martedì 4 settembre 2012

Draghi: 'Acquisti bond legittimo, non sono aiuti agli Stati'

Draghi: 'Acquisti bond legittimo, non sono aiuti agli Stati'

 

Merkel critica mercati e ripete 'no' a Eurobond Bene Piazza Affari: chiude +1,10%, spread a 439

 

 

 

I debiti degli stati non devono essere finanziati dalla Bce. Ma quelli più deboli vanno aiutati con acquisti di bond fino a tre anni. Così Mario Draghi, nel giorno in cui per Angela Merkel "é tempo che la politica porti lo spirito dell'economia sociale nella finanza", anche perché "i mercati finanziari negli ultimi 5 anni non hanno affatto aiutato la gente". A tre giorni dalla riunione del board Bce che delineerà i dettagli della sua politica, il presidente ha difeso davanti al Parlamento europeo la legittimità degli acquisti di bond, ma ha anche ribadito il 'no' alla licenza bancaria dello Esm, che sarebbe una forma di finanziamento diretto secondo il parere giuridico degli esperti della stessa Bce.
In compenso per Draghi é legittimo, ovvero "in linea con il mandato" di garantire la stabilità dei prezzi, che l'Eurotower intervenga in funzione anti-spread acquistando titoli di stato sul mercato secondario. L'importante è che si tratti di acquisti di bond "a breve", ovvero con scadenza non superiore ai tre anni. E che "quando e se" avverranno gli acquisti siano legati ad una "condizionalità severa" per i paesi che avranno richiesto l'aiuto, "altrimenti si allentano le tensioni" nello sforzo di riforma necessario per riportare in linea i deficit. Le indicazioni sono state date dal capo dell'Eurotower durante l'audizione che si è tenuta davanti alla Commissione economico-finanziaria del Parlamento europeo.
Audizione 'a porte chiuse', ma virtualmente spalancate dalle decine di parlamentari che hanno riferito e registrato le parole di Draghi provocando in serata anche la reazione della presidente Sharon Bowles. Il presidente della Bce ha spiegato che "i cambiamenti dei tassi di interesse hanno un impatto su uno o due paesi al massimo e non hanno effetti sul resto dell'Eurozona". In una situazione generale che "si è calmata, ma è ancora fragile e altamente incerta", ha aggiunto, e "esattamente per garantire la stabilità dei prezzi" che "dobbiamo ricostruire l'Eurozona e superare la frammentazione". "Ciò che stiamo facendo - ha continuato - è in linea con il nostro mandato e ha molto a che fare con la sopravvivenza dell'Eurozona, in un momento in cui il resto del mondo ha cominciato a metterla in discussione". Per questo la Bce "proseguirà con l'attuale politica monetaria i cui dettagli saranno decisi giovedì".
Ed ha precisato che "se compriamo sul mercato a breve termine, dove i bond hanno scadenze di uno, due o anche tre anni, l'effetto di finanziamento monetario è quasi nullo". Le parole di Draghi sono arrivate nel giorno in cui il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Scaheuble ha ribadito come la Germania sia contraria al finanziamento diretto degli stati in difficoltà, ma si è anche detto "sicuro" che la prossima settimana la Corte Costituzionale tedesca non giudicherà incompatibile con la legge tedesca il fondo di salvataggio Esm. E le parole sulla necessità di intervento per garantire equilibrio nell'eurozona di fronte agli attacchi dei mercati hanno fatto 'pendant' con quelle di Angela Merkel. Che in un intervento pubblico organizzato in Baviera, ha sottolineato come "in una fase così difficile" i paesi deboli dell'Eurozona "si sono guadagnati la nostra solidarietà e il nostro augurio per il superamento delle loro difficoltà".
In sostanza, un'apertura di credito pronunciata nel 'lander' della Csu, l'ala dei cristiano-democratici tedeschi più nettamente contraria agli interventi. Nel suo intervento la Merkel ha anche affermato che "il grande compito della politica oggi è di trasportare lo spirito dell'economia sociale di mercato anche nella finanza". Ed in un accalorato passaggio ha aggiunto una stoccata anti-mercati: "Pochi si sono arricchiti e molti, nel mondo, hanno dovuto pagare". I mercati hanno apprezzato le parole di Draghi: segno più in tutte le piazze europee. E spread sotto quota 440.

 

 

Tennis – US Open, Errani e Vinci nei quarti e nella storia

Tennis – US Open, Errani e Vinci nei quarti e nella storia

Sara Errani. Roberta Vinci. Tra loro si chiamano “Cichi”, e hanno abituato anche i tifosi più affezionati a chiamarle così. Anche in questo Slam, ogni giorno scrivono un pezzo di storia in più. Kerber e Radwanska, una e bina, non hanno potuto impedire la realizzazione del primo quarto di finale di uno Slam che veda di fronte due azzurre. Non solo: la semifinale di una delle due sarà la prima dell’Era Open a vedere il tricolore italiano giocarsela, al femminile (nel ’77, al maschile, c’era riuscito Barazzutti quando si giocava a Forest Hills)
UN’INFINITA’ DI RECORD – Qui i record andrebbero elencati tutti, uno per uno. Sara e Roby, già ora, sono sicure di essere prime al mondo in doppio all’uscita del nuovo ranking, il 10 settembre. Sarà la prima coppia interamente italiana a riuscirci. Ancora, per la prima volta un’italiana raggiunge almeno i quarti in tre Slam (prima Francesca Schiavone era andata due volte vicina all’obiettivo). Di nuovo, è primo quarto Slam della carriera per Roberta Vinci. Inoltre, è già miglior classifica di sempre per entrambe: il 10 settembre, Sara sarà numero 8 del mondo, mentre Roberta per la prima volta entrerà nelle 15.
ERRANI B. KERBER 7-6(5) 6-3 – Prima in ordine di tempo, Sara Errani è scesa in campo sul Louis Armstrong Stadium, che per 18 anni è stato il centrale di Flushing Meadows. Di fronte Angelique Kerber, che già a Parigi era uscita con le ossa rotte dal quarto di finale con la bolognese in quel del Court Suzanne Lenglen. Sara toglie una prima volta il servizio alla Kerber sull’1-1, poi sul 3-3, ma entrambe le volte la tedesca recupera la situazione (la seconda con tre punti uno più bello dell’altro), mandando l’azzurra a servire due volte per rimanere nel set. Sono momenti complicati, perché la numero 6 del mondo va più volte a due punti dal chiuderlo, il set. Tale chiusura, però, non arriva mai perché Sara la evita trovando ogni volta il modo di togliersi dai meccanismi difensivi della Kerber, fatti di pallonetti spaziali (per altezza), e anche offensivi, con le bordate tirate soprattutto di rovescio. Nel tie-break, succede di tutto: sul 6-3, la Errani commette due errori marchiani col servizio a favore, ma la Kerber fa ancora peggio commettendo il doppio fallo decisivo. Nel secondo set, la nostra infila punti da tutte le posizioni e con qualsiasi colpo. L’avversaria, vistasi persa, sullo 0-3 0-15 inizia a tirare tutto, quasi per disperazione. E poco ci manca che, per disperazione, arrivi anche il cambio di musica della partita: in pochi minuti il punteggio diventa 3-3 e 0-30 Kerber su servizio Errani. L’azzurra riesce però a rimontare e conquistare quel gioco, cosa che sarà decisiva: per una volta, il nastro decide di essere italico sulla palla break che consegna il 5-3 alla nostra giocatrice, la quale chiude i conti poco dopo per un altro pezzo di storia, un altro quarto Slam. E dire che quando fece quarti di finale in Australia neppure era testa di serie…
VINCI B. RADWANSKA 6-1 6-4 – L’intera famiglia Radwanska rispedita in Polonia. Prima Urszula, con un perentorio 6-1 6-1 al primo turno, poi Agnieszka, la numero 2 del mondo, ancora sul Louis Armstrong Stadium, ancora per quei momenti di pura maestria che il tennis di Roberta sa donare agli occhi del mondo. Questo è ciò che capita in un uggioso pomeriggio di New York, con le nubi che per tutto il tempo coprono l’azzurro del cielo. E hanno torto, le nubi, perché d’azzurro con tinte d’oro si colora qualsiasi cosa tocchi la Vinci, che fa impazzire l’avversaria tra palle corte millimetriche, passanti, pallonetti, insomma tutto il repertorio possibile del tennis. Il 6-1 del primo set è un dominio totale, e anche il secondo set pare andare in quella direzione per un attimo: 6-1 3-1. Ma una numero 2 del mondo non lo è per caso, così la finalista di Wimbledon si riprende un attimo la scena e opera il controbreak a 30. Si seguono i servizi fino al 5-4, poi arriva il decimo game. L’ultimo. 15-40, due match point. Sul primo, seconda di servizio lentissima della Radwanska, Roberta ci si avventa, anche troppo, visto che la spedisce in rete. 30-40, secondo match point. L’ultima palla che torna, questa sì, nel campo della Radwanska senza essere ribattuta. Primo quarto slam per Roberta. Da Taranto a Bologna, due amiche nei quarti. Una di fronte all’altra, per giocarsi un posto in semifinale. Mercoledì, Italia sull’Arthur Ashe Stadium. Venerdì, Italia sull’Arthur Ashe Stadium. Sembra di stare a Little Italy…

Vergogna Bush..11 Settembre: ritrovato esplosivo nelle Torri, ora e’ ufficiale

11 Settembre: ritrovato esplosivo nelle Torri, ora e’ ufficiale

 

 Ora è ufficiale. Tracce di esplosivi di nano-termite sono stati raccolti dai detriti del WTC poco dopo il loro crollo dell’11/9/2001. Alla Brigham Young University, il professore di fisica, il dottor Steven Jones, ha fatto la scoperta dell’esplosivo insieme ad un team internazionale di nove scienziati.

 

Grazie quindi alle prove di laboratorio più estese, gli scienziati hanno concluso che i campioni analizzati, hanno mostrato che si tratta di esplosivi nano-termite, generalmente usati per scopi militari.
Dopo un rigoroso processo di peer-review, il loro documento è stato pubblicato nella Bentham Chemical Physics Journal, una delle riviste più accreditate negli USA e che ha approvato alcuni Premi Nobel, essendo rispettata all’interno della comunità scientifica. Primo autore dello studio è Dr. Niels Harrit di 37 anni, professore di chimica all’Università di Copenaghen in Danimarca e un esperto di nano-chimica, che dice: “Il conto ufficiale messo avanti dal NIST viola le leggi fondamentali della fisica.”
Il Governo ora sa delle prove che confermano la presenza di Esplosivo Nano-Termite, utilizzati per far cadere tutte le

venerdì 31 agosto 2012

Crisi:lunedi' a Europarlamento Draghi,Rehn,Barnier e Almunia


Crisi:lunedi' a Europarlamento Draghi,Rehn,Barnier e Almunia

Futuro Unione monetaria e rapporto '4 presidenti' in agenda


Crisi, lunedì in Europarlamento: Draghi, Rehn, Barnier e Almunia

BRUXELLES - Lunedi' 3 settembre, oltre al presidente della Bce Mario Draghi, prenderanno parte all'audizione organizzata dalla commissione Affari economici del Parlamento europeo, anche i commissari Olli Rehn (affari economici), Michel Barnier (mercato interno) e Joaquin Almunia(concorrenza). Non ci sara' invece il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker. E' quanto si apprende da fonti dell'Europarlamento.

L'incontro si terra' nel pomeriggio, orientativamente verso le 17, e avra' come tema principale il rapporto dei 'quattro presidenti' (Barroso, Van Rompuy, Draghi e Juncker) sul futuro dell'Unione economica e monetaria, di cui dovra' essere presentato un rapporto al vertice Ue di ottobre.


Il parlamento sta infatti preparando il proprio rapporto orientativo sulla materia.

Ue: Schulz (Pe), da Italia grande contributo contro crisi


Ue: Schulz (Pe), da Italia grande contributo contro crisi

Presidente Europarlamento in visita in Italia il 2 e 3 settembre


Ue: Schulz (Pe), da Italia grande contributo contro crisi

BRUXELLES - ''Gli sforzi degli italiani e le riforme compiute dal governo nell'ultimo anno stanno dando un contributo fondamentale nell'arginare la crisi europea''. E' quanto ha sottolineato oggi il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz in una nota con cui ha annunciato che il due e tre settembre prossimi sara' in Italia - e piu' precisamente a Cesena, Bologna, Modena e Urbino - per partecipare a dibattiti pubblici sul futuro dell'integrazione europea e incontrare rappresentanti del mondo accademico, giovani, amministratori locali, deputati nazionali ed europei.


''Tanto l'Italia quanto l'Ue - ha detto Schulz - hanno ora bisogno di uno slancio in avanti nel processo d'integrazione politica, fiscale e finanziaria per mettere la parola fine a questa spirale negativa, per rilanciare la crescita e creare nuovi posti di lavoro, specialmente per i giovani. C'è bisogno - ha aggiunto il presidente dell'Europarlamento - di un maggior attaccamento alla nostra moneta unicada parte di tutti gli Stati Membri dell'Unione. La cacofonia di speculazioni e populismi sulla fine o sulle divisioni dell'euro sono solo il frutto di logiche elettoralistiche di brevissimo termine. La solidarietà è il valore fondante della nostra unione''.

giovedì 30 agosto 2012

Scossa 4.6 nello Stretto di Messina, nessun danno


Scossa 4.6 nello Stretto di Messina, nessun danno

Colpita provincia Reggio Calabria, terremoto all'1:12




Scossa 4.6 nello Stretto di Messina, nessun dannoLa mappa del Terremoto (Ingv)
La mappa del Terremoto (Ingv)
CATANIA  - La terra trema nello Stretto di Messina 'scuotendo' decine di comuni e allarmando gli abitanti delle zone interessate, ma senza procurare danni a cose o persone. E' successo la notte scorsa, all'1.12, quando un evento di magnitudo 4.6 ha svegliato gli abitanti di numerosi centri di Calabria e Sicilia. Il sisma ha fatto 'vibrare' moltissimi edifici, che hanno però retto al rilascio di energia che è avvenuto in mare, a 45,4 chilometri di profondità: una notevole distanza con le terre emerse che ha 'attutito' la reale portata della scossa. La distanza dell'ipocentro dalle coste è stato localizzato a un chilometro da Scilla, in provincia di Reggio Calabria, e a 4 km da Fiumara, nel Messinese. Il terremoto, che non ha avuto scosse di assestamento né che lo hanno preceduto, è stato nettamente avvertito. Soprattutto nei comuni della costa Ionica Calabrese molte persone sono scese in strada, allarmate. I centralini dei vigili del fuoco e delle forze dell'ordine sono stati presi d'assalto da cittadini preoccupati per avere informazioni. Nessuna scena di panico ma allarme anche a Messina, soprattutto nella zona centrale della città, dove qualche famiglia ha lasciato la propria abitazione. L'evento è stato avvertito anche a distanza dall'ipocentro: fino a Cosenza, in Calabria, e oltre Catania, in Sicilia, soprattutto dagli abitanti di ultimi piani e attici di palazzi alti. Nella notte sono scattati gli accertamenti da parte della Protezione civile nazionale e dei Comuni interessati, ma non sono stati registrati danni a cose e persone. Ispezioni sono ancora in corso per verificare possibili danni a strutture pubbliche, ma non risultano lesioni importanti. Secondo gli esperti dell'Istituto Nazionale di Geofisica, l'origine del sisma è diversa da quella che ha scatenato i devastanti terremoti del 1905 e del 1908. La scossa, infatti, non è avvenuta nelle strutture superficiali della crosta terrestre legate ai terremoti dei primi del '900, ma ad una profondita' di 45,4 chilometri. A generare il terremoto - spigano gli esperti - è stata una delle numerose microplacche che costellano la zona a Nord della Sicilia e che formano un vero e proprio 'puzzle': una di queste piccole placche si è spostata verso Nord-Ovest scivolando al di sotto dell'Arco Calabro.

Il grafico che boccia il rigore di Germania (e Italia)


 Il grafico che boccia il rigore di Germania (e Italia)

FINANZA/ 2. Il grafico che boccia il rigore di Germania (e Italia)Foto: InfoPhoto
Una recente analisi pubblicata da Merrill Lynch si lancia nell’ambiziosa impresa di ricostruire gli andamenti della borsa e dei titoli del Tesoro americani dall’inizio del XX secolo a oggi (The longest pictures, M.Hartnett, Merrill Lynch, 2012). Il grafico più in basso riporta una sintesi dei rendimenti e, come spesso accade per i lavori che sanno venire a capo di una montagna di dati, le sorprese non mancano.
Innanzitutto, le obbligazioni del tesoro a lungo termine stanno attraversando la seconda congiuntura più positiva degli ultimi 110 anni: il Tesoro Usa nel 2012 è riuscito a limare ulteriormente i rendimenti, portando i ritorni del debito pubblico al 2,5%. Meglio di così, solo a fine anni ’40, quando nel secondo dopoguerra gli Stati Uniti riuscivano a finanziarsi al 2% tondo. I tassi attuali possono anche essere messi in prospettiva: agli inizi degli anni ’80, tra shock petroliferi e guerra fredda, il Tesoro americano arrivò a pagare il 14% sulle proprie emissioni, poi la Reaganomics e la dissoluzione dell’Unione Sovietica invertirono la tendenza e da allora i rendimenti sono costantemente scesi fino all’attuale 2,5%. Questione di credibilità, si dirà. O forse, più semplicemente, come recita una celebre canzone degli anni ’80, chi vince piglia tutto.
Resta un problema da risolvere, che il grafico, per necessità di sintesi, non approccia direttamente: oggi la curva dei rendimenti di breve termine è “schiacciata” verso il basso, con tassi a 6 mesi e 2 anni quasi uguali (0,14% a sei mesi e 0,29% a due anni). E il fenomeno è ancora più accentuato per il Gilt del Regno Unito: curva dei rendimenti in discesa e tasso a sei mesi superiore al ritorno su due anni (0,30% a sei mesi, 0,15% a due anni). In altre parole, sui mercati del debito pubblico c’è nervosismo sul breve termine, di quel tipo di nervosismo che gli analisti definiscono, a volte con eufemismo, volatilità.
 
 
Una spiegazione del fenomeno arriva dalla seconda curva del grafico, quella che riporta il corso borsistico dei principali titoli di Wall Street da inizio Novecento ai giorni nostri. Il Dow Jones Industrial Average mostra innanzitutto di non essere mai stato cosi alto, ma segnala anche di trovarsi in una difficile fase di “letargo”. Da oltre un decennio l’indice è fermo sui 10mila punti e le matite di molti analisti cominciano a tracciare un’inquietante anomalia: quando i rendimenti in borsa boccheggiano, i titoli del Tesoro diventano un bene rifugio e gli investitori, a fronte della sicurezza di un’obbligazione di Stato, accettano di buon grado ritorni di qualche punto percentuale. In queste fasi di incertezza, i grandi cambiamenti sono spesso dietro l’angolo, non fosse altro perché la grande instabilità porta gli investitori e, forse, non solo loro, a cambiare senza troppe remore la strada vecchia per quella nuova. Ai giorni nostri, ed è la tesi di Merrill Lynch, la strada nuova potrebbe passare per un nuovo ruolo di banche e, azzardando una macroipotesi, di Stati sovrani.
Di cosa stiamo parlando. Senza cercare correlazioni stramplate, i quattro riquadri tratteggiati in rosso evidenziano nel grafico le congiunture caratterizzate da borse in letargo e incetta di titoli pubblici: c’è la fase che precede la grande bolla e il crollo del ’29, c’è il già citato secondo dopoguerra, c’è la crisi degli anni ’80 e ci sono i giorni nostri.
Che cosa bolle in pentola ai giorni nostri? La volatilità di breve periodo e i tassi di disoccupazione delle economie avanzate ci ricordano che la crisi c’è e morde. E un cambiamento non può essere rimandato a oltranza, anche se alcuni paesi, come Stati Uniti e Germania, traggono beneficio dall’incertezza e, passando i propri titoli per bene rifugio, si rifinanziano a lungo termine su tassi tutt’altro che svantaggiosi (2,50% a vent’anni per gli Usa, 2,10% per la Germania sulla stessa maturità).
L’elemento che caratterizza il “nostro” riquadro tratteggiato è una crisi che è partita dalle banche, americane e britanniche in primis, per poi espandere il contagio a tutto il settore finanziario e ai corpi più deboli dell’economia globalizzata: i paesi europei a cui i parametri di Maastricht (totalmente arbitrari, vale la pena ricordarlo) hanno imposto i cambiamenti più radicali, i paesi emergenti che, pur galoppando, non si sono mai curati di fondare la crescita su basi solide (Cina, su tutti), i mercati più sensibili (materie prime, soprattutto alimentari e metalli non preziosi).
Il fenomeno che accomuna tutti questi punti di contagio - le banche, l’Europa, i paesi emergenti e le materie prime - è la riduzione dell’indebitamento, definita “deleverage” dai regolatori bancari e “austerità” dagli osservatori di finanza pubblica. I nomi cambiano, ma la sostanza è la stessa: gli anni ’90, sotto l’imperativo di arrichirsi ovunque e comunque, hanno portato un’intossicazione da debito e dal 2007 si fa un gran parlare di tagli al bilancio e riduzioni alla spesa. Ma fino a quando potrà durare? Fino a quando gli Stati nazionali potranno perseguire politiche restrittive (accettando di farsi dettare l’agenda dalla volubilità dei mercati), fino a quando le banche potranno permettersi di non fare le banche e fino a quando le imprese potranno vivere senza credito?
Il rapporto di Merrill Lynch giunge alla conclusione che il tempo, come da copione, stringe e che, più importante, il cambiamento arriverà quando il deleverage finirà e il rapporto con l’indebitamento cesserà di essere caratterizzato da reazioni radicali (grande ricorso alla leva prima della crisi, linea dura del rigore dopo il crac). Finanzimenti d’impresa, mutui immobiliari, spesa pubblica e politiche monetarie saranno quindi gli strumenti per uscire dall’attuale congiuntura negativa.
Certo, c’è da chiedersi se esista da qualche parte la volontà politica (e il coraggio) di dare una svolta alle attuali politiche del “sacrificio per il sacrificio” (ben note in Italia) e a tutti quei pacchetti che rischiano di portare “tanto rigore per nulla”. E resta la domanda più semplice (e per nulla scontata): come avviare questo cambiamento? Da più parti, e le cronache di queste settimane confermano la tendenza, molti invocano una nuova regolamentazione bancaria (che dall’inizio della crisi è rimasta pressoché inalterata) e attendono buone nuove dalle aste per l’emissione di nuovo debito pubblico. Intanto l’euro ha resistito all’abituale assedio di agosto e questa, anche quando si guarda alla fotografia di lungo periodo, è una buona notizia.