaini di miele prima di coricarsi aiutano a rimettersi in forma più velocemente, e questa è sicuramente una buona notizia.
Non si tratta comunque di una novità perché di questo ne ha parlato per la prima volta in nutrizionista nel 2005, ma solo ora  la notizia ha preso a circolare in rete con una certa insistenza. Mike Mcinnes è uno sportivo e un farmacista che aiuta, assieme al figlio anch’egli nutrizionista, gli atleti nell’alimentazioneper metterli in condizione di potar ottenere le migliori performance possibili anche grazie a quello che si mette nel piatto. Egli sostiene che mangiare due cucchiaini di miele la sera, prima di coricarsi, consente di bruciare i grassi in eccesso,  senza quindi dover ricorrere ad una dieta che costringe a fare calcoli tra calorie, peso e quantità.
Miele
Secondo il nutrizionista inglese, questa pratica consente di attivare degli ormoni durante il sonno, ormoni che sono alimentati da grassi, per cui l’organismo automaticamente brucia più grassi. Il miele, oltre alle note proprietà, sarebbe anche in grado di determinare deicambiamenti nel metabolismo, per cui sarebbe possibile bruciare, durante la notte, gli zuccheri, e non solo, perché mangiare miele prima di coricarsi indurrebbe il cervello a fermare il desiderio di zucchero e di altri alimenti a base di carboidrati. Insomma, una sorta di difesa naturale che consentirebbe non solo di perdere i chili di troppo, molto più velocemente che non con la semplice dieta, ma eviterebbe oltre  tutto anche di prendere altri chili in eccesso in quanto si tenderebbe a non mangiare gli alimenti maggiormente responsabili dell’aumento di peso corporeo.

venerdì 3 gennaio 2014

Nuova Resistenza, contro chi ha tradito l’Italia per l’Ue

Nuova Resistenza, contro chi ha tradito l’Italia per l’Ue


La Costituzione italiana del 1948 fu il prodotto di un processo costituente reso necessario dal tradimento delle classi dirigenti che avevano abbandonato la guida del paese e svenduto la sua sovranità a interessi e paesi stranieri. Fu anche il tentativo di rimettere in piedi un progetto condiviso tra forze politiche, sociali, culturali e religiose diverse ma concordanti su alcuni punti centrali di pace, di giustizia sociale, di valorizzazione delle risorse nazionali e di rilancio di un contributo autonomo dell’Italia alla realizzazione di questi obiettivi in e con la solidarietà di altri paesi. Il progetto europeo fu il prodotto di queste scelte e di questo clima politico, e non certo d’illuminati europei delle cancellerie degli Stati o di intellettuali impegnati nella elaborazione delle teorie sulla pace universale.
L’Europa di Ernesto Rossi e di Altiero Spinelli nacque dal bisogno di contrapporre all’idea nazista della Grande Europal’idea internazionalista di Mario Draghiun’Europa di pace e solidarietà. La rottura del patto costituzionale, già incrinato dalle imposizioni della Guerra Fredda, si realizza dagli anni Novanta con la scelta di parti importanti delle élite politiche di svendere la sovranità politica del paese e le ricchezze nazionali per inserirsi nel gioco dei nuovi centri internazionali del potere militare, economico e finanziario. I passaggi principali di questo trasfigurazione del patto costituzionale sono noti e documentati. L’ex ministro delle finanze Giuseppe Guarino ne ha dato un resoconto puntuale nel suo scritto “Un saggio di verità sull’Europa e sull’euro” nel quale data al 1999 il “colpo di Stato” attuato dai poteri europei contro gli Stati nazionali espropriandoli della loro sovranità economica.
L’euro è parte integrante di questa operazione resa possibile dal trasformismo (Mauro Fotia, “Il consociativismo infinito”, 2011) di parte delle élite nazionali dei paesi europei, e dell’adesione corporativa a questo piano da parte di sindacati, sinistra europea, organi separati del potere (istituzioni, magistratura, ecc.) interessati a negoziare la propria adesione alla nuova struttura del potere con la conservazione dei propri privilegi (Giulio Sapelli, “Chi comanda in Italia”, 2013). Sono gli anni in cui si organizza scientificamente la conquista del potere da parte della borghesia globale, mettendo fuori gioco le istituzioni democratiche esistenti mediante la loro delegittimazione sistematica, fino allo stravolgimento del sistema politico Bruno Amorosoitaliano attuato su direttiva della Troika e dei nuovi poteri finanziari nel 2011 (governo Monti e seguenti).
Questo piano si realizza con la copertura del polverone mediatico che utilizza le sue armi di confusione di massa per dividere le opposizioni e le voci critiche su falsi obiettivi: pro o contro l’Europa, pro o contro l’euro, pro o contro la Costituzione, pro o contro la democrazia, pro o contro la corruzione. Su queste false divisioni si realizza l’unità delle nuove élite europee che assorbono le élite politiche nazionali dentro il nuovo meccanismo del potere trasversale ai partiti e ai poteri economici. Mentre l’attenzione si concentra sui “faccendieri”, sui “furbetti” sul “bunga bunga”, le P4 o P5, la Troika consolida il proprio potere sparando nel mucchio e rimuovendo con l’appoggio di pezzi delle istituzioni da incarichi istituzionali le persone “inaffidabili” al nuovo sistema di potere (da Baffi a Fazio).
Si consolida così un sistema di potere autoritario in grado di controllare le politiche e le economie di tutti i paesi europei dei quali prende sempre più in presa diretta la gestione del potere. Un sistema di potere “criminale” del “capitalismo predatorio”, secondo la definizione utilizzata da James K. Galbraith per descriverne l’equivalente negli Stati Uniti. La resistenza a tutto questo c’è stata dagli anni Ottanta anche nel campo della cultura e della società civile. Tre voci a noi ben note, definite “gli innominati” della politica e dell’economia, sono state quelle di Federico Caffè, di Augusto Graziani e di Paolo Sylos Labini. Tre voci rapidamente isolate e marginalizzate da una sinistra e forze della società civile impegnate a ritagliarsi spazi “critici” e di proprio inserimento e sopravvivenza dentro le nuove strutture del potere. Tre voci che non hanno mai confuso il diritto con l’economia, le teorie con il progetto politico, ma che hanno tentato e potentemente contribuito a Federico Caffèservirsi di questi strumenti per tenere la dritta di un processo di costruzione democratica e sociale.
La loro biografia documenta la loro attiva partecipazione e intreccio con il processo costituzionale. Il loro impegno di studio ha contribuito in modo veramente innovativo, con una innovazione a servizio dei cittadini e non del principe o dei baroni di turno, ad aprire nuove vie alla riflessione e alla elaborazione politica. Basta ricordare qui il contributo di Federico Caffè a creare le basi teoriche per una economia sociale e uno spirito civico di solidarietà sul quale far convergere pezzi diversi e importanti della cultura economica e civile italiana, al di fuori delle schematizzazione delle scuole accademiche. Uno sforzo ostacolato da chi allora propugnava approcci più o meno marxisti e che ritroviamo oggi nelle file del pensiero liberista e nei posti del potere economico e finanziario.
Interrompendo due decenni di contrapposizioni teoriche sull’analisi di classe della società italiana, con le quali i partiti e il sindacato hanno reso impossibile ogni strategia politica di alleanze sociali che non fosse quella del loro schema preferito della “compartecipazione” al potere dominante, Paolo Sylos Labini produsse una riflessione sulle classi sociali in Italia a metà degli anni Settanta nel tentativo di riaprire uno spazio di iniziativa politica non corporativa e non trasformistica alla creazione di un sistema politico di alleanze popolari in Italia. Impegno contrastato da gran parte della cultura istituzionale e di sinistra in Italia. Infine è utile richiamare anche il contributo di Augusto Graziani, un economista di chiara impostazione marxista, che mai ha piegato l’analisi della questione meridionale alle mode sociologiche di sinistra degli anni Ottanta-Novanta orientate ad addomesticare il problema sociale e di classe del Mezzogiorno ai nuovi bisogni del potere che si è cercato di legittimare con la tesi della scomparsa della questione meridionale, dei distretti chiavi in mano importati dal nord, ecc.; tesi sostenute da chi è passato dalle posizioni di sinistra di riviste come i Paolo Sylos Labini“Quaderni Piacentini”, “Stato e Mercato” a quelle di “Meridiana” e, poi, a posizioni accademiche e politiche di potere.
Noi vogliamo ripartire da qui, dalla consapevolezza che il tradimento che ancora una volta si è consumato in questi anni, e che vede oggi coinvolte forze politiche, economiche e “sindacali”, richiede la nascita di una nuova resistenza, l’unione di tutte le forze popolari che vi si oppongono. Sarà la partecipazione a questa nuova resistenza a segnare i confini dell’appartenenza dei movimenti e dei partiti al nuovo arco costituzionale, all’elaborazione di un patto costituzionale così come fu dopo il 1945. Non esistono scorciatoie giuridiche o economiche per riappropriarsi della sovranità nazionale e del progetto europeo. Quanto è accaduto non è il frutto di ingordigia, di ignoranza, ma di una rapina annunciata e scientificamente attuata del potere.
Non siamo in presenza di errori o di fallimenti, ma del pieno successo delle strategie messe in campo. La crisi ha segnato in modo chiaro i confini geografici e sociali delle forze in campo; partendo da questi deve ripartire la formazione di un blocco sociale e politico europeo e nazionale. Le proposte su come affrontare la situazione esistono. Non si tratta di aggiungere buone idee a quelle esistenti, di continuare nella gara sulle “buone pratiche” o della scoperta risolutiva dell’uovo di Colombo, ma di uscire dall’illusione del tecnicismo e del tatticismo. È necessario un grande sforzo di verità che sappia fondere insieme, così come fu con la Resistenza e la Costituente, proposte e movimenti popolari, scegliendo le idee sulla loro capacità di camminare sulle gambe delle persone coinvolte. Così come avvenne nel 1945 è necessario riproporre un progetto europeo di pace e di solidarietà che contrasti e travolga quello della Grande Germania, oggi espresso dalle istituzioni dell’Unione Europea.

Il generale Mini: la guerra climatica è già cominciata

Il generale Mini: la guerra climatica è già cominciata


La guerra ambientale non è più solo un’ipotesi: è già in atto. Ma guai a dirlo: si passa per pazzi. Eppure, «negare l’informazione è già un atto di guerra fondamentale», denuncia il generale Fabio Mini, che conferma tutto: la “bomba climatica” è la nuova arma di distruzione di massa a cui si sta lavorando, in gran segreto, per acquisire vantaggi inimmaginabili su scala planetaria. Alluvioni, terremoti, tsunami, siccità, cataclismi. Uno scenario che, purtroppo, non è più fantascienza. E da parecchi anni. Era il lontano 1946 quando Thomas Leech, scienziato e professore israeliano-neozelandese, lavorò in Australia per conto dell’Università di Auckland con fondi americani e inglesi per provocare piccoli tsunami. Il successo del “Progetto Seal” spaventò Leech spingendolo a fermarsi dopo i primi test. Ma chi ci dice che la manipolazione del clima non sia stata portata avanti? Oggi, con la robotizzazione, per molte “operazioni” bastano poche persone. «Non ci sono vincoli, non ci sono regole, se c’è la possibilità di farlo ‘qualcuno’ lo farà». Non i governi, ma ristrette élite.
Ne ha parlato di recente, in un convegno a Firenze largamente disertato dai media, l’ex comandante delle forze Nato in Kosovo. Mini rivendica la Fabio Miniresponsabilità di aver posto in Italia l’attenzione su questo tema quando nel 2007 scrisse l’articolo “Owning the weather: laguerra ambientale è già cominciata”, ufficializzando uno scenario nuovo e inquietante: le forze della natura sono adoperate e piegate come strumento ed arma. Può accadere, sottolinea Mini, perché – come di fronte a qualsiasi altra aberrazione di carattere mostruoso – l’opinione pubblica è innanzitutto incredula: «La maggior parte delle persone ritiene inconcepibili certi scenari, in quanto non è al corrente delle progettazioni in materia di tecnologie militari e quindi delle conseguenti implicazioni». Da un lato c’è la rassicurante convenzione Onu del 1977, che proibisce espressamente «l’uso militare, o di altra ostile natura, di tecniche di modificazione ambientale con effetti a larga diffusione, di lunga durata o di violenta intensità». In realtà, al 90% le prescrizioni Onu vengono regolarmente disattese, in particolare dai militari. I quali «hanno già la capacità di condizionare l’ambiente: tornado, uragani, terremoti e tsunami alterati o addirittura provocati dall’uomo sono una possibilità concreta».
I militari, riassume Mini – citato nel report del blog “No Geoingegneria” – prediligono la tecnologia. E le loro richieste alla scienza non sono per programmi attuabili a breve termine, ma sono progetti con sviluppi nel medio e lunghissimo termine. Attenzione: «Non esiste una moralità che possa impedire di oltrepassare un certo punto. Basti pensare allo sviluppo e le applicazioni degli ordigni atomici. Non esiste vincolo morale, ciò che si può fare si fa». Inoltre, la nuova tecnologia viene applicata anche a livello immaturo: «La voglia di conseguire un vantaggio spinge ad usare le tecnologie senza fare test a sufficienza. Una possibilità viene messa in atto per verificarne il funzionamento, sperimentandone direttamente sul campo gli effetti». Già nel 1995, uno studio dell’aeronautica militare statunitense (“Weather as a Force Multiplier: Owning the Weather in 2025”) delineava i piani da sviluppare per conseguire nell’arco di 30 anni il controllo del meteo a livello globale. Secondo Mini, non si parlava ancora di “possedere il clima”, ma di controllare il meteo e lo spazio atmosferico per condurre operazioni Thomas Leechbelliche, «per esempio irrorando le nubi con ioduro d’argento, altre sostanze chimiche o polimeri, per dissolverle oppure spostarle».
Si tratta della possibilità di destabilizzare una regione o paese, in qualsiasi parte del mondo. Oggi, a 17 anni dalla pubblicazione di quello studio, secondo il generale Mini «siamo piuttosto vicini al traguardo del 2025». Secondo il meteorologo statunitense Edward Norton Lorenz, padre della “teoria del caos”, mai e poi mai avremo conoscenze sufficienti a verificare le effettive conseguenze di una modificazione climatica. Se qualcuno trae un vantaggio da una modificazione climatica, dall’altra ci sarà qualcun altro che ne subisce un danno, e non è detto che lo paghi in termini lineari, con conseguenze anche catastrofiche, che Lorenz chiama “effetto farfalla”. Proprio in quegli anni si comincia a pensare non solo di cambiare il meteo, ma di creare una situazione permanente e quindi di trasformare il clima. «Così qualcuno inizia a pensare: cosa rende l’Europa prospera e le garantisce un clima favorevole? La corrente del Golfo del Messico. Bene, allora qualcuno si è messo a studiare come modificare questa corrente. Non solo, ma qualcuno ha iniziato a Edward Norton Lorenzchiedersi: possiamo provocare un terremoto? Qualcuno ha risposto ‘si può fare’». Qualcuno chi?
La domanda, infatti, è particolarmente inquietante: da chi scaturisce quella volontà politica che sta alla base della catena di comando? Brutte notizie, dice Mini: gli Stati stanno perdendo il controllo della situazione, che è monopolizzata da ristrettissimi gruppi di potere. Il generale le chiama “bande”. Sono costituite da «persone, associazioni e corporazioni, coaguli di potere che non hanno nessun interesse istituzionale, ma conseguono solamente il proprio interesse, e nel nome di esso sono disposte a mandare in crisi un sistema per modificarlo a proprio vantaggio, utilizzando mezzi illegali e legali». L’enorme potere di questo super-clan è confermato dalla situazione mondiale di massima emergenza, come confermato dalle analisi di carattere strategico a livello militare. In sintesi: la demografia del pianeta è in aumento esponenziale, le risorse della Terra sono in netta diminuzione, l’economia globale è in recessione. Insomma, la coperta è sempre più corta. E il ruolo degli Stati nella definizione della minaccia è ormai ridotto a zero.
Non sono più gli Stati a decidere, a individuare o prevedere le minacce, sottolinea Mini. Sono “altri” che fanno le analisi. E fare le valutazioni della minaccia «vuol dire fornire le indicazioni per la politica». Bene, «questa prerogativa non è più nelle mani degli Stati, neanche di quelli forti». George W. Bush, quando ha avviato la “guerrainfinita” innescata dagli attentati dell’11 Settembre, non è stato indirizzato da fonti istituzionali, ma da «qualcuno che lavora fuori dalle istituzioni, contro le istituzioni». La situazione è veramente critica: molti Stati hanno l’acqua alla gola, colpiti dalla crisi e ricattati dalla cupola finanziaria mondiale. La criminalità è in netto aumento, il contrasto verso le mafie si è indebolito e la percezione dell’insicurezza è cresciuta. Ogni problema viene estremizzato: la favola dello “scontro di civiltà” tra cultura giudaico-cristiana e cultura musulmana resta «il faro politico di tutte le relazioni internazionali». Così, non fa che cresce la militarizzazione del pianeta: «Le cose che venivano fatte con strumenti civili oggi vengono fatte quasi esclusivamente con strumenti militari, inducendo Bushgli ambienti militari ad essere sempre più proiettati verso il controllo e il possesso di strumenti tecnologici per attuarlo».
La dualità, lo scontro, si manifesta in maniera preponderante nello spazio, con il controllo delle telecomunicazioni e dei sistemi di difesa, e ora anche nell’ambiente, «che non è più il luogo ove la guerra si manifesta, ma è l’arma», e negli agglomerati urbani, «che sono i luoghi dove si prevede il maggior intervento in termini di militarizzazione». Lo spazio è definito un “bene comune” e come tale dovrebbe essere salvaguardato. «Ma non succede, e la percezione di scarsa sicurezza alimenta un incremento della militarizzazione». Come si sfrutta l’ambiente come arma? «Non solo con le modifiche meteorologiche, ma anche  tramite la negazione delle informazioni. Non c’è solo la disinformazione sull’ambiente, ma c’è una pratica militare che si chiama “denial of service”». Ovvero: «Si stabilisce che è necessario non solo negare la realtà o l’evidenza, ma negare l’informazione». E questo, ribadisce Mini, è già un vero e proprio atto di guerra. «Determinate persone o paesi non devono venire a conoscenza delle informazioni», anche se questo può causare catastrofi di proporzioni bibliche, come il devastante tsunami abbattutosi sulle coste dell’Indonesia. «Lo tsunami indonesiano è ancora uno scandalo: l’informazione sul suo arrivo era disponibile, ma interruzioni nella trasmissione dati a causa di Tsunami Indonesiaanelli malfunzionanti, o volutamente non funzionanti, ne hanno impedito la comunicazione».
Un altro aspetto è emblematicamente rappresentato dal sistema Haarp. Invece di influire sull’ambiente a carattere solo locale, dice Mini, ormai si può incidere globalmente. Come? «Andando a creare, artificialmente, dei punti più caldi o più freddi, e quindi modificando il clima interferendo anche sulle correnti». Lo stesso dicasi per le alterazioni che provocano i terremoti, anche se il generale nega che il recente terremoto in Emilia sia stato “indotto”. Ma attenzione: «Nessuno può negare che ci siano state più di 2.000 esplosioni nucleari nel sottosuolo terrestre, nella profondità degli oceani e persino nello spazio». Già negli anni ’90, per colpire obiettivi di interesse militare in Cina, «fu pianificato di indurre un terremoto con delle esplosioni dalla zona di Okinawa». La dismissione di migliaia di ordigni nucleari, dopo la fine della guerra fredda, ha creato un mercato dei materiali fissili da innesco. «Le grandi compagnie petrolifere si offrirono di reimpiegarli e sappiamo che è possibile agire sulle faglie inducendo terremoti tramite ordigni nucleari o micro-nucleari».

giovedì 2 gennaio 2014

Lettera di auguri al senatore Monti,nominato dal nostro grande Presidente

I miei auguri al Senatore Monti spediti via E-MAIL Senatore Monti le auguro un buon 2014 mandandole l'elenco delle persone che si sono ammazzate( ANCHE A CAUSA DELLE SUE LEGGI) nel 2013,probabilmente sommandole a quelle del 2012 e quelle che ci saranno nel 2014 supereremo la Grecia, PENSA CHE SIAMO SULLA BUONA STRADA? Grazie per aver dato il colpo di grazia a questa Italia vantandosene di averla salvata,un grazie di cuore anche alla Fornero da parte degli esodati. Giuliano Colaci 1.1.2013 – A Recanati una laureata di 34 anni, con borsa di studio e stage in Canada, non trovando lavoro, si impicca in camera da letto. 10.1.2013 – Un uomo di 43 anni di Modena si lancia dal terzo piano di un palazzo. I due genitori erano molto malati, lui soffriva di depressione e temeva di perdere il lavoro dopo essere stato messo in ferie forzate. 11.1.2013 – A Mirto Crosia (Cosenza) un uomo di 49 anni, che da molti mesi non veniva pagato e che poi aveva perso il lavoro, si uccide buttandosi dal tetto dell’abitazione dei suoceri. 30.1.2013 – Un autotrasportatore di Monzambano (Mantova), 49 anni, si uccide con un colpo di pistola al petto. Da un po’ di tempo era caduto in depressione per il timore di perdere il lavoro. 5.2.2013 – Con un colpo di pistola in testa negli uffici delle Generali di Napoli, la fa finita anche unagente assicurativo con troppi problemi economici. Aveva due figlie. 5.2.2013 – Un commerciante di 59 anni, proprietario di un negozio di multivideo, si suicida, impiccandosi, in un magazzino. In una lettera chiede scusa ai familiari, nell’altra si definisce «un fallito». 9.2.2013 – Un operaio edile di Trapani toglie la vita lasciando un biglietto d’addio dentro un testo della Costituzione italiana: «L’articolo 1 dice che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Perché lo Stato non mi aiuta a trovarlo? Se non lavoro non ho dignità». 11.2.2013 – Nel biglietto scritto prima di impiccarsi, un imprenditore di Cadoneghe (Padova), 54 anni, ha scritto: «Non ce la faccio più». La crisi lo ha schiacciato, costringendolo a sospendere la produzione di componenti per biciclette e profilature metalliche. 12.2.2013 – Un ex emigrato ritornato in Sardegna dal Veneto, senza lavoro da quasi un anno, si toglie la vita a 57 anni. 16.2.2013 – Un sessantenne di Castiglione Chiavarese (Genova) perde il lavoro e si impicca nel bosco. 25.2.2013 – Un piccolo imprenditore di Alfonsine (Ravenna), anche a causa della crisi della sua azienda, si suicida nel magazzino della propria ditta. Aveva ricevuto una sanzione economica di 47mila euro da Equitalia, pagata la quale per evitare il pignoramento, aveva lasciato l’imprenditore in crisi di liquidità. 2.3.2013 – Un camionista 58enne di Torre de’ Passeri (Pescara), disoccupato da più di un anno, si impicca in una baracca. Non si era ripreso dalla perdita del posto di lavoro. 3.3.2013 – Un giovane di 17 anni, in cerca di lavoro, non regge psicologicamente alla perdita della nonna e si impicca al pergolato del giardino. 5.3.201 3 – Un imprenditore di San Felice a Segrate (Milano), 77 anni, uccide la moglie a colpi di pistola e poi si suicida con la stessa arma. L’uomo era depresso e aveva grossi problemi economici. 6.3.201 3 – Un piccolo imprenditore , Andrea Zampi, fa irruzione negli uffici della Regione di Perugia, uccide due impiegate e poi si uccide sparandosi. L’uomo aveva 43 anni e da poco la Regione aveva revocato l’accreditamento alla piccola impresa di formazione dei genitori. 7.3.2013 – Un commerciante di 55 anni di Barletta si uccide infilando la testa in una busta sigillata col nastro adesivo. Da tempo l’uomo aveva difficoltà economiche. 7.3.2013 – Un imprenditore di Schio si suicida impiccandosi nell’azienda di sua proprietà. L’azienda era in difficoltà economica. 8.3.2013 – Un anziano di 80 anni, non potendo più pagare i suoi debitori, si spara in testa perché si vergognava. È accaduto nel bosco tra Cerreto Guidi e Larciano, in provincia di Firenze. 11.3.2013 – Un imprenditore vicentino di 47 anni si lancia dal nono piano di una palazzina. I sospetti sulla causa del gesto cadono subito sulla crisi economica. 12.3.2013 – Un operaio in cassa integrazione, 44 anni, si impicca a Grosseto nel garage di casa. 15.3.2013 – Aveva 33 anni il muratore che si è tolto la vita a Castelvetrano (Trapani). Era disoccupato e si è impiccato. 17.3.2013 – Era depresso a causa dei troppi debiti il piccolo imprenditore che si è ucciso a Messina lanciandosi da un viadotto lungo la tangenziale. Aveva 45 anni. 20.3.2013 – Un disoccupato napoletano si uccide nel suo appartamento. Aveva 50 anni ed era stato licenziato da un anno dal centro di fisiokinesiterapia. 2.4.2013 – Un albergatore di Lipari (Messina), colpito dalla crisi che ha messo in ginocchio il settore, si toglie la vita nel suo albergo. Non è riuscito a superare le sue difficoltà economiche. Aveva dedicato la sua vita al suo hotel. Suo padre era il partigiano che ebbe una storia d’amore con la figlia di Mussolini. 2.4.2013 – Un imprenditore ferrarese, 60 anni, si suicida. Nel biglietto d’addio c’era scritto: «Senza lavoro non c’è speranza, senza speranza non c’è voglia di vivere». 3.4.2013 – Un poliziotto assillato dai debiti e che aveva appena ricevuto una cartella Equitalia si spara un colpi di pistola davanti alla caserma dei carabinieri di Triggiano, in provincia di Bari. 5.4.2013 - Marito e moglie , lui esodato e lei con una pensione bassissima, si tolgono la vita insieme. Troppe erano le difficoltà economiche per permettergli di andare avanti. È accaduto a Civitanova Marche, vicino Macerata. Lo stesso giorno il fratello della donna si uccide gettandosi in mare. 9.4.2013 – Un imprenditore di 53 anni di Macomer (Nu), anche perché schiacciato dalla crisi, si uccide nella sua segheria impiccandosi. L’azienda era in crisi da tempo. 10.4.2013 – Un piccolo imprenditore di 48 anni di Orotelli (Nuoro), con dei problemi economici, si spara un colpo di pistola in testa. 11.4.2013 – Ancora in Sardegna un operaio edile di 47 anni, da poco senza lavoro, si uccide a Serramanna. 13.4.2013 – Una donna bolognese, disperata perché senza lavoro, si toglie la vita e lascia un biglietto in cui chiede scusa e spiega che la causa è la separazione dal marito e la mancanza di un impiego. 14.4.2013 – A causa di un grosso debito con il fisco, il titolare di un’azienda ortofrutticola , 62 anni, si uccide nella sua casa a Torino sparandosi con un fucile da caccia. 15.4.2013 – Un imprenditore di 65 anni si suicida nella sua azienda a Santa Croce sull’Arno (Pisa). Nel biglietto d’addio parla dei suoi problemi economici. 17.4.2013 – Un muratore si suicida nel torinese, impiccandosi a 38 anni. Aveva da poco perso il lavoro. Stava per diventare padre. 17.4.2013 – L’ha fatta finita impiccandosi nella sua azienda un imprenditore di 60 anni di Bitonto con gravi difficoltà economiche. Nel biglietto d’addio c’era scritto: «Nel momento del bisogno tutti mi hanno abbandonato». 17.4.2013 – Nel trevigiano un muratore di 52 anni si impicca perché non riusciva più a trovare lavoro. 22.4.2013 – Nel centro di Bologna si uccide con una fucilata il titolare di una piccola società immobiliare che stava per ricevere lo sfratto. 24.4.2013 – A San Luri, in Sardegna, un disoccupato di 45 anni si spara con un fucile. L’uomo aveva perso il lavoro di recente e il rapporto con la moglie ne era uscito compromesso. 2.5.2013 - Nicola Carrano , un operaio di 62 anni di Albanella (Salerno) si suicida, senza lavoro da un anno dopo che la ditta di calcestruzzi nella quale lavorava lo aveva licenziato, si toglie la vita nella soffitta della propria abitazione. Sul manifesto mortuario è stato scritto: «Da parte della famiglia Carrano: tutto questo a causa dello Stato. Grazie». 3.5.2013 – Era depresso perché senza lavoro. Così un uomo di 45 anni si è ucciso a Ponsacco (Pisa) lanciandosi nel vuoto dal sesto piano di una palazzina. Era sposato e aveva una figlia di 13 anni. 3.5.2013 – Un informatore farmaceutico separato dalla moglie e disperato per l’assenza di un impiego, si uccide a Pomigliano D’Arco (Napoli). 11.5.2013 – Si impicca vicino casa a Savigano Irpino (Avellino) un imprenditore del settore immobiliare. La crisi aveva ridotto al lumicino le sue vendite e i debiti verso i fornitori erano cresciuti a dismisura. 15.5.2013 – Ad Almisano di Lonigo (Vicenza), un uomo di 66 anni ha aperto la porta all’ufficiale giudiziario che gli stava notificando lo sfratto, poi si è chiuso in bagno e si è lanciato dalla finestra. 17.5.2013 – A Vado Ligure (Savona) un imprenditore con problemi economici e di salute e che aveva chiesto aiuto anche a Beppe Grillo, si uccide dandosi fuoco. Aveva 47 anni. 17.5.2013 – Un muratore di 36 anni, depresso perché senza lavoro, si impicca nella sua casa a San Pietro Clarenza (Catania). Aveva una moglie e due figli. 18.5.2013 – Un cassintegrato della provincia di Viterbo, 50 anni, si uccide gettandosi da un ponte. Era un ceramista e la crisi lo aveva travolto. 21.5.2013 – Aveva 27 anni il giovane che a Trapani si è impiccato perché senza lavoro. La disoccupazione lo aveva fatto precipitare nella depressione. 21.5.2013 – Aveva problemi con la moglie e molti problemi economici col suo ristorante l’ uomo che nel reatino si è dato fuoco uccidendosi nella sua auto. 27.5.2013 - Due coniugi di Besate, nel milanese, si sono uccisi a causa di uno sfratto imminente e di problemi economici insormontabili. Lui aveva problemi di alcol, lei psichici. 3.6.2013 – Un artigiano di Modica (Ragusa) che da alcuni mesi non percepiva lo stipendio e che aveva una moglie con gravi problemi di salute, si uccide gettandosi in una cisterna. 6.6.2013 – Un artigiano titolare di una ditta edile del trevigiano si spara un colpo di rivoltella in testa a causa dei debiti e perché non riusciva a recuperare i suoi crediti. Aveva 62 anni. 10.6.2013 – A Ercolano un fioraio in crisi che non riusciva ad ottenere dal Comune una concessione per esercitare sul suolo pubblico dove vendere la sua merce, si è tolto la vita fissandosi un cappio al collo, dandosi fuoco e lanciandosi dal balcone da dove il suo corpo ha penzolato fino a che la corda non ha ceduto e l’uomo è precipitato giù. 11.6.2013 – Aveva 32 anni il disoccupato del genovese che si è suicidato gettandosi dalla finestra di casa dopo aver ricevuto un avviso di sfratto. Viveva col fratello, invalido, e la madre pensionata. 15.6.2013 – Non aveva la possibilità di pagare l’ennesima cartella di Equitalia il 60enne di Riccione che si suicida con una coltellata al collo. Era un consulente aziendale che la ditta per la quale lavorava non pagava da mesi. 27.6.2013 – Un imprenditore si toglie la vita lanciandosi dal quinto piano di un palazzo. In tasca aveva un sollecito di pagamento. 7.7.2013 – Non riusciva a trovare lavoro e così un giovane muratore del milanese l’ha fatta finita a 26 anni. 15.7.2013 – Un imprenditore di Subiaco, vicino Roma, dopo aver ricevuto una cartella esattoriale, si uccide sparandosi a causa delle difficoltà economiche. Aveva 64 anni. 17.7.2013 – Era depresso perché senza lavoro ed era stato anche sfrattato da casa l’ idraulico di Montesilvano (Pescara), 61 anni, che si è suicidato con un tubo di scarico del gas collegato all’abitacolo della sua macchina. 31.7.2013 – Un architetto con moglie e figli che non riceveva lo stipendi da qualche mese, si uccide a Palermo. 31.7.2013 – Un artigiano edile di Ventimiglia (Imperia), 58 anni, si spara in testa a causa dei troppi debiti della sua azienda. Nel biglietto d’addio c’era scritto: «Non si può arrivare a 58 anni e vivere in questa maniera». 11.8.2013 – Era in cassa integrazione in deroga e poi aveva perso anche quella. Così un 41enne di Casola (Napoli) si è suicidato. 26.8.2013 – Un odontotecnico di Bagnolo in Piano (Reggio Emilia) si uccide con un colpo di pistola in testa. Alla base del gesto i problemi economici e l’impossibilità di trovare un lavoro. Aveva 52 anni. 3.9.2013 – Un commerciante di 51 anni si impicca nel suo furgone a causa delle difficoltà economiche. È accaduto a Spoltore (Pescara). 15.9.2013 – Un operaio di 62 anni di Fasano (Brindisi) si impicca in casa. Viveva da solo. Di recente gli era stato ridotto l’orario di lavoro. 16.9.2013 – Un operaio edile di Cappelle sul Tavo (Pescara) si toglie la vita nel suo garage dopo aver perso il lavoro. Era stato in cassa integrazione ma anche quella si era esaurita. 17.9.2013 – Aveva 57 anni l’ imprenditore di Piove di Sacco (Padova) che si è ucciso legandosi un cavo elettrico al collo. Aveva avvisato i dipendenti che sarebbe stato costretto a chiudere l’attività. 23.9.2013 – Nel brindisino un uomo di 57 anni si uccide impiccandosi nella tromba delle scale. Aveva debiti ed era senza lavoro, anche perché alcuni problemi di salute gli impedivano anche di svolgere lavori manuali. 27.9.2013 – Un commerciante di 37 anni che a Cisternino (Brindisi) aveva un bar che non gli procurava più profitti, si uccide impiccandosi a un’inferriata con una cinghia. Era sposato e aveva un figlio. 7.10.2013 – Ancora nel brindisino un imprenditore con seri problemi economici e che aveva ricevuto una cartella Inps da 15mila euro, si impicca nella sua masseria. Aveva 54 anni. 16.10.2013 – La titolare di un’agenzia di pratiche auto si toglie la vita a Spinea (Venezia). Aveva 53 anni. Alla base del gesto anche un calo delle attività dovute alla crisi economica. 20.10.2013 – A Chivasso (Torino) un disoccupato coperto dai debiti si uccide impiccandosi in un bosco. Aveva 44 anni. 25.10.2013 – Nel viterbese un 60enne con problemi economici si toglie la vita lanciandosi da un viadotto di una superstrada. 31.10.2013 – Un tunisino che viveva in un appartamento occupato abusivamente, si uccide impiccandosi con un cavo elettrico. Aveva da poco perso il lavoro da meccanico . 3.11.2013 – Un imprenditore di 68 anni si spara nel suo ristorante a Riparbella (Pisa). Era coperto da debiti che non era più in grado di pagare. 11.11.2013 – A causa delle gravi difficoltà economiche, il titolare di un’agenzia immobiliare di Soncino (Cremona) si suicida sparandosi un colpo di pistola. 14.11.2013 – Un imprenditore di 40 anni si impicca nel suo garage a Rubano (Padova). Era titolare di un’agenzia di viaggi ormai coperto da problemi economici e debiti. 15.11.2013 – Un operaio forestale , che non prendeva lo stipendio 17 mesi, si uccide nell’avellinese lasciandosi annegare in una cisterna. Aveva già tentato il suicidio in passato. Aveva 58 anni. 18.11.2013 – Un imprenditore viene trovato morto a Mazara del Vallo. Negli ultimi tempi i suoi problemi economici erano cresciuti. Aveva 61 anni. 22.11.2013 – A Tivoli, vicino Roma, un fabbro soffocato dai debiti la fa finita appendendosi a una carrucola e poi sparandosi con un fucile. In un videomessaggio ha chiesto perdono ai familiari. 16.12.2013 – Le richieste delle banche erano diventate troppo esose e i creditori non pagavano. Perciò il titolare della «Chimica Imperiese » si è suicidato gettandosi sotto un treno. 23.12.2013 – Un imprenditore si uccide lanciandosi dalla finestra di casa. La sua attività era in crisi profonda e i debiti troppi. È accaduto a Gallarate, nel varesotto. 23.12.2013 – Un lavoratore precario si toglie la vita con un colpo di pistola in testa a Villabate (Palermo). Da mesi era in cassa integrazione e prendeva 500 euro. 28.12.2013 – Un operaio in mobilità si uccide a Godia (Udine), impiccandosi dentro il suo garage.

Papa Francesco,Aiutaci Tu!!!!!

L' ATTENTATO A PAPA WOJTYLA E LA MORTE DI PAPA LUCIANI

L'ATTENTATO A PAPA WOJTYLA

Nella primavera del 1981, mentre mi trovo a Milano, Michele Lucchese mi si avvicina e mi dice che deve assolutamente parlarmi di una cosa della massima importanza. “Enzo, questi sono gli ordini. Il 12 maggio devi prendere un treno per Roma. Stammi bene a sentire. Alla stazione Termini ci saranno due persone ad aspettarti al binario numero 3. Li conosci. Uno è Saverio Furnari, il Capo Decina della famiglia di Castelvetrano. Fa parte del “gruppo di fuoco”. L'altro è Vincenzo Santangelo. E' un uomo d'onore anche lui. E' il fratello di Lillo Santangelo, figlioccio del nostro capo assoluto Francesco Messina Denaro. Loro ti diranno il da farsi. Dovrai prendere in custodia due Turchi che ti saranno consegnati da un Bulgaro. Questo Bulgaro è una persona fidata e importante. Basta. Non posso anticiparti niente. Ti dico solo che nella Città Eterna sta per scoppiare una bomba che rimarrà nella Storia! Caro Enzuccio, preparati, so che non mi deluderai”.

Come concordato con Michele Lucchese, la sera del 12 maggio 1981 prendo il treno per Roma. Arrivato alla stazione Termini la mattina seguente, seguo alla lettera gli ordini e mi avvio al binario numero 3. Come mi era stato anticipato, Furnari e Santangelo sono lì ad aspettarmi sulla banchina. Vedo subito che non sono soli. Con loro c'è una persona che non conosco.
Furnari me lo presenta immediatamente. “Lui è Antonov, il Bulgaro. E' in rapporti stretti con la mafia turca e con Cosa Nostra. Sarà lui a dirti cosa devi fare. Ma prima andiamo a fare colazione”. Dopo aver preso un caffè, ci avviamo tutti e quattro verso piazza San Pietro.
Appena entrati nella piazza, Furnari mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio: “Adesso ti metti completamente a disposizione di Antonov ed esegui alla perfezione tutto ciò che ti dice!”.
Guardo il Bulgaro. Sa già cosa deve dirmi. Mi indica un punto, proprio all'inizio della piazza: “Io e te ci incontreremo là questo pomeriggio”.

Dopo mangiato mi reco nel punto esatto indicatomi da Antonov. Saranno state più o meno le quattro del pomeriggio. Lui è lì che mi aspetta già da un pezzo. Ricordo che la piazza era già gremita di fedeli in attesa di vedere il Santo Padre. Il Bulgaro si guarda attorno.
Quando è sicuro che nessuno lo stia ascoltando mi dice: “In questo punto preciso ti porterò due Turchi. Tu li condurrai dove ti è stato ordinato. Adesso però prima accompagnami all'interno della piazza per una cinquantina di metri. Poi tornerai qui e aspetterai che torno con i Turchi. Sappi però che non ci metterò meno di un'ora”.
Ci avviamo tra la folla all'interno della piazza.
A un certo punto Antonov si blocca: “Bene. Tu, i due Turchi, non li conosci, ma sappi che loro, in questo momento, ti hanno visto insieme a me e ti hanno riconosciuto. Hanno l'ordine di seguirti. Faranno tutto quello che gli dirai”.
Faccio cenno col capo di avere capito: “E se succede un imprevisto?”.
Antonov ci ha già pensato: “Non preoccuparti. Se, per qualsiasi motivo, non li posso accompagnare, verranno loro da te nel posto in cui ti trovi. Gli ho indicato il punto esatto. Ti diranno queste parole: “Ciao Antonov”. Ecco, tieni, prendi questo rosario. Ricordati di tenerlo sempre nella mano sinistra, ben in vista. Quando i Turchi verranno da te, tu li saluterai con la mano sinistra. E ricordati: sono armati”.

Circa un'ora dopo la piazza era stracolma di gente. Non ci si poteva quasi muovere. Faceva caldo. E quella ressa ti toglieva il fiato. Io ero lì, nel posto stabilito, ad aspettare che il Bulgaro mi portasse i due Turchi. Papa Wojtyla stava compiendo il suo solito tragitto transennato attraverso la folla. Ricordo un mare di mani e di sguardi a cercare la benedizione del Papa. Ad un certo punto, in lontananza, nel rumore generale, sento un colpo fortissimo, come uno scoppio. Forse uno sparo. Per un attimo, il silenzio. La gente confusa, disorientata, impaurita. Qualcuno comincia a gridare: “Gli hanno sparato! Gli hanno sparato!”. In un attimo si scatena il putiferio. Ricordo un casino enorme. Gente che urla, gente che corre, gente che piange. Io rimango al mio posto. Poco dopo, saranno passati una decina di minuti, venti al massimo, vedo arrivare Antonov di corsa. C'è un Turco insieme a lui.
Appena mi vede mi urla: “Vattene! Vattene immediatamente! Portati via il Turco!”.
Antonov è sudato, agitatissimo, ha la faccia sconvolta. Lo prendo con me. Insieme ci dirigiamo di corsa alla stazione Termini. L'appuntamento è sempre al binario numero 3. Furnari e Santangelo sono già lì ad aspettarmi. Tutto come previsto. Hanno già pronti i biglietti del treno per Milano. Furnari mi dice: “Enzo, rilassati. Non c'è bisogno di correre. Il treno è in ritardo di un'ora”. Partiamo tutti e quattro da Roma che è già sera tardi. La mattina del 14 arriviamo in stazione a Milano. Lì ci dividiamo. Io, quella sera, ho un appuntamento a casa di Michele Lucchese. Furnari e Santangelo invece si prendono in consegna il Turco. Li saluto, li abbraccio e mi avvio all'esterno della stazione.

LA MORTE DI PAPA LUCIANI


La casa di Michele Lucchese si trovava a Paderno Dugnano in una zona, per così dire, “sicura”, cioè controllata meticolosamente dal nostro amico, il Maresciallo dei Carabinieri, Giorgio Donato. A mezzogiorno mi incontro con lui. Appena mi vede, Lucchese mi chiede di raccontargli per filo e per segno tutto quello che ho fatto e visto nella mia “giornata romana”. Io, con pazienza infinita, gli riferisco tutti i dettagli dell'operazione, compresa l'agitazione che avevo notato sul volto di Antonov.
Michele, non mi avevi mica detto che si doveva fare un attentato al Papa!”.
Lui sorride.
Poi mi dice: “Vedi? In questo momento Furnari e Santangelo sono a pranzo insieme al Turco in quel ristorante. Tu adesso ci vai e, mentre Santangelo rimane col Turco, tu mostri a Furnari il punto esatto in cui devono fargli fare la fine de lu sceccu!”.
Che, in siciliano, significa “fare la fine dell'asino”.
Caro Enzo, devi sapere che un asino si usa finché serve. E' nato per essere usato. Quando non serve più, lo si ammazza!
Sapevo fin troppo bene cosa volessero dire quelle parole.
Poi mi dà appuntamento a casa sua per la sera stessa.

Dopo aver fatto come mi aveva ordinato, la sera mi presento da lui.
Lucchese, come al solito, mi accoglie calorosamente.
Allora?
Furnari e Santangelo sono con il Turco. Lo stanno portando nel luogo che gli ho indicato”.
Bravissimo! Enzo, non ho voluto che partecipassi anche tu all'omicidio del Turco. Ho preferito che stessi qui, a farmi compagnia. Spero che capirai. Ora, però, prima, fammi fare una telefonata”.
Lucchese prende in mano la cornetta e compone un numero. Dalle sue prime parole capisco che dall'altra parte del filo c'è il Comandante dei Carabinieri, Giorgio Donato.
Ricordo queste parole: “Azione avviata!
Dopo aver terminato la telefonata, si volta verso di me con aria soddisfatta: “La zona è sotto controllo. Questo amico è troppo in gamba!
Poi, mentre aspettiamo che tornino Furnari e Santangelo, Lucchese inizia a parlarmi del motivo per cui era stato pianificato l'attentato al Papa.
Enzo, ci sono un paio di cose che devi sapere. Papa Wojtyla aveva intenzione di seguire il solco appena tracciato da Papa Luciani, e cioè rompere gli equilibri all'interno del Vaticano. Ti rivelo una cosa. Papa Luciani era intenzionato a fare una vera e propria rivoluzione all'interno del Vaticano. Siccome desiderava tanto che la Chiesa fosse più povera, aveva preparato un progetto per ridimensionare la ricchezza del Vaticano e aveva studiato un piano per aiutare le famiglie povere del mondo, innanzitutto quelle italiane. Ovviamente, tutto ciò si doveva fare per mezzo della I.O.R., la Banca del Vaticano, che sarebbe stata data in gestione a persone laiche secondo l'insegnamento di Gesù: “Dare a Cesare quel che è di Cesare”. Papa Luciani non sopportava l'idea che Cardinali e Vescovi gestissero queste enormi ricchezze e, quindi, la sua prima intenzione era quella di rimuovere proprio quei Cardinali che usavano e manipolavano il Vescovo Marcinkus e che sfruttavano non solo la sua capacità di gestire lo I.O.R., ma anche e soprattutto i suoi contatti e le sue potenti amicizie a livello europeo ed internazionale. Se Papa Luciani non fosse morto, da lì a pochi giorni sarebbero stati rimossi e sostituiti immediatamente sia Marcinkus che altri quattro Cardinali e forse anche, se non erro, il Segretario di Stato o il Segretario del Papa. Al loro posto sarebbero subentrati altrettanti Vescovi e Cardinali di massima fiducia. Costoro, in gran segreto, avevano preparato insieme a Papa Luciani un piano ben preciso. Dopo essersi inseriti ognuno al posto giusto, si sarebbero attivati subito per distribuire il 90% delle ricchezze del Vaticano in diverse parti del mondo, in modo tale da costruire case, scuole, ospedali etc... Il 10% delle rimanenti ricchezze sarebbe stato affidato e fatto gestire allo Stato Italiano per conto e in base ai bisogni della Chiesa. Insomma, voleva fare una vera e propria rivoluzione e cogliere tutti di sorpresa!
Purtroppo, il Povero Papa non ha potuto portare a termine il proprio piano, in quanto uno dei Cardinali di fiducia lo ha tradito ed è andato a raccontare tutto a Marcinkus e agli altri Cardinali! Costoro, appena vennero a conoscenza della cosa, si attivarono immediatamente e con la loro diabolica intelligenza riuscirono, senza lasciare nessuna traccia, ad uccidere il loro Papa con una grande quantità di gocce di calmante, grazie anche all'aiuto del suo medico personale”.

Rimasi completamente stupefatto dalle parole di Lucchese.

Michele, e chi sarebbero questi quattro cardinali?
Enzo. Io ti posso riferire quello che mi ha detto il Notaio Albano”.
E che dice il notaio?
Dice che erano quattro le “anime nere” che si aggiravano dentro il Vaticano ed esercitavano un forte potere sfruttando le doti manageriali del Vescovo Marcinkus. Mi ha fatto quattro nomi. Innanzitutto il Cardinale Macchi, uno dei prediletti di Papa Paolo VI, che l'aveva anche ordinato Suo Segretario. Faceva parte dei cavalieri del Santo Sepolcro, proprio come il Vescovo Marcinkus”.
Cardinal Macchi! Questo nome non mi è nuovo... Ma certo! Ha lo stesso nome di un mio compagno delle Elementari! E chi altri?
La seconda “anima nera” era il Cardinal Villot, Vallot o Vellot, scusami ma adesso non ricordo bene...
Che nome strano! Non termina nemmeno con una vocale. Deve essere straniero”.
Esatto, Enzo. Questo Cardinale, pur non essendo Italianoha fatto delle cose straordinarie e ha salvato la finanza del Vaticano, quella finanza che Papa Luciani voleva distruggere.
E poi c'era il Cardinale Benelli...”
“Benelli! Come la marca della mia prima moto! Si chiamava proprio così. Mi ricordo ancora. Me la regalò Casesic, il mio padrino di Cresima...”
Per ultimo mi fece il nome del Cardinale Gianvio, che mi sembra fosse anche Segretario. Tutti e tre comunque facevano parte dell’Ordine dei Cavalieri del Santo Sepolcro. Enzuccio, figghiu miu, devi capire che questi quattro Cardinali avevano in mano lo I.O.R. e le finanze del Vaticano! E avevano pure un filo diretto proprio con il Notaio Albano che, come ben sai, all'interno di Cosa Nostra è come un fiore all'occhiello”.
Senti, Michele. Una curiosità. Ma l'altro Turco, che fine ha fatto?
L'altro turco, a quanto pare, tu non l'hai neppure incontrato. Si chiama Ali Agca. L'altra notte ha pernottato in un albergo a Palermo, prima di arrivare a Roma per l'attentato. Devi sapere che tutte e due i Turchi sono stati addestrati in Sicilia da uomini di Cosa Nostra. Nel caso, dopo l'attentato, fosse riuscito a fuggire, c'era già pronto un piano per ucciderlo!”.
Siamo andati avanti a parlare ancora per un paio d'ore, fino a notte inoltrata, finché non sentiamo arrivare Furnari e Santangelo.

Vincenzo Calcara

lunedì 30 dicembre 2013

Diabete, scoperta la chiave clinica la malattia nasce da un’infiammazione

Diabete, scoperta la chiave clinica la malattia nasce da un’infiammazione

Si chiama Rankl ed è una proteina in grado di infiammare il fegato e di causare in questo modo il diabete di tipo 2. La scoperta, di enorme importanza perché potrebbe aprire la strada ad una terapia innovativa in grado non solo di trattare, ma forse anche di prevenire il diabete di tipo 2, è il frutto di decenni di complesse ricerche condotte nell’arco di una ventina d’anni da vari gruppi di ricercatori italiani (Ospedale di Brunico, Università di Verona, Università Cattolica del Sacro Cuore) in collaborazione con altri gruppi italiani ed europei tra xcui l’università di Napoli Federico II. Lo studio è pubblicato on line sulla prestigiosa rivista Nature Medicine. Sul fronte epidemiologico determinante è stata l’osservazione, fatta nella popolazione di Brunico (Bolzano), che la presenza di elevate concentrazioni nel sangue di Rankl rappresentano un forte e indipendente predittore di diabete di tipo 2. Rankl è una proteina che svolge un ruolo importante nei processi di infiammazione presenti in malattie come l’artrite reumatoide e l’artrite psoriasica – spiega Enzo Bonora dell’Università di Verona, presidente eletto della Società italiana di Diabetologia (Sid) – gli stessi processi di infiammazione sono coinvolti nella patogenesi del diabete e delle malattie cardiovascolari”. I ricercatori sono andati dunque a testare sugli animali da esperimento l’ipotesi che bloccando il Rankl a livello sistemico e
nel fegato in topi da esperimento diabetici, si potesse riuscire ad ottenere un miglioramento della sensibilità insulinica a livello del fegato e dunque un calo della glicemia. Per verificare se elevati livelli di Rankl potessero avere un ruolo causale nel determinare il diabete, un gruppo di ricercatori tedeschi ha modificato geneticamente alcuni topi (aggiungendo o levando la proteina Rankl), confermando così che essa è effettivamente coinvolta nel metabolismo del glucosio. Tra l’altro questa ipotesi spiegherebbe, almeno in via teorica, le guarigioni dal diabete dopo intervento di by-pass gastrointestinale con l’esclusione del duodeno dal transito della bile. laddove il fattore tossico potrebbe agire per via retrograda sul pancreas endocrino lungo i condotti che conducono al pancreas esocrino.

Lo studio
“E’ stato anche osservato – spiega il professor Andrea Giaccari dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e consigliere della società Italiana di Diabetologia (Sid) – che, nei topi resi
diabetici, bloccare Rankl comporta un miglioramento delle alterazioni responsabili del diabete. In particolare bloccare questa proteina aumenta la capacità del fegato di rispondere all’insulina e riduce l’eccessiva produzione epatica di glucosio, un’alterazione metabolica tipica del diabete tipo 2”.Queste importanti scoperte sono state ottenute grazie a collaborazioni con ricercatori dell’Università di Innsbruck in Austria, Cambridge in Inghilterra, e Harvard negli Stati Uniti. Questo studio riveste una grande importanza perché rappresenta la prima dimostrazione clinica, confermata da studi molecolari sull’animale, del ruolo dell’infiammazione cronica nell’insorgenza
del diabete tipo 2.

Che cos’è Rankl
Rankl è una citochina appartenente alla stessa famiglia del Tumor necrosis Factor (Tnf) e funziona legandosi al suo recettore espresso tra l’altro sulle cellule del fegato e sulle cellule beta del pancreas (quelle che producono insulina). Quando Rankl si lega al suo recettore, va ad attivare l’Nf-k (Nuclear Factor B), l’Nf-kb attivato si sposta nel nucleo della cellula e lì va ad accendere i geni che codificano i mediatori dell’infiammazione. La reazione infiammatoria che ne consegue, provoca insulino-resistenza nel fegato e apoptosi (cioè morte) delle cellule beta pancreatiche. Le persone che hanno una maggiore quantità di questa proteina nel sangue hanno un maggiore rischio di sviluppare il diabete (elevate concentrazioni di Rankl conferiscono un aumento del rischio pari al 300-400 per cento di ammalarsi di diabete).

venerdì 20 dicembre 2013

Agenzia delle Entrate:Befera e i dirigenti senza concorso

Befera e i dirigenti senza concorso


Sono 767. Il Tar ha annullato i loro incarichi. Ora se ne occuperà la Consulta



Dopo il "Porcellum", l'Agenzia delle Entrate. Per risolvere l'ennesimo pasticcio all'italiana servirà ancora la Corte costituzionale. L'Agenzia ha 767 dirigenti su 1.143 a rischio illegittimità. Funzionari promossi a incarichi di vertice senza concorso, le cui nomine sono state per questo annullate dal Tar. Con la possibilità che pure i loro avvisi di accertamento siano impugnati. Il governo Monti provò a metterci una pezza con una norma che ha sanato le nomine, ma adesso il Consiglio di Stato si è rivolto alla Consulta: potrebbe essere stato un escamotage per «aggirare la regola dell'accesso mediante concorso».
Finora l'Agenzia guidata da Attilio Befera ha fatto spallucce: gli incarichi - dice - non solo sono legittimi, ma necessari, pena la paralisi. Non la pensa così Giancarlo Barra, segretario generale di Dirpubblica, il sindacato che ha impugnato le nomine. «Gli incarichi», spiega, «sono lo strumento con cui la politica si spartisce in modo bipartisan le influenze nell'Agenzia. Si mettono nei posti chiave persone che, per come vengono selezionate, sono poi in difficoltà a dire dei "no". Tra loro ci sono colleghi capaci, ma è una questione di legalità: non esistono scorciatoie».
Nella sola sede centrale gli incaricati sono 91, di cui ben 13 responsabili (su 20) della Direzione del personale, come Marco Annecker (organizzazione), Antonio Campanella (professionalità), Ester Battistini (personale centrale). Non mancano poltrone di peso nemmeno tra gli 11 incaricati della Direzione accertamento, altro settore cardine, con i responsabili antifrode Filippo Caporali, controlli Dario Sencar e riscossione Rosa Romano. Idem nelle sedi periferiche. «Gli incarichi», sostiene Barra, «sono solo la punta dell'iceberg di un fenomeno con ragioni politiche profonde. L'Agenzia va tenuta sotto controllo. Non si fa più una vera lotta all'evasione. Le grandi indagini, come quella su Bulgari, partono dalle Procure. Invece di andare a spulciare i bilanci delle grandi imprese, facciamo i blitz a Cortina e a Firenze. Risultato: su 180 miliardi evasi ogni anno ne recuperiamo circa 7».
Accuse che l'Agenzia respinge con forza. Proprio per rafforzare la lotta all'evasione e gestire la complessa macchina della fiscalità, si sostiene, occorre premiare il merito, affidandosi a «dirigenti efficienti, dotati di capacità manageriali: un tipo di selezione che non si fa con un concorso tradizionale