martedì 15 luglio 2014

Che scandalo! Unicredit

 Che scandalo! Unicredit sottrae cifre da paura al correntista, e occulta i ricalcoli. Ecco le prove


RICA UNI
Sembra una storia surreale ma invece è quanto è capitato ad un utente di banca Unicredit a San Martino Buonalbergo, in provincia di Verona.  Un utente che ha lottato per più di 7 anni con ogni azione legale possibile ma solo per un caso fortuito della vita, qualche mese fa, nel richiedere  la documentazione completa al proprio legale, è venuto in possesso di documenti che comprovano tutte le colpe di Unicredit, possibili strumenti di prova, importanti ammissioni occultate relative a cifre ingenti sottratte.

Il  sig. Remigio Tuppini, così si chiama l’amministratore della Tierre, società del comparto orafo coinvolta in questa incredibile storia, nel giugno 2005 si è azzardato a richiedere il rimborso degli interessi anatocistici illegittimi applicati al conto corrente dell’azienda. Successivamente nel marzo 2006,  ha richiesto nuovamente il rimborso attraverso un legale ma di tutta risposta Unicredit  ha revocato le linee di credito e ha chiuso i rapporti bancari. Evidentemente la sede centrale della Banca si è edotta sullo stato reale di questo conto corrente, e ha prodotto un ricolacolo. Nell’Aprile 2006 Unicredit  rispondeva  affermando “la correttezza dell’operato e che dalle verifiche effettuate non risultava alcun superamento del tasso soglia  di usura, oltre il quale si commette l’illecito”.  Solo ad agosto 2012 quando Tuppini sfinito da una situazione che non portava a nulla, ha deciso di richiedere al proprio legale tutta la documentazione e di chiedere una consulenza altrove.
Avete capito? La Banca sapeva benissimo di aver trattenuto illecitamente del denaro ma questo documento non ha mai raggiunto il cliente, forse nella speranza di trovare qualche cavillo tramite i loro bravissimi avvocati. La prova è che in cima al documento si legge una trasmissione fax avvenuta a luglio del 2009 dall’avvocato di Unicredit all’ex legale del sig. Tuppini che si è guardato bene dal sottoporglielo.  E mentre il sig. Tuppini si batteva per avere giustizia facendo denunce penali regolarmente poi archiviate dal Tribunale di Verona (in quanto si basa su circolari fuorvianti di Banca d’Italia anziché svolgere indagini presso le banche e applicare la Legge), in sede civile a nulla è servito affrontare un estenuante procedimento in quanto sono stati sottratti gli indispensabili strumenti di prova.  Ma questo lo ha saputo solo in fase conclusiva quando il Giudice non ha potuto ammettere i documenti a causa della  tardiva presentazione.
Ora il Tuppini ha dato Procura al Presidente della ConFedercontribuenti di Padova, sig. Belluco, che ha tentato un approccio conciliativo con Unicredit ma inutilmente.  Nel frattempo  sono partite nuove denunce, sia nei confronti degli Avvocati coinvolti che nei confronti della Banca.  E’ il caso che gli inquirenti vadano a controllare le false scritture contabili, visto che sugli estratti conto dell’azienda sono riportate, a questo punto si può dire,  cifre di fantasia.
Se è vero che la Legge è uguale per tutti lo vedremo. Certo che i nostri occhi da questo caso non si abbasseranno mai. E’ uno scandalo tutto italiano che ha fatto chiudere un’azienda con ottime chance, ha portato alla disperazione e alla fame delle famiglie ma il più penalizzato è soprattutto l’anziano signor Tuppini che ormai di chance non ne ha più, le hanno portate via con un’ordinanza di sfratto, emessa da  un Giudice del Tribunale di Verona, stranamente velocissima, insieme ai macchinari che lui aveva costruito con la sua genialità, e i residui di lavorazione ossia l’argento… allo smaltimento, in discarica!

lunedì 7 luglio 2014

I 10 quesiti Pd sulle riforme, i grillini rispondono sì a tutto: «ora i dem non hanno più alibi»



I 10 quesiti Pd sulle riforme, i grillini rispondono sì a tutto: «ora i dem non hanno più alibi»



Giornata in altalena per i rapporti Pd-5 Stelle, che oggi

avrebbe dovuto avere il secondo incontro-confronto sulla legge
elettorale. Prima la conferma del grillino Di Maio, poi lo stop
del capogruppo dem alla Camera, Roberto Speranza, e il rinvio
a «dopo che saranno pervenute formali risposte alle questioni
indicate nei giorni scorsi». E dopo un duro post di Beppe Grillo
(«Sbruffoni della democrazia», passaggio cancellato in serata )
che però non chiude al dialogo, il blog del leader M5S pubblica
un lungo testo con le risposte chieste dal Pd come pregiudiziale
per la ripresa del confronto bilaterale: «Dieci risposte a 
dieci domande». E sono tutti dei sì(in neretto), per mostrare «la massima disponibilità al confronto e al dialogo», fare in modo
che il Pd «non abbia più alibi». 
Riforme, senatori dem riuniti, verso uno slittamento alla prossima settimana
Intanto, nella riunione in corso dei senatori Pd sulle riforme costituzionali (una novantina ipresenti), aperta da un appello del capogruppo Luigi Zanda a «fare presto» perchè il tema
del tempo «non è un capriccio» ma «un tema reale», si delinea un nuovo calendario per la riforma del Senato, al momento ancora all'attenzione della Ia commissione. Per Giorgio Tonini, vicecapogruppo Pd, che ha citato quanto riferito dalla relatrice del ddl Anna Finocchiato, il tema potrebbe infatti arrivare in Aula «giovedì o al più tardi martedì prossimo», il 15 luglio. Parlando della riunione in corso, Tonini l'ha descritta come «molto
serena e tranquilla, attenta al merito e ai contenuti, ci sono dei nodi da sciogliere ma la commissione sta lavorando da mesi e il testo che esce è interessante e maturo». Stasera non é comunque prevista nessuna votazione sul ddl boschi nella riunione dem. Il capogruppo proporrà di farla solo una volta che la commissione Affari costituzionali avrà licenziato il testo per l'aula che molto probabilmente slitterà alla prossima settimana.
Ballottaggio, premio di maggioranza nuovi collegi? Sì a tutto Il documento postato da Grillo affronta punto per punto i dieci quesiti del Pd. Prima domanda Pd: «Siete disponibili a prevedere un ballottaggio, così da avere sempre la certezza di un vincitore?», risposta: «Sì». «Per noi quello che voi chiamate "vincitore" -
puntualizzato tuttavia i 5 Stelle - è il conquistatore di una vittoria di Pirro, che non garantisce in alcun modo la governabilità». In ogni caso - aggiungono i 5 Stelle - «al fine di evitare un pessima legge elettorale quale è la legge Berlusconi-Renzi nella sua attuale
formulazione» siamo «disponibili a prevedere un ballottaggio che dia ad una forza politica la maggioranza dei seggi, a condizione di evitare che la conquista del primo posto si trasformi
in una corsa all'ammucchiata di tutto e il suo contrario (come è stato per l'Unione di Romano Prodi e per le coalizioni guidate da Silvio Berlusconi) che ha provocato la caduta

martedì 24 giugno 2014

Attenzione all'aumento di Capitale ,truffa, della Banca Popolare di Puglia e Basilicata


Attenzione all'aumento di Capitale ,truffa, della Banca Popolare di Puglia e Basilicata



Hanno venduto le azioni a € 8,80,ma se l'azionista ha bisogno di venderle offrono € 6,00/5,50.
E' capitato a tantissimi azionisti,l'anno scorso,di aver in carico le azioni a 9,60 e la banca le acquistate a 6.60,questa la chiamano operazione vantaggiosa ma per chi??La banca Ha bisogno dell'aumento di capitale per non andare in default.
Cari sottoscrittori ritirate le promesse di acquisto ,tra l'altro,molti azionisti  che avevano anche impegni con la banca(mutui,Fidi etc) e hanno ricevuto un terzo in meno del valore delle azioni,stanno procedendo azioni legali per anatocismo ed usura nei confronti della banca.


Articolo della Gazzetta Economica
La Banca Popolare di Puglia e Basilicata ha collocato interamente l’aumento di capitale. E’ stata infatti completamente sottoscritta l’offerta di nuove azioni ordinarie per un controvalore di circa 46,7 milioni di euro. Il prezzo di collocamento, pari a euro 8,80 per azione è stato considerato vantaggioso dai sottoscrittori in relazione al valore patrimoniale dell’azione e alla solidità dell’emittente. L’operazione si è pertanto conclusa con pieno successo con l’adesione di oltre 11.500 tra soci e possessori di obbligazioni convertibili. La domanda di nuove azioni ha superato l’offerta tanto da rendere necessarie le operazioni di riparto. “Sono molto soddisfatto del risultato ottenuto - commenta il Presidente avv. Raffaele D’Ecclesiis, i nostri soci e obbligazionisti ancora una volta ci hanno dato fiducia, valore che è per noi il più forte stimolo a crescere ancora.
Il rafforzamento patrimoniale infatti, consente alla Banca di sostenere adeguatamente il proprio sviluppo non solo dimensionale e di continuare a supportare l’economia reale dei territori serviti attraverso il sostegno finanziario alle imprese che vi operano”. “La piena adesione all’aumento di capitale - aggiunge il Direttore Generale dott. Errico Ronzo - in un momento di grande difficoltà per i mercati finanziari è motivo di grande soddisfazione perché consentirà di presidiare ulteriormente la stabilità e l'autonomia della Banca, di sfruttare le opportunità di crescita e di sostenere anche nei momenti difficili le famiglie e le imprese.” In proposito è importante ricordare quanto la Banca Popolare di Puglia e Basilicata si sia sviluppata in pochi anni sia in termini dimensionali sia dal punto di vista patrimoniale e reddituale.
Con l’acquisizione dal Gruppo Montepaschi di 15 sportelli in Piemonte Lombardia e Lazio e l’apertura avvenuta nel corso dell’anno delle filiali di Rimini e Bassano del Grappa, la Banca conta 142 filiali in dodici regioni italiane. Oltre alle 79 filiali ubicate in Puglia e Basilicata, la Banca opera con 27 filiali nell’Italia settentrionale in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli ed Emilia Romagna; 24 in Campania e Lazio; 12 in Molise, Abruzzo e Marche. Inoltre per la prima metà del 2010, saranno operative ulteriori quattro nuove filiali a Civitavecchia, Ostuni, Castellammare di Stabia e San Donà di Piave che porteranno il totale della rete della Banca a 146. Mantenendo la propria autonomia e forte di una storia di 127 anni, la Popolare di Puglia e Basilicata è dunque riuscita a svilupparsi nel tempo in modo equilibrato. I soci hanno visto sempre accresciuto il valore delle proprie azioni e le aree servite hanno beneficiato di particolari ritorni sia in termini di supporto all’economia, sia di sostegno alle iniziative socio culturali e di volontariato del territorio.

martedì 27 maggio 2014

La Finanza creativa di Unipol e Coop Rosse, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”

Unipol, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”


Nelle carte della Procura di Milano le scottanti accuse alla gestione dell'ex vice di Tremonti della maxi fusione che ha fatto grande il gruppo delle coop e tutelato i crediti di Mediobanca verso i Ligresti

Unipol, “la Consob di Vegas chiuse gli occhi su un ‘buco’ di almeno 400 milioni”

Nel discusso via libera alla fusione tra Unipol e Fondiaria Sai tanto caldeggiata dal creditore Mediobanca, il presidente della Consob Giuseppe Vegas non volle vedere un potenziale buco di almeno 400 milioniche si aggirava nei conti della compagnia delle coop. Che avrebbe così abbassato il controvalore dell’operazione a suo carico. E’ quanto emerge dal decreto di perquisizione firmato la scorsa settimana dal procuratore di Milano, Luigi Orsi, in seguito al quale la Guardia di Finanza si è recata sia presso la sede di Unipol a Bologna, sia presso la stessa Consob, sequestrando tra il resto 60 computer. In particolare nelle carte si legge che la documentazione dell’Ufficio analisi quantitative della Commissione di vigilanza dei mercati guidato da Marcello Minenna, quella arrivata sul tavolo dei vertici della Consob a dicembre per il via libera definitivo alla più importante operazione finanziaria italiana degli ultimi tempi, indicava come Unipol attribuisse ai suoi derivati un valore decisamente superiore a quello di mercato: la differenza è stata quantificata in una cifra compresa tra 592 e 647 milioni di euro. La valutazione, però, è rimasta praticamente inascoltata: anche tenendo conto delle rettifiche per 240 milioni che la Consob aveva imposto a Unipol nell’aprile di quell’anno, ballerebbero ancora almeno 400 milioni. Certo, il valore reale degli strutturati a distanza di tempo potrebbe essere cambiato in linea con l’andamento dei mercati, ma ciò non toglie che la fotografia di partenza potrebbe essere stata ritoccata, falsando così anche il risultato finale. Tutto a scapito delle minoranze che non erano della partita.  
I VALORI SBALLATI E IL TELEFONO SENZA FILI CON LA VIGILANZA ASSICURATIVA - In particolare il decreto parla di “un differenziale negativo di fair value” nel portafoglio strutturati “rispetto ai valori comunicati da Unipol, che si colloca tra i 592 e i 647 milioni di euro” e del fatto che le valutazioni di Minenna non sono state accolte nella delibera sugli strutturati adottata il 13 dicembre 2013 dalla Consob. Quel giorno la Commissione – con il voto decisivo del presidente Giuseppe Vegas che vale doppio, quello contrario di Michele Pezzinga e l’astensione di Paolo Troiano – non ha chiesto nuove correzioni a Unipol e ha approvato in via definitiva la fusione, preferendo fare proprie le valutazioni della Divisione Informazione Emittenti guidata da Angelo ApponiLo stesso personaggio, cioè, che in una serie di telefonate del luglio 2012 con Flavia Mazzarella, l’allora vicedirettore della vigilanza delle assicurazioni (la ex Isvap oggiIvass)  raccontava di aver incontrato l’ad di Unipol Carlo Cimbri, a sua volta indagato proprio per le irregolarità dell’operazione, che “era preoccupato (per le decisioni in corso sulla fattibilità della fusione, ndr) ma lui lo ha rassicurato”. Pochi giorni dopo era arrivato il via libera della Commissione all’esenzione di Unipol dal lancio di una costosa Offerta pubblica di acquisto sulla Milano Assicurazioni.
A proposito di Ivass, dallo stesso decreto della settimana scorsa emerge come l’ex commissario della Consob, Michele Pezzinga, abbia accusato il presidente Vegas di non aver fornito alla vigilanza delle assicurazioni, nel giugno 2013, gli esiti parziali dell’analisi del portafoglio strutturati di Unipol, allora “già altamente affidabili”. Pezzinga ha in particolare riferito al pm quanto aveva dichiarato nella seduta del 13 dicembre 2013 della Commissione. Da quel verbale emerge lo stupore dell’ex Commissario per uncarteggio tra Vegas e l’Ivass, che nel giugno del 2013, mentre si accingeva a chiudere l’istruttoria sulla fusione tra Unipol e FonSai, aveva chiesto informazioni alla Consob sul valore del portafoglio titoli strutturati di Unipol. “I titoli sino ad ora esaminati non costituiscono un affidabile campione dell’insieme” era scritto nella lettera di risposta firmata da Vegas il 7 giugno e citata da Pezzinga. “I dati ad oggi disponibili risultano parziali e non hanno un sufficiente grado di definizione”.
In realtà, ha affermato Pezzinga, “i risultati allora raggiunti erano già altamente affidabili ai fini di una proiezione di quelli finali, tant’è che da allora (analizzati circa la metà dei 358 titoli complessivi) il differenziale di pricing successivamente riscontrato si è modificato solo di pochi milioni di euro”. L’Ivass, emerge ancora dalle dichiarazioni dell’ex commissario, espresse in una nuova lettera del 27 giugno il suo “disappunto per non essere stati aggiornati circa le risultanze dell’esame del portafoglio titoli strutturati UGF (Unipol Gruppo Finanziario, la controllante di Unipol Assicurazioni, ndr), atteso che questo esame, così veniva loro comunicato, non era ancora concluso e ogni risultanza preliminare poteva non essere indicativa del risultato finale”. Eppure venerdì scorso la stessa Consob in scia alla notizia che il nuovo filone dell’inchiesta milanese sul dissesto del gruppo Ligresti si stava occupando anche di lei, ha mandato a dire tra il resto che la propria delibera era comunque successiva a quella dell’Ivass sottolineando come la fusione tra Unipol e Fondiaria Sai “era stata già autorizzata, nell’estate 2013, dall’Ivass, autorità competente per i profili di stabilità”. Come dire che il danno l’aveva fatto qualcun altro, non certo la Commissione, mentre oggi emerge al contrario che la vigilanza delle assicurazioni non aveva le stesse informazioni del presidente della Consob. 
L’INCARICATO DI VERIFICARE NON VERIFICANDO - Pezzinga ricorda poi che l’Ufficio Analisi Quantitative, i cui risultati sono stati disattesi dalla Consob, “insisteva affinché l’analisi” fosse condotta “su un campione rappresentativo di titoli contenenti le maggiori criticità, già allora individuato” e non su tutti i 358 strutturati in pancia a Unipol e “fosse riproposta su altre scadenze più utili per le verifiche della Commissione”, cioè al 30 settembre 2012, data rilevante per i concambi, cioè i valori alla base del prezzo della fusione tra le compagnie. Ma la volontà del direttore generale della Consob e braccio destro di Vegas,  Gaetano Caputi, era che si dovessero analizzare tutti i 358 derivati. E così, secondo Minenna, l’incarico affidatogli da Caputi di valutare il portafoglio titoli strutturati di Unipol “presentava caratteristiche che ne inficiavano l’efficacia“. La verifica,  ha spiegato Minenna, ”doveva focalizzarsi sul valore dei titoli strutturati alle date del 31 dicembre 2011 e 30 giugno 2012 senza considerare il valore dei titoli al 30 settembre 2012, data di riferimento per i concambi”, per la fusione tra Unipol Assicurazioni, FonSai, Milano Assicurazioni e Premafin. Gli fa eco Pezzinga lamentando “che non fummo mai coinvolti nella soluzione di questo dilemma su durata e utilità di un’analisi completa del portafoglio in questione, né circa l’individuazione di modalità differenti e sicuramente più efficaci per proseguire l’istruttoria, con il risultato che il lavoro si protrasse in tempi non compatibili con le finalità per le quali era stato richiesto dalla Commissione ed erano state inoltrate richieste informative da parte di Ivass e Procura”. L’ex commissario racconta quindi come l’8 ottobre “il commissario Troiano e il sottoscritto chiedemmo ad una voce aggiornamenti sulle note vicende esenzione da Opa su Fonsai e stato dell’arte dell’analisi del portafoglio strutturati Ugf, da prodursi in Commissione prima che le fusioni venissero deliberate a fine ottobre. Nuovi incarichi agli uffici, ma sempre nuovi silenzi“.
LE FALSE NOTIZIE DIFFUSE DA UNIPOL - Infine, per quanto riguarda le responsabilità dei vertici della Unipol, la Procura ha iscritto Cimbri e gli altri tre manager nel registro degli indagati per aggiotaggio perché “con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso diffondevano notizie false sul valore del portafoglio titoli strutturati detenuti da Unipol”. E lo hanno in particolare fatto in due comunicati stampa, nel progetto e nel documento informativo sulla fusione. Nel dettaglio, si legge nel provvedimento, il riferimento è al progetto di fusione sottoscritto e approvato dai cda di Unipol e dell’ex galassia Ligresti (Fondiaria, Milano Assicurazioni e Premafin) il 20 dicembre 2012, al comunicato stampa diffuso il 27 dicembre 2012, a un altro comunicato del 24 aprile 2013, al documento informativo sulla fusione datato 9 ottobre 2013 e infine al documento informativo aggiornato sulla fusione datato 24 dicembre 2013.
Sulla scorta “di dette false notizie sul valore dei titoli strutturati di Unipol e quindi sul valore delle azioni emesse da questa società, le assemblee delle quattro società approvavano il progetto di fusione e i legali rappresentanti delle società stipulavano l’atto di fusione per incorporazione del 31 dicembre 2013 secondo i concambi erronei e artificiosi individuati il 20 dicembre 2012″, scrive il pm Orsi. “Tutte condotte concretamente idonee a provocare una sensibile alterazione del prezzo delle società fondende e – osserva il procuratore – a manipolare il peso degli azionisti delle rispettive società nell’ambito della UnipolSai, oggetto della fusione”. Tra l’altro nel progetto di fusione sottoscritto e approvato dai cda di Unipol e dal gruppo assicurativo dell’ex galassia Ligresti (Milano Assicurazioni, Fondiaria e Premafin), documento reso noto al mercato attraverso il Nis della Borsa Italiana, si tace sul fatto che il 30 ottobre 2012 la Consob “aveva inviato a Unipol una lettera che comunicava l’avvio del procedimento finalizzato all’accertamento della non conformità dei bilanci d’esercizio e consolidato al 31 dicembre 2011 e del bilancio consolidato semestrale abbreviato al 30 giugno 2012 ai principi contabili”. E anche che Unipol “dubitava del valore di mercato di alcuni titoli strutturati già dal settembre 2012 quando aveva avviato accertamenti sulla valorizzazione del titolo denominato ‘willow’”. Non solo: nel comunicato del 24 aprile 2013 Unipol “non segnala che i 240 milioni di riduzione di fair value (la rettifica del valore di mercato scritto nel bilancio, ndr)” relativi a 48 titoli strutturati “sono dovuti per circa 200 milioni (ossia oltre l’80%) al solo titolo willow” e qualifica “come affinamento metodologico quello che in realtà è correzione di un errore di valutazione” rispetto al quale “si impone la correzione retroattiva anche sui bilanci degli esercizi precedenti” e dunque sulla situazione patrimoniale presa a riferimento per i concambi della fusione tra Unipol e FonSai.
E I CONTI ANCORA NON TORNANO - Dopo quasi due anni dalla pubblicazione del Progetto Plinio “pare dunque ancora controverso quale sia il valore del portafoglio titoli strutturati di Unipol e quale sia, quindi, ilpatrimonio netto di questa impresa“, è la conclusione del provvedimento del Procuratore. Una circostanza che “ha un riflesso rilevante sulla veridicità delle comunicazioni sociali di questo emittente. Ma soprattutto questa opacità può essersi riflessa sulla correttezza dei concambi di fusione. Pare chiaro che, se i valori rispettivamente ascritti alle quattro società fuse (Fondiaria, Premafin, Milano Assicurazioni e Unipol) non fossero stati correttamente individuati, ne sarebbe conseguita una iniqua ripartizione del peso dei soci delle quattro società in quella – UnipolSai – scaturita dalla fusione”.


lunedì 26 maggio 2014

Renzi come Silvio, l’Italia non può permettersi i Grillo

Renzi come Silvio, l’Italia non può permettersi i Grillo



«Chi davvero pensava tra i 5 Stelle che il sorpasso fosse possibile, usava droghe molto forti ma anche molto scadenti», scherza Andrea Scanzi, secondo cui «non ci voleva uno scienziato» per intuire che Renzi avrebbe battuto Grillo magari attestandosi attorno al 32%, con 5 punti di scarto sul M5S. «L’evento pressoché imprevedibile non è la vittoria, scontata, ma la portata enorme della vittoria: Renzi ha addirittura sfondato il muro del 40%, doppiando i rivali». Il Pdha preso più di 2 milioni di voti in più rispetto a un anno fa con Bersani. «Il 2014 sta a Renzi come il 1994 aBerlusconi», scrive il giornalista del “Fatto”. «Dominerà la scena politica per i prossimi vent’anni». Motivi solidi: incarna «un cambiamento morbido e garbato, prossimo al gattopardismo», essendo «scaltro e rassicurante». E ora si prenderà tutto: «Se non è scemo, e non lo è, a breve fa saltare il banco, va al voto, prende una maggioranza bulgara e con un Parlamento ferocemente renziano fa tutte le riforme che vuole».
Da ieri, aggiunge Scanzi, i Civati e i Cuperlo contano zero: «Se hanno un minimo di amor proprio vanno di corsa a dare una mano a Tsipras, o a chi ci Andrea Scanzisarà alle prossime politiche». Renzi? Ormai è «un uomo solo al comando», ancorché circondato spesso «da arroganti e sprovveduti», mentre il grande sconfitto è il Movimento 5 Stelle: non tanto per il voto, quanto le abnormi aspettative alimentate. «In un paese tradizionalista e conservatore come l’Italia, un movimento così anomalo e di rottura che va stabilmente a due cifre (e la prima è un “2”) ha del miracoloso», premette Scanzi. «Per dire: quando sono usciti gli exit poll, che davano Renzi al 33 e M5S al 26.5, fossi stato in loro avrei firmato tutta la vita. Non mi stupisce il secondo posto, e tutto sommato neanche il 21 scarso: mi stupisce il gap rispetto a Renzi. Nonostante i tre milioni di voti in meno rispetto al febbraio 2013, il risultato non è negativo in sé: a giugno 2013 era dato sotto al 20% e invece oggi è ormai seconda forza radicata: chi, 15 mesi fa, avrebbe detto che Di Battista sarebbe stato più forte di Berlusconi?».
I problemi sono altri: «Il primo è la forbice sovrumana con Renzi: accettabile fino a 5, dolorosa attorno al 12 (due mesi fa si parlava di Renzi 34% e M5S al 22%), disastrosa con i quasi 20 punti attuali». Il secondo problema, forse ancora più grave, è «la sopravvalutazione di se stessi». Ovvero: «Perché insistere con ‘sto “vinciamonoi”? Perché credere ciecamente nel sorpasso (ma sorpasso de che?)? Perché dare quasi per certo il raggiungimento del 30% o giù di lì? Perché farsi così tanti autogol (“Se non vinco mi ritiro”, cit Grillo)? E’ ovvio che, giustamente, ora mezzo mondo li sfotte. E fa bene a sfottere». Detta più chiaramente: «Numericamente è una sconfitta, ma visto le (folli) aspettative malamente alimentate è un’asfaltata». Evidentemente, i 5 Stelle si erano convinti «che il mondo reale fosse la rete o la piazza piena». Errore: «Hanno forse dimenticato che l’Italia che vota è fatta anzitutto da chi Beppe Grilloin piazza non ci va mai e magari decide all’ultimo momento». I milioni di indecisi, stavolta, «li ha presi tutti Renzi».
Certo, i militanti 5 Stelle sono molto più attivi di quelli del Pd, «ma anche questa non è una novità: pure Luttazzi riempiva i teatri e Santoro faceva incetta di share, ma convincevano i già convinti e la maggioranza reale restava sempre diBerlusconi». Adottando un profilo più basso, continua Scanzi, oggi il M5S avrebbe addirittura potuto sorridere, perché «in Italia la norma è che vincano i Renzi e l’anomalia è che i Grillo vadano sopra il 10 (figurarsi il 20). Se però ripeti ogni istante “vinciamo noi”, poi ti demoliscono per forza». Secondo Scanzi, nonostante tutto, per i 5 Stelle è meglio essere secondi: «A fare opposizione sono bravi, a governare non so». Se non vuole calare ancora, il M5S deve sottoporsi a un “bagno di umiltà” per valutare i troppi errori: «I parlamentari bravi li hanno: vediamo come reagiranno». Soprattutto, per il giornalista del “Fatto”, «un paese governato da Renzi con il pungolo costante dei 5 Stelle è oggi il massimo a cui l’Italia può ambire».

giovedì 22 maggio 2014

RETATA DI BANCHIERI! ARRESTATO IL VICE PRESIDENTE DELL’ABI: ASSOCIAZIONE A DELINQUERE. MA CHE COMBINAZIONE!

PRESUNTA TRUFFA ALLA CARIGE, ARRESTI E PERQUISIZIONI A GENOVA E LA SPEZIA




Roma – L’ex presidente di Banca Carige Giovanni Berneschi è stato arrestato questa mattina dalla Guardia di finanza che sta eseguendo 7 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di soggetti coinvolti in una presunta truffa all’istituto bancario Carige.Berneschi, che è vicepresidente dell’Abi, è ai domiciliari.
Ai domiciliari l’ex amministratore di Carige Vita Nuova Fernando Menconi.
In corso anche perquisizioni a Genova, Milano e La Spezia e il sequestro di beni per 22 milioni.
Nei confronti dei destinatari dell’ordinanza emessa dal gip del tribunale di Genova, vengono ipotizzati, a vario titolo, i reati di associazione a delinquere, truffa aggravata, riciclaggio e intestazione fittizia di beni.
L’inchiesta nascerebbe da una costola dell’indagine che era stata aperta a Genova dopo l’ispezione della Banca d’Italia e relativi esposti alla magistratura.



lunedì 19 maggio 2014

La grande paura: se vince Grillo, nuove elezioni a ottobre

La grande paura: se vince Grillo, nuove elezioni a ottobre


C’è chi la chiama la “rivoluzione d’ottobre”: elezioni anticipate, nel caso Grillo alle europee bruciasse Renzi eBerlusconi restasse molto indietro. Ormai sono in tanti a parlarne, persino “Repubblica”: nuove elezioni a ottobre, «se tutto dovesse andare per il verso sbagliato», per il Pd e per Forza Italia. Se ne parla «nel centrosinistra e nel centrodestra, nel governo e nel partito democratico. Certo quel “se” è ancora molto grande. Eppure per molti, nel corso di questa campagna elettorale, sta diventando via via sempre più piccolo». Dopo l’inchiesta Expo, l’arresto di Scajola e il voto su Genovese, anche a Palazzo Chigi «i calcoli sono diventati sempre più serrati». Un boom dei grillini riuscirebbe a rompere l’attuale equilibrio? Dipende dai numeri dell’eventuale exploit dei 5 Stelle e dal loro distacco rispetto a Pd e Fi. «Tra i democratici e forzisti sta avanzando una sorta di “demone”, una paura per certi aspetti incontrollata che i pentastellati si avvicinino a insidiare la soglia di successo del Pd e che il distacco da Berlusconiriduca Forza Italia definitivamente al ruolo di terzo partito».
Grillo, che ostenta sicurezza, annuncia che in caso di vittoria chiederebbe subito le dimissioni di Napolitano e nuove elezioni. A sua volta, intervistato Beppe Grilloda Lucia Annunziata, Caseleggio spiega che – per la prima volta – i 5 Stelle si presenterebbero alle eventuali elezioni anticipate con una squadra di super-specialisti, personaggi di primo piano selezionati dai 130.000 iscritti in base a competenze riconosciute. L’altro giorno, scrive Claudio Tito in un servizio su “Repubblica” ripreso da “Dagospia”, nel Transatlantico di Montecitorio è scattato l’allarme tra deputati di prima nomina e veterani: «Un turbinio di bigliettini passava di mano in mano con i dati degli ultimi sondaggi. E ogni volta tutti sgranavano gli occhi. Scuotevano la testa e se ne andavano. Se quei numeri venissero confermati – è il ragionamento che molti fanno nel governo e nelle istituzioni – il primo effetto sarebbe il disconoscimento da parte del Cavaliere del cosiddetto “patto del Nazareno”», in base al quale Renzi si è accordato con Berlusconi per abolire il Senato e peggiorare ulteriormente il “Porcellum” con una legge elettorale ancora più antidemocratica, l’Italicum, che abbassa la quota per ottenere il maxi-premio di maggioranza e innalza muraglie per sbarrare il passo ai partiti minori.
«L’ex premier – scrive Tito – non potrebbe più accettare una legge elettorale che prevede il ballottaggio tra i primi duepartiti e quindi la sua ininfluenza. La riforma costituzionale – l’abolizione del Senato – salterebbe un minuto dopo. Senza contare che diventerebbe più complicato cambiare il sistema di voto e il quadro istituzionale senza o addirittura contro il M5S eventualmente irrobustito dalle urne europee». Far saltare le riforme – sia pure le pessime riforme di Renzi – significherebbe «far precipitare il governo nella “palude”: una delle “ragioni sociali” di questo esecutivo verrebbe di fatto meno». Anche secondo l’“Economist”, che segnala la carica del fronte euroscettico e no-euro, «la disillusione degli elettori può provocare una nuova crisi». E in autunno, aggiunge Tito, quando entrerà in gioco la “legge di stabilità”, in base ai programmi «il governo dovrà procedere con un’altra gigantesca opera di “spending review”, circa 19 miliardi». In tanti si domandano: possibile tagliare in modo così pesante la spesa pubblica «senza Giorgio Napolitanoun mandato elettorale e con le urla dell’opposizione ingigantite dal megafono elettorale del 25 maggio?».
Il percorso si prospetta costellato di enormi incognite. La prima riguarda proprio la legge elettorale: «Il rischio del voto a ottobre sarebbe quello di presentarsi agli italiani con il cosiddetto “Consultellum”, un sistema completamente proporzionale corretto solo dalle soglie di sbarramento», cioè il sistema che la Corte Costituzionale – in mancanza di una nuova legge elettorale – dispone di utilizzare, dopo aver bocciato come incostituzionale il “Porcellum”, col quale è stato eletto l’attuale Parlamento. «La possibilità che si riprecipiti nell’ingovernabilità sarebbe assai consistente», scrive “Repubblica”. «Non a caso sia nel Pd, sia in Forza Italia sta rispuntando l’idea di una sorta di “riforma transitoria”: il ritorno al “Mattarellum”», ovvero il sistema maggioritario uninominale varato col referendum Segni negli anni ‘90. La seconda incognita, infine, è quella del Quirinale. «Napolitano ha più volte fatto sapere che non intende sciogliere le Camere senza una nuova legge elettorale. Piuttosto sarebbe pronto a dimettersi». Ma se tutto dovesse precipitare, aggiunge Tito, le sue dimissioni risponderebbero anche ad un’altra esigenza: quella di far eleggere dall’attuale Parlamento il nuovo capo dello Stato. Ipotesi alla quale i grillini ovviamente si opporrebbero strenuamente. Anche per questo sarà determinante il risultato delle urne