martedì 20 gennaio 2015

Ricatto dell'Isis a Shinzo Abe: «200 milioni o uccidiamo due ostaggi giapponesi»


Ricatto dell'Isis a Shinzo Abe: «200 milioni o uccidiamo due ostaggi giapponesi»




TOKYO­ Rischia di concludersi nel peggiore dei modi il viaggio di sei giorni in Medio Oriente (tra Egitto, Giordania, Israele e Palestina) del premier giapponese Shinzo Abe: l'Isis chiede un riscatto di 200 milioni di dollari entro 72 ore, altrimenti decapiterà due ostaggi giapponesi.
In un video indirizzato al premier e al popolo giapponese, un uomo in nero ­ in inglese e con accento britannico, ­ apostrofa direttamente Abe e dice: sei venuto qui a partecipare alla crociata contro di noi, anche se il Giappone dista 8.500 chilometri; uccideremo questi due uomini se entro 72 ore non pagherai un riscatto di 100 milioni a testa. L'uomo, dal volto coperto ma fattezze simile a quelle del militante dello Stato islamico apparso in altri video, brandisce un coltello sopra la testa di due muti ostaggi in tunica arancione. 
Uno è stato identificato come Kenji Goto, uno stimato reporter freelance di 47 anni vincitore di vari
premi giornalistici ; l'altro è Haruna Yukawa, 43 anni, che si era autodefinito responsabiledi una società di sicurezza.
Sabato scorso, al Cairo, Abe aveva promesso 200 milioni di dollari di aiuti non militari per i Paesi sotto la pressione dell'Isis – per lo più da destinare al'assistenza ai rifugiati ­ nel quadro di un pacchetto complessivo da 2,5 miliardi di aiuti per lo sviluppo e la stabilizzazione dell'area. 
Da Gerusalemme il premier ha espresso tutta la sua indignazione,ha confermato gli aiuti umanitari e affermato che farà il possibile per risolvere la crisi.
Dichiarazioni analoghe ha rilasciato a Tokyo il capo di gabinetto Yoshihide Suga, il quale ha sottolineato che “non c'è alcun cambiamento nella nostra politica di contributo alla
lotta della comunità internazionale contro il terrorismo” .
Entrambi non hanno detto nulla sull'eventuale pagamento di un riscatto. Non è un mistero che in passato il Giappone abbia ceduto a ricatti terroristici, ma la stessa entità della cifra richiesta e i tempi ristretti rendono oggi l'ipotesi piuttosto remota. Del resto, per limitazioni costituzionali Tokyo non può utilizzare la forza all'estero, neanche per cercare di liberare cittadini tenuto in ostaggio. Così c'è chi teme che il premier possa decidere nel prossimo futuro di accelerare su alcune riforme controverse, da un ampliamento della possibilità di ricorrere alla cosiddetta difesa collettiva a modifiche costituzionali.
 Ilpremier non ha modificato la sostanza del suo programma e oggi pomeriggio si è recato a Ramallah a deporre fiori sulla tomba di Yasser Arafat. Per Abe è la seconda crisi di ostaggi, dopo quella di due anni fa in Algeria che costò la vita anche a 10 cittadini giapponesi.
 Per lo stato islamico si tratta della prima richiesta ufficiale di riscatto

Cremaschi: reclutano terroristi, poi fingono di piangere

Cremaschi: reclutano terroristi, poi fingono di piangere


Tutti i principali media hanno diffuso l’immagine dei capi di Stato a braccetto in testa al corteo, in una Parigi diventata capitale del mondo come ha detto, rispolverando antica grandeur, Hollande. Ebbene, questa immagine è un falso costruito e alimentato ad arte. Come mostrano le foto indipendenti che si trovano solo su Internet, i capi di Stato e governo sfilavano da soli in una via deserta isolata dal mondo dalle forze di sicurezza. Altrove sfilava il popolo, che con le origini e motivazioni le più diverse mostrava il suo sdegno per la strage infame commessa dai fondamentalisti islamici. Ma il corteo dei 200 potenti non era alla testa dei milioni scesi in piazza, forse con molti di loro non sarebbe stato neppure in connessione. Sono i mass media ad aver costruito questo legame, questa rappresentanza degli uni rispetto agli altri, e questa è semplicemente moderna e sapiente propaganda bellica. Siamo in guerra, dicono mass media e finta testa del corteo, ma chi è in guerra, contro chi e per quale scopo deve restare indeterminato per lasciare spazio ad ogni manovra.
Con il massimo della malafede intellettuale si usa la denuncia di Papa Francesco contro una guerra mondiale a pezzi che andrebbe fermata, per sostenere all’opposto che essa vada condotta fino alla vittoria. Alla fine l’unico concetto che rimane è Hollandequello della guerra di civiltà tra i valori democratici occidentali e il fanatismo terrorista. Sulle dimensioni della guerra e degli avversari ci si divide sia nella finta testa del corteo di Parigi, sia tra di essa e le forze populiste e xenofobe escluse. Ci si divide su modalità ed estensione della guerra, ma non sul fatto di farla. Eppure fin dal 1991 siamo in conflitto armato contro i nuovi Hitler e forse il massacro di Parigi dovrebbe imporre una riflessione su 24 anni di guerre per la democrazia e sui loro risultati. Invece si reagisce sempre allo stesso modo. Ho visto in televisione l’ex presidente francese Sarkozy esaltare l’unità della nazione di fronte al terrorismo. E ho pensato alla sua decisione di bombardare la Libia per sostenere i ribelli contro Gheddafi. Ricordo anche le vibranti parole di Giorgio Napolitano a sostegno di quella azione militare. Che ha avuto pieno successo, Gheddafi è stato trucidato e ora in Libia dilagano tutte le organizzazioni del terrorismo fondamentalista islamico.
Gli spietati assassini di Parigi sono cittadini francesi che hanno fatto il loro apprendistato militare contro Assad in Siria. E Hollande tuttora insiste per un maggior impegno militare della Nato a sostegno dei ribelli siriani. Obama ha lanciato per primo l’appello contro quell’Isis i cui gruppi dirigenti sono stati addestrati dagli Usa sia in funzione anti Siria che anti Iran. Gli occidentali si stanno ritirando dall’Afghanistan dove hanno sostanzialmente perso la guerra, condotta ora contro quei talebani armati e istruiti a suo tempo dagli Usa contro l’occupazione sovietica del paese. In Somalia negli anni ‘90 ci fu un colossale intervento militare guidato dagli Usa. Ora quel paese non è più uno Stato e scopriamo di mantenere ancora lì delle truppe quando son minacciate da questa o quella banda di signori della guerra. In Kosovo D’Alema mandò i suoi bombardieri per difendere la libertà dei popoli. Ora quello è uno Stato canaglia in mano alle multinazionali del crimine e anche una evidente via di transito e rifornimento per i terrorismi, forse anche per gli assassini francesi.
Da quel 1991 quando Bush padre trascinò il mondo nella prima guerra contro l’Iraq di Saddam, gli interventi militari dell’Occidente son stati molteplici e tutti dichiaratamente a favore della democrazia. Abbiamo esportato la democraziacon le armi e abbiamo importato il terrorismo fondamentalista. Ma nonostante tutto lo scambio continua. In Ucraina i nazisti di tutta Europa si son dati convegno a sostegno del governo appoggiato da Ue e Nato. Lì stanno facendo la loro scuola militare, il loro apprendistato, poi li vedremo all’opera in tutta Europa. Farsi sbranare dai mostri che si sono allevati è la coazione a ripetere che l’Occidente non riesce a interrompere. Anzi, di nuovo risuonano gli stessi appelli e le stesse strumentalità che abbiamo sentito negli ultimi decenni. Per combattere davvero questo terrorismo, l’Occidente e l’Europa dovrebbero cambiare politica economica e militare, anzi dovrebbero mettere in discussione la stessa coalizione che le definisce. Da un quarto di secolo l’Occidente pratica politiche liberiste di austerità e le accompagna con guerre umanitarie in difesa della democrazia. L’Unione Giorgio CremaschiSovietica non c’è più, ma la Nato esiste e chiede ancora più tributi. L’arsenale nucleare cresce e continua a minacciare la stessa esistenza umana anche se, per ora, non è in mano ai terroristi.
Non sono un pacifista gandhiano, voglio sconfiggere iI fondamentalismo islamico e con esso ogni oscurantismo religioso e politico, compreso il ritorno del fascismo e del razzismo europei. Ma le politiche economiche e di guerra della coalizione occidentale hanno prodotto sinora un solo risultato, hanno diffuso e rafforzato il nemico che han dichiarato di voler combattere. Per questo la destra integralista occidentale rivendica una guerra totale vera e non le si può ipocritamente rispondere che basta una guerra in modica quantità. Da noi dopo decenni di precarizzazione del lavoro senza risultati occupazionali, Renzi ha convinto il Pd ad abolire quell’articolo 18 contro cui si era sempre scagliata la destra economica. Se sulla guerra si seguisse la stessa logica dopo 24 anni di fallimenti, non resterebbe che una vera completa guerra mondiale. Se si vuole abbattere il mostro che le stesse guerre democratiche dell’Occidente hanno creato e alimentato ci sono precise scelte di rottura da compiere. La prima è sciogliere la Nato e costruire una vera coalizione mondiale, con Russia, Cina, Iran, India, America Latina, Sudafrica. Il primo atto di questa nuova coalizione dovrebbe essere la fine della corsa agli armamenti e lo smantellamento del nucleare, che non dovrebbe servire contro il terrorismo.
Questa coalizione dovrebbe operare dentro l’Onu e non con la guerra ma con una azione comune a sostegno delle forze che si oppongono al fondamentalismo, come timidamente e contraddittoriamente si fa con i Curdi a Kobane. Questa coalizione dovrebbe avere come primo alleato sul posto il popolo palestinese e dovrebbe costringere Israele a tornare sui confini del ‘67 e a riconoscere lo Stato di questo popolo oppresso. Questa coalizione dovrebbe abbandonare le alleanze con i finti moderati, corresponsabili della crescita del terrorismo islamico. Parlo dell’Arabia Saudita e delle altre monarchie del petrolio, vera base La parata dei politici a Parigi dopo l'attentatoculturale e finanziaria del fondamentalismo. Infine bisogna cambiare le politiche interne, perché non bisogna essere marxisti ortodossi per affermare ciò di cui erano consapevoli i democratici che sconfissero il nazifascismo. E cioè che la disoccupazione e l’ingiustizia sociale sono da sempre il brodo di coltura di dittature e guerra.
Bisogna cancellare le politiche di austerità e riprendere quelle di eguaglianza sociale, bisogna finirla con l’assecondare quella guerra economica permanente che è stata chiamata globalizzazione. Solo così sarà più facile riconquistare quelle periferie emarginate, ove si scontrano il rancore fondamentalista con quello xenofobo. Onestamente credo poco che la finta testa del corteo di Parigi, che di questo disastro venticinquennale è responsabile, sia in grado di cambiare. Per questo bisogna respingere l’appello all’unità nazionale dietro di essa e costruire ad essa un’alternativa. Altrimenti tra poco potremmo sentirci dire in qualche talkshow che il solo modo per sconfiggere un miliardo e mezzo di minacciosi musulmani è far ricorso al nucleare. In fondo non è già stata usato per concludere una guerra?

SPY FINANZA/ La "guerra" che serve agli Usa e alla Fed

SPY FINANZA/ La "guerra" che serve agli Usa e  alla Fed


La scorsa settimana ha visto l'attenzione di commentatori e analisti monopolizzata dal dibattito sul Qe e dalla decisione delle Svizzera di abbandonare il peg fisso tra franco ed euro, ma venerdì scorso, nel silenzio quasi generale, è accaduto altro. Per la seconda volta nell'arco di quattro mesi, James B. Bullard, capo della Fed di St. Louis, è tornato alla ribalta con un'ipotesi decisamente controcorrente rispetto alla vulgata ufficiale. Ovvero, «la Fed potrebbe riattivare politiche non convenzionali se fosse necessario, visto che la lezione che ci ha lasciato il Qe è che ha funzionato molto bene e che non mi attendo un'esplosione nella crescita dei salari, i quali sono un chiaro indicatore di inflazione». Insomma, un membro del Fomc della Fed mette in campo la possibilità di una riattivazione della stamperia, causa fattori esteri che minano la crescita e rischio deflazione. Quando accadde qualche mese fa, il mercato reagì come un gruppo di scolaretti cui si comunica che non c'è lezione e si va in gita, venerdì no, ma la batosta che aveva messo al tappeto molti hedge funds esposti short sul franco stava deprimendo molto il sentiment e, oltrettutto, l'attenzione era quasi interamente catalizzata dal Qe della Bce in arrivo.
Vero? Falso? Una cosa è certa, anzi due: primo, la Fed sa che i Qe congiunti di Bank of Japan e Bce non saranno in grado di supportare Wall Street a questi livelli di sopravvalutazione e con il margin debt che ormai rimanda sinistri echi del 2008 e quindi sa di dover in qualche modo intervenire. Secondo, serve un alibi credibile per farlo, serve una scusa seria perché altrimenti la manfrina che da due anni ci vende
l'America come in grande ripresa si rivelerà tale agli occhi del mondo intero.
Intuitivamente viene subito da pensare al prezzo del petrolio come emergenza da tamponare, visto che sta cominciando a creare fallout anche sul comparto finanziario e sull'economia reale, oltre che sul tasso di disoccupazione.
Guardate però i due grafici a fondo pagina: il primo ci dice che il numero di siti estrattivi negli Usa è calato del 6% anno su anno, il tonfo annuale peggiore degli ultimi quindici mesi, ma il dato peggiora se pensiamo che il trend record di ­13% registrato nelle ultime settimane sta accelerando più che durante le crisi del 2001 e 2008, portando il numero di unità estrattive al minimo da ottobre 2010. Un bel guaio, cui la Fed potrebbe mettere mano, ma il secondo grafico ci dice altro, ovvero che nonostante questo la produzione sta crescendo e a un tasso record: come vi spiegavo pochi giorni fa, siamo nel pieno della strategia imposta dal Deep State, usare il petrolio a basso costo degli altri e mantenere le proprie riserve ai massimi per quando le quotazioni saliranno e con esse la domanda.
Insomma, è tutta una strategia, la cosiddetta "oil weapon", ovvero l'arma petrolifera: si usa il prezzo del greggio per dichiarare guerra a un soggetto nemico non ufficialmente, in questo caso la Russia, e si adottano strategie di politica interna tali da potere far proseguire il gioco il più possibile, stremando l'avversario. Di fatto la Fed è stata per anni il motore di questa "oil weapon", visto che grazie ai suoi tassi praticamente a zero ha fornito al comparto shale oil la liquidità necessaria per crescere a dismisura e
saturare l'offerta del mercato, fino arrivare al punto di rottura del già morente ciclo Economia e Finanza
Cronaca Politica Economia e Finanza Impresa e Artigiani Lavoro Esteri Educazione Cultura Scienze Cinema e TV Musica Calcio e altri Sport ATLANTIDE EMMECIQUADRO LINEATEMPO LIBERTA' DI EDUCAZIONE20/1/2015 SPY FINANZA/ La "guerra" che serve agli Usa e alla Fed
http://www.ilsussidiario.net/News/Economia­e­Finanza/2015/1/20/SPY­FINANZA­La­guerra­che­serve­agli­Usa­e­alla­Fed/573918/ 2/2 delle commodities, accelerando il crollo. La Fed, poi, ha molte possibilità di intervento nel mercato petrolifero al di là delle fornitura di liquidità, ad esempio comprare contratti futures oppure obbligazioni del comparto ad alto rischio per permettere ai proxies di fare roll­over sul debito petrolifero. Inoltre, se anche il settore in sofferenza avesse bisogno ­ che so ­ di 100 miliardi di debito da far sparire dai bilanci o su cui fare roll­over, con uno stato patrimoniale di oltre 4 triliardi di dollari, pensate che per la Fed sarebbe un problema intervenire senza per forza dover riattivare una qualche forma di Qe? Insomma la "oil weapon" è salva e tuttora in azione, tanto più che ieri l'Iraq ha annunciato una produzione record e il ministro per l'Energia iraniano ha detto che «anche con il petrolio a 25 dollari il barile, la nostra industria non è minacciata»,  sintomo che i prezzi resteranno bassi ancora per un bel po' a mettere sotto pressione Mosca: serve qualcosa di più per inondare di nuovo Wall Street di carta straccia e tenere alti i corsi, evitando una catena di margin calls senza fine.



Barnard: cosa sono gli speculatori e quanto male ci fanno

Barnard: cosa sono gli speculatori e quanto male ci fanno


«Welcome to the crazed world of “The Masters of the Universe”». Benvenuti nel mondo allucinante dei “Padroni dell’Universo”. E’ un’espressione coniata a Wall Street dai collaboratori del super-speculatore John Meriwether, padrone dell’hedge fund Ltcm, una macchina per fare soldi fittizi truffando con numeri fittizi per miliardi di dollari l’intero mondo. Lavoravano, questi avvoltoi, con una tale feroce maniacalità che all’apice del successo e delle piramidi di coca che gli passarono nel sangue, una notte stapparono un rosso da 7.000 dollari a bottiglia e gridarono: «Siamo i Padroni dell’Universo!». Ltcm collassò nell’orgia finanziaria suicida nel 1998, e si rischiò il collasso della finanza mondiale. Dopo di loro, l’America e l’Europa si accorsero del pericolo nucleare che ’sta gente rappresentava, e corsero ai ripari: ne crearono di peggio.
Iniziamo a capire la differenza fra un investitore e uno speculatore. L’investitore è chiunque al mondo investa soldi, cittadino, pensionato, banca, azienda, Stato. L’investimento più essere a breve termine o a lungo termine. Può essere buono (un titolo di John MeriwetherStato) o cattivo (titoli di un’azienda che vende armi ai bambini-soldato in Sierra Leone), ma in genere questo l’investitore non lo sa (lo sa il suo promotore finanziario). Lo speculatore è invece un super-specialista, individuo o organizzazione (hedge funds, assicurazioni, fondi monetari, fondi-avvoltoio, ecc.) che normalmente investono a breve e sanno benissimo il male che fanno, ma se ne sbattono. Ma si badi bene, gli speculatori hanno un potere di fuoco che, sempre a breve, può devastare un intero paese, milioni di persone, con conseguenze enormi, e possono persino portare il mondo sull’orlo del baratro economico. Ecco perché chi vi scrive insiste come un mastino, da anni, a dirvi che se ci tenete al vostro futuro di reddito, diritti e democrazia, lasciate perdere Roma, la casta, e le puzzonate dei grillini. Il mostro che già ci ha divorati (dal 2007 a oggi) è altrove.
In ogni caso ricordate sempre che stiamo parlando di giochi di numeri chiamati soldi e che non producono quasi mai nulla nell’economia reale. Ok? Non dimenticate. L’ampiezza del crimine speculativo è tale che vi posso dire con estrema autorevolezza che l’intero governo tecnocratico della Ue, e la Troika, lavorano tutti solo per le tasche degli speculatori. Migliaia di politici, tecnocrati, accademici, figure di altissimo prestigio, lavorano per loro, e l’Eurozona è un progetto di almeno 80 anni fatto solo per le tasche di chi specula. Cos’è speculare? Semplice: si osserva il mondo dell’economia, tutto, tutto il globo, e si fanno scommesse a breve su o contro qualcosa. Se poi vincere la scommessa vuol dire far crollare nella disperazione 5 milioni Taletedi esseri umani, o anche 40, chissenefrega. A volte dall’altra parte della scommessa c’è un altro speculatore, ma più spesso gente normale che rimane fregata.
Ne “La Politica”, Aristotele ci racconta di come il filosofo Talete già nel VI secolo avanti Cristo aveva piazzato una scommessa speculativa vincente sul raccolto di olive dell’anno successivo. I contadini fessi avevano previsto un raccolto povero e gli vendettero interi poderi di ulivi per pochi soldi. L’anno dopo il raccolto fu invece favoloso, e Talete fece una barca di soldi, ma i contadini fecero la fame. Nel mondo moderno purtroppo quasi sempre la gente è ignara di tutto. Rimaniamo sempre in Grecia e vediamo come oggi la speculazione aiutata dai tecnocrati Ue ha fottuto quel povero popolo che non sa da che parte girarsi. Ecco come si specula. 2010: la Grecia è sull’orlo del baratro. Il suo debito nazionale è sotto il fuoco della Troika e delle agenzie di rating, i tassi d’interesse che paga per convincere gli investitori a comprare i suoi titoli di Stato sono altissimi. Naturalmente nel momento in cui i suoi tassi si alzano, il valore dei suoi titoli crolla (sapete che meno vale il titolo, più interessi paga, e viceversa). Questo è il momento giusto per gli speculatori di piazzare le loro scommesse contro il debito greco, cioè i titoli.
La loro scommessa è che il debito crollerà di valore ancor più, e naturalmente le agenzie di rating prestano la loro gentile mano: annunceranno che bocciano l’economia di Atene. Ma prima gli speculatori hanno preso in prestito una porzione di debito greco del valore di (es.) 500; lo rivendono immediatamente per quel valore e intascano 500. Poi aspettano il risultato della bocciatura delle agenzie, che accade: il valore del debito cala. A quel punto gli speculatori ricomprano la stessa porzione di debito greco che ora vale solo 400, e lo restituiscono. Hanno incassato 100, puliti. Tenete in considerazione che quando Barnardparlo di queste cifre semplificate mi riferisco a milioni di euro o miliardi. I greci intanto vanno in merda perché la Ue gli impone le austerità da camera di tortura, disoccupazione, sofferenze…
Altro esempio. Siamo sempre in Grecia. Uno speculatore fa un patto con un altro: gli venderà alla fine del mese una porzione di debito greco da (es.) 1000 titoli, che oggi valgono 500 soldi. L’altro si impegna a comprare quel debito per 500 soldi. Il primo speculatore in realtà non possiede alcun debito greco, ma scommette che esso calerà di valore prima della fine di quel periodo. L’altro invece scommette nella direzione opposta, cioè che il valore del debito si alzerà. Quindi, se il debito si deprezza, il primo uomo vince: alla fine del mese comprerà i 1000 titoli per 400 soldi e li potrà vendere all’altro per la cifra concordata di 500. Ci guadagna 100. Nel caso contrario, se il debito invece si alza di valore, l’altro vince: comprerà quei titoli per i concordati 500 soldi mentre ora vale (ad es.) 600. Qui il gioco è meno sporco, ma ricordiamoci sempre che il primo speculatore, di nuovo, scommette sulla rovina di un popolo, e se vince… torture come sopra.
Altra carognata degli speculatori. Necessita di una breve spiegazione. Nel mondo della finanza internazionale ci sono delle specie di polizze assicurative che un investitore può acquistare per proteggersi da eventuali perdite o scommesse sbagliate. Si chiamano Credit Default Swaps (Cds). Se l’investitore scommette su qualcosa di molto rischioso, l’assicuratore alzerà il prezzo della polizza Cds. Quindi nel mondo dei mercati finanziari il prezzo in rialzo di questi Cds segnala che un investimento è rischioso o instabile. I Cds vengono venduti anche per proteggere chi possiede un pezzo di debito sovrano (titoli di Stato) contro la possibilità che esso si deprezzi a causa del giudizio negativo delle agenzie di rating. Ok, torniamo in Grecia. Un gruppo di speculatori compra molte polizze Cds contro il deprezzamento del debito greco, mentre scommettono proprio che il deprezzamento accadrà davvero. Possono fare questo anche se non posseggono alcun titolo di Stato greco, come dire che uno si assicura su una casa che non è sua. Ma attenzione alla sequenza: l’acquisto di molti Cds sul debito greco ne alza il prezzo, e siccome il loro prezzo in rialzo segnala che l’oggetto assicurato è rischioso e instabile, i mercati penseranno che il debito greco è a rischio di instabilità. In risposta a questo allarme, le agenzie di rating bocceranno il debito di Atene, e per l’effetto domino il La Grecia alla disperazione per fameprezzo dei Cds sulla Grecia considerata ora rischiosissima salirà ancora di più, e gli speculatori, che ne avevano acquistati molti, li possono rivendere con grande profitto. Nel frattempo i poveri Greci… come sopra. Sangue.
Tutte queste scommesse si chiamano fare “shorting”. E sono tutte e tre truccate. Ma c’è di peggio. Il mondo del Junk. In finanza tutti i debiti che sono considerati ad alto rischio di non essere ripagati, dal debito di Stato al debito di un’azienda qualsiasi, vengono chiamati Junk, cioè spazzatura. Facciamo due esempi: il debito di un piccolo paese africano in difficoltà, o il debito dell’azienda XX di Torino. Il paese è indebitato con vari investitori occidentali (banche o altri), la ditta di Torino con le banche. Esistono al mondo dei simpatici tizi chiamati fondi-avvoltoio (Vulture Funds, simpatico nome eh?), e sono speculatori, ovvio. Questi volano cupi su chiunque abbia debiti ad alto rischio (junk debt) e cosa fanno? Vanno dai creditori e gli dicono (il linguaggio è letteralmente quello): «Senti, sfigato, tu da ’sto paese/azienda non becchi un cazzo, secondo noi. Fidati, ti conviene venderci i loro debiti e poi al resto pensiamo noi. Te li compriamo per un decimo del valore, cioè se ti devono 1 milione noi te lo compriamo per 100 mila e tu ti levi dal cazzo contento, perché piuttosto che prendere zero ti conviene accettare i nostri 100 mila. Affare fatto, stronzo?». Spesso sì, viene fatto l’affare. Conseguenze: il paese africano o l’azienda di Torino sono ora debitori degli “avvoltoi”, che trascinano paese/azienda in tribunale (sempre in giurisdizioni favorevoli a loro come Londra o Ny), e spesso riescono a strappare ai debitori più di quello che hanno pagato ai creditori originari. Sangue, sangue di villaggi, popoli, operai, imprenditori, sangue!
Una forma particolarmente rivoltante di speculazione è quella fatta sulle cosiddette Commodities, cioè le materie prime. E quando si parla di grano, caffè o mais, o altri alimenti di base, parliamo di materie che nel Terzo Mondo decidono la sopravvivenza, o la morte, di milioni. I prezzi di queste materie sono anch’essi soggetti agli speculatori, in particolare quelli di Chicago o di Londra. Gente che dispone dei soldi e dei mezzi per truccare a loro piacere il mercato delleCommodities. I prezzi del cibo per centinaia di milioni di affamati – o il prezzo di ciò che vendono centinaia di milioni contadini poveri del Sud – lo decidono loro a seconda del verso delle loro scommesse. Quindi mettiamo che gli convenga alzare il prezzo del mais di tantissimo: milioni di poveracci non lo potranno più comprare: fame (a voi il Tg1 la vende come carestia, eh!, colpa del destino, Draghieh?). Mettiamo che gli convenga far crollare il prezzo del caffè: milioni di coltivatori poveri sprofonderanno della disperazione. Ma loro, a Londra o a Chicago se ne fottono. Ok?
Ho già detto che le tecnocrazie delle nazioni più ricche del mondo lavorano, hanno sempre lavorato, per gli speculatori. Cioè i governatori delle banche centrali, per esempio. E tu cittadino? Nooo, caro o cara, tu puoi crepare mangiato/a vivo/a dai topi sul loro stuoino di casa, non ti aprono neppure la porta. Semplifico: avete letto sui giornali che prima la banca centrale americana, la Fed, e adesso quella europea, la Bce di Mario Draghi, e la Banca del Giappone, hanno tutte deciso di iniettare enormi quantità di liquidi (soldi) nei paesi che governano. NegliUsa hanno usato il sistema del “Quantitative Easing” (Qe), in Europa vari metodi con nomi strani come Ltro, Abs Purchases, Tltro, in Giappone un misto dei due precedenti. Ok. Dovete però capire che una banca centrale quando emette liquidi non è che li carica su dei camion che poi li porta alla gente. No. Li immette nel sistema bancario, in cambio di titoli, ecc. Quindi ’ste enormi quantità di liquidi, immense, finiscono nelle grandi banche. Ok.
La domande di tutte le domande è: ma ’sti oceani di soldi finiscono nelle tasche di lavoratori, pensionati, aziende, famiglie? Nooooo! Perché? Perché vengono presi in prestito a tassi d’interesse ridicoli dai già miliardari speculatori che… che?… che cosa ne fanno? Li scommettono in Borsa, speculano in Borsa, e vincono, vincono, vincono. E tu, uomo o donna che lavori, perdi, perdi, perdi. E pensare che sono le stesse mega-banche a dircelo, se uno legge quello che pubblicano. Il mostro bancario Usa Jp Morgan ha appena detto quanto segue: «Per riassumere, non crediamo che le iniezioni di liquidità di Draghi (Bce) annunciate il 5 di giugno 2014 offriranno alcunché all’economia reale», quella di cui viviamo. Ecco per chi lavora Mario Draghi. No, fermi, mi dispiace ma ce n’è un’altra. Lo so, rimpiangete i tempi quando il massimo che vi entrava nel sederino erano le supposte del dottore… Gli Stati stessi speculano. Cioè anche loro fanno ’ste maledette scommesse finanziarie. A che pro? Un Tremonti o un Padoan vi risponderebbero che si fanno per proteggere lo Stato da perdite finanziarie. Quindi lo Stato Par7516355entra nel mondo degli Interest Rate Swaps. Alè. E ne esce praticamente sempre inc… (finisce per ulato). Perché?
Perché siamo sempre alle solite, come con la storia dei derivati e dei Comuni italiani: cioè, i nostri puzzoni politici si mettono a scommettere con dei professionisti internazionali che il Conte Dracula era un chierichetto, in confronto. E perdono. L’Italia anni fa, con la lira, ne fece una grossa mentre tentava di speculare. Seguite come funzionò. Allora l’Italia voleva emettere dei titoli di Stato trentennali, Btp, a tasso d’interesse fisso per 30 anni appunto, cioè, fate conto, avrebbe pagato le banche che glieli compravano, ad esempio, 6% di interessi per 30 anni. Ma a Roma si chiesero: «E se i tassi d’interesse nei prossimi 30 anni si abbassano? Magari vanno al 4% e noi ci obblighiamo a pagare il 6% per 30 anni. No. Allora vendiamo dei Cct, a tasso d’interesse “variabile” da dare alle banche, cioè un tasso deciso dal mercato, così magari il tasso calerà e sarà minore». Ok. E così il Tesoro vendette un sacco di Cct alle banche a tasso variabile. Poi… si pentirono, pensarono che forse anche per i Cct era meglio fissare un tasso d’interesse fisso, ad esempio 6%. E così Roma propose alle banche un Interest Rate Swap, uno scambio di tassi d’interesse.
Come funziona? Semplice. Allora: il Tesoro ha venduto alle banche un certo numero di titoli di Stato chiamati Cct, e gli ha prima promesso di pagargli un tasso d’interesse variabile deciso dal mercato, poi si pente e ora vuole pagare alle banche un tasso fisso del 6%, perché teme che il tasso variabile andrà su a 7 o 8. Quindi Roma contatta le banche e gli dice che pagherà un tasso fisso del 6%, ma poi fa una scommessa con le banche stesse, gli dice: io ti pago il 6% fisso per tot anni, ma se il tasso variabile del mercato supera il 6 e arriva al 7 o all’8, tu banca ci perdi l’1% o il 2%. Ovviamente il governo spera che il tasso variabile vada su a 7 o magari anche 8, così Roma gli pagherà per tot anni un tasso inferiore a quello del mercato. E le banche scommettono che invece il tasso variabile del mercato andrà sotto il 6%, a 4 o 3, così Roma gli pagherà per tot anni un tasso superiore a quello del mercato.
Com’è finita? Ovvio no? I tassi scesero e le banche vinsero. Ti metti con gli squali, e credi di saperne più di loro? L’Italia perse montagne di miliardi in quella scommessa speculativa. Poveri tutti noi. Conclusione: questi sono solo alcuni dei maggiori esempi di cosa significa essere speculatore e speculare, ma poi ci sono anche i “Futures” di mille tipi, le Credit Default Obligations, Banner Swaps, Over the Counter contracts, e altri amenicoli del genere. Ma per ora basta. La conclusione è questa, ed è una legge fondamentale della Mosler Economics per l’Interesse Pubblico: «Il mondo finanziario è molto più dannoso di quello che vale». Eliminiamolo nella parte speculativa e torniamo all’economia reale.

lunedì 19 gennaio 2015

Tsipras sbaglia tutto, esca dall’euro e faccia causa all’Ue

Tsipras sbaglia tutto, esca dall’euro e faccia causa all’Ue


Mentre i mercati s’interrogano su quali strategie, aldilà degli slogan elettorali, saranno poi effettivamente perseguite nel caso di successo delle forze politiche d’opposizione in Grecia, traspare sempre più la volontà del leader di Syriza, Alexis Tsipras, di procedere con un programma “accomodante” per la permanenza del paese nell’area euro. La stessa auspicata rimodulazione concordata del debito pubblico, in una nuova versione rivista e corretta dei precedenti haircut, non produrrebbe infatti gli effetti sperati così come puntualmente evidenziato dall’economista tedesco Hans-Werner Sinn, presidente dell’Ifo (Istituto per la ricerca economica, maggiore think-tank tedesco sulle tematiche di politicaeconomica), il quale ha fatto giustamente presente che «solo uscendo dall’euro la Grecia può evitare il fallimento». Qualsiasi intervento sul debito significherebbe solamente procrastinare i problemi dell’economia greca e non risolverli, aggravando il già disastrato paese ellenico da ulteriori vincoli determinati da prestiti internazionali e da tutele sempre più pressanti nella gestione economica domestica.
D’altronde i precedenti e sempre più onerosi salvataggi non hanno fatto che aumentare la posizione debitoria del paese e non certo aiutato nel tirarlo fuori dall’impasse della drammatica situazione economica il cui destino ogni giorno appare sempre più Hans-Werner Sinnirreversibile. La popolazione è allo stremo e francamente non ci sono più i presupposti e i margini di manovra per poter rendere l’euro una valuta idonea alle esigenze dell’economia greca. Il caso greco ha dimostrato, in tutta la sua drammaticità, come il trapianto forzato di una moneta possa alla fine degenerare in un inevitabile rigetto, distruggendo letteralmente un paese nonostante noti personaggi, che hanno costruito esclusivamente la propria carriera e credibilità asservendosi supinamente ai dogmi perversi della moneta unica, abbiano sostenuto fino a poco tempo fa che proprio il paese ellenico era la prova più tangibile del successo dell’euro. Il problema di fondo della Grecia pertanto rimane la permanenza nell’euro e le sue assurde e anacronistiche politiche economiche imposte a un paese che non ha mai avuto le possibilità, neanche remote, di poterle perseguire ed attuarle.
Tutte le ricette provenienti dalla Troika sono state orientate esclusivamente a salvaguardare gli interessi dei creditori e non certo del “debitore”, producendo danni difficilmente quantificabili non solo nell’economia ma anche nel tessuto sociale, facendo sprofondare la Grecia in una devastante deflazione permanente. Proprio per questo la coalizione che governerà la Grecia dopo la consultazione elettorale prevista per il 25 gennaio prossimo, più che proporre tagli e ristrutturazioni del debito, dovrebbe intraprendere una seria azione risarcitoria nei confronti delle istituzioni europee per i danni subiti nel perseguimento delle politiche economiche che gli sono state imposte. L’aver di fatto commissariato il governo di Atene inducendolo a perseguire politiche e metodi completamente errati che hanno peggiorato continuamente la situazione inchioda, senza possibilità di attenuanti, le responsabilità della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea almeno sin dal 2010, anno in cui sono emerse in tutta la sua gravità sia l’effettiva posizione debitoria Olli Rehninnescata dalla bomba a orologeria dei derivati contratti per ottenere il via libera all’entrata nell’Eurozona, sia l’insostenibilità che l’euro aveva prodotto nella sua crescita economica.
Syriza chiede l’istituzione di una Commissione internazionale sulla falsariga di quella che portò all’accordo sul debito di Londra del 27 febbraio del 1953 dove fu cancellato il 50% del debito estero tedesco, ma i greci ora sottovalutano che la Germania di allora si avvantaggiò enormemente dell’accordo perché poté contare su una propria moneta e soprattutto su una politica economica perfettamente tarata per le proprie esigenze e non invece come quella odierna che rimarrebbe in ogni caso per la Grecia decisa altrove! Pertanto, se le nuove forze che assumeranno il potere ad Atene nei prossimi mesi intenderanno realmente fare gli interessi del paese con l’obiettivo di farlo risorgere economicamente e moralmente, dovrebbero perseguire una uscita dall’euro concordata e pianificata direttamente con i governi europei e promuovere contestualmente un’azione risarcitoria nei confronti della Troika per le responsabilità oggettive Antonio Maria Rinaldiavute nella gestione delle crisi finanziarie avvenute negli ultimi anni.
In particolare, se l’inesperienza e i grossolani errori profusi a più riprese dall’ex commissario europeo per gli affari economici e monetari Olli Rehn, trincerato sempre dietro vulgata dell’irreversibilità dell’euro, non avessero forzatamente fatto adottare alla Grecia politiche economiche con il pugno di ferro con il criterio del “bisogna punire chi non rispetta i patti”, non rendendosi minimamente conto che in questo modo stava segando il ramo dove invece erano seduti anche gli altri, lui compreso, il paese ellenico non sarebbe arrivato allo stato disastroso in cui versa attualmente. E’ giusto che vengano pertanto risarciti gli enormi danni perché gran parte delle colpe sono da imputare all’imposizione di politiche economiche completamente errate e con fini molto distanti dall’effettivo risanamento del paese: in questo modo si ristabilirebbe un criterio di giustizia nei confronti di palesi soprusi compiuti fra l’incompetenza e l’aver favorito interessi finanziari di parte.

Ziegler: privatizzano il mondo, e la sinistra dov’è finita?

Ziegler: privatizzano il mondo, e la sinistra dov’è finita?


«Marx è ancora attuale, anche se aveva torto su una cosa: fino alla fine, rimase convinto che la deprivazione materiale sarebbe durata molto a lungo. Tuttavia, oggi saremmo in grado di provvedere al sostentamento di 12 miliardi di esseri umani». A parte questo errore, gli strumenti analitici che Marx ha fornito per comprendere il capitalismo finanziario «sono ancora applicabili e ci permettono di capire meglio come funziona». Parola di Jean Ziegler, autore de “La privatizzazione del mondo”. «Il mio libro – spiega – va inteso come una sorta di arma nella lotta della nuova società civile globale». Siamo in pericolo, ma c’è chi se n’è accorto. Ziegler cita il World Social Forum di Tunisi nel 2013 con 15.000 persone riunite a discutere alternative al capitalismo globale. «Si tratta di un esercito di resistenza formato da gruppi che combattono su una serie di fronti: il Movimento Internazionale dei Contadini contro l’espropriazione delle terre, Attac contro la mancanza di regolamentazioni nei mercati finanziari, Greenpeace per la protezione ambientale, Amnesty International per il rispetto dei diritti umani, e il secondo più grande sindacato tedesco, Ig Metall, così come i sindacati austriaci, contro il Ttip», il Trattato Transatlantico tra Usa e Ue.
I sostenitori del Ttip – cioè Washington e la Commissione Europea – hanno presentato l’accordo come fosse una rivoluzione che creerà centinaia di milioni di posti di lavoro all’interno di un mercato comune transatlantico. «Stupidaggini: se passa il Jean ZieglerTtip, tutti gli standard europei e ciò che si era ottenuto in termini di protezioni sociali, ambientali e della salute, rischiano di scomparire». Autorevolissimo sociologo e antropologo, membro del Consiglio dell’Onu per i diritti umani, lo svizzero Ziegler – intervistato da “Voxeurop” – lancia l’allarme: sotto quali condizioni verranno creati i posti di lavoro promessi dal Ttip? «Non c’è alcuna ragione per essere ottimisti: il “dialogo sul commercio”, iniziato nel 2005 tra le 70 maggiori società multinazionali e il Dipartimento americano per il commercio, ha portato al progetto del Ttip, che è stato negoziato in totale segretezza fino al 2013». Attenzione: «Non c’è un solo deputato di un singolo Parlamento nazionale o del Parlamento Europeo che sappia esattamente quanto sia ampio il mandato assegnato a coloro che stanno negoziando il Ttip da parte dell’Ue».
Tradotto in termini semplici, «le multinazionali vogliono essere liberate da qualsiasi costrizione che sia posta alla massimizzazione dei loro profitti, come ad esempio la scandenza dei brevetti, che vorrebbero prolungare». Pericolo: «Nel campo della salute, dell’ambiente e della sicurezza alimentare, ciò significa l’abolizione delle normative europee», anche perché «la clausola-chiave dell’accordo stabilisce un tribunale arbitrale per risolvere le controversie, con giudici stabiliti dalle parti, e senza la possibilità di appello di fronte ad un tribunale nazionale». Sarebbe la fine dello Stato di diritto, della legislazione europea e di quelle nazionali. «Se questo accordo verrà firmato, se il Parlamento Europeo lo approva, se il 28 Parlamenti dei paesi membri lo ratificano e se esso entra in vigore, allora le multinazionali potranno sporgere denuncia contro qualsiasi Stato sovrano prenda delle decisioni contrarie ai loro interessi o ai loro desideri. In breve, se il Ttip viene applicato, darebbe alle multinazionali la corda per strangolare le politiche economiche e finanziarie decise a livello nazionale». Senza più Usa e Ue, patto segreto per il Ttippoter intervenire con le loro leggi, gli Stati nazionali – già ampiamente scavalcati dall’Ue, retta da un’élite di non-eletti – verrebbero definitivamente annullati.
«La giungla si sta espandendo anche in Europa, minacciando il principio di legalità e le conquiste sociali», afferma Ziegler. «In Spagna il 18,2% dei bambini sotto i dieci anni sono costantemente e seriamente malnutriti. In Inghilterra e a Berlino ci sono esempi di sindacati degli insegnanti che organizzano raccolte di generi alimentari per i bambini che patiscono la fame». Letteralmente: «La democrazia in Europapotrebbe scomparire. Sarebbe l’Armageddon per i democratici se non si svegliano in fretta». Chi dovrebbe sentire i campanelli d’allarme? «Sarebbe il ruolo tradizionale della sinistra politica, ma la sinistra in Europa è priva di idee», accusa il sociologo. «Non succede più che i movimenti socialisti e i loro intellettuali forniscano ai lavoratori i necessari strumenti di analisi, di percezione e comprensione del mondo. L’integrazione dei lavoratori europei all’interno della strategia definita dal progetto imperialista ha ucciso la teoria e la pratica della solidarietà con le classi subalterne del terzo mondo. La violenza inflitta oggi contro i lavoratori viene percepita come “normale”, come un’inevitabile e intriseca parte del capitale». Si cancellano storiche conquiste sociali, mentre dilaga la xenofobia e cresce l’estrema destra. C’è un modo per contrastare questa recrudescenza? «La coscienza nazionale. La nazione appartiene a quelli che aderiscono al contratto nazionale e che rispettano le leggi della Repubblica». Purché, appunto, la Repubblica non sia cancellata. E possa ancora emanare leggi democratiche.

Grazie a Napolitano, oggi l’Italia è una valle di lacrime

Grazie a Napolitano, oggi l’Italia è una valle di lacrime


Da oggi gli italiani possono guardare al futuro con un pizzico di speranza e di fiducia in più. Giorgio Napolitano, arcigno avamposto italiano di poteri schiavistici, antidemocratici e occulti, si è finalmente dimesso, liberando inconsapevolmente nell’aria un fresco profumo di libertà che riscalda il cuore ed ossigena il cervello. Credo sia opportuno che il Parlamento, espressione di una volontà popolare ripetutamente tradita dal vecchio presidente, sottolinei l’importanza storica di siffatta circostanza, magari affiancando simbolicamente il 14 gennaio al 25 Aprile. Napolitano, con metodi e modi alquanto diversi da quelli utilizzati da Benito Mussolini, ha commissariato l’Italia per quasi un decennio, violentando una dialettica democratica da sacrificare sull’altare di interessi speculativi privati. Napolitano rappresenta uno spartiacque per il nostro paese. Gli storici, così come avvenne per l’esperienza fascista, saranno costretti a raccontare quanto l’Italia sia cambiata (in peggio) in conseguenza dell’ascesa al potere dell’ex comunista migliorista preferito da Henry Kissinger.
Nel 2006 l’Italia era un paese relativamente prospero e felice, con un tasso di disoccupazione accettabile e un tessuto industriale ancora solido e competitivo. L’Italia di oggi è invece una valle di lacrime, impoverita e umiliata da tecnocratiNapolitano e Kissingersprovvisti di mandato popolare che banchettano sulla pelle dei più deboli. In Italia, grazie alle politiche volute da una serie di governi-fantoccio creati dallo stesso Napolitano, la disoccupazione è salita alle stelle. Generazioni intere sono state falcidiate agitando strumentalmente il mito del debito pubblico, tra l’altro paradossalmente aumentato proprio in conseguenza delle dissennate politiche di austerità difese a spada tratta e contro ogni logica proprio dal nostro ex presidente. Ma Napolitano non si è limitato a farsi garante per conto terzi del declino economico e industriale del Belpaese: ha fatto di più e di peggio; ha imposto cioè una visione del potere elitaria e oligarchica, lentamente sfociata in un vero e proprio culto della personalità indegno persino di un paese in via di sviluppo.
In questi anni la grande stampa, all’unisono, non ha mai osato mettere in discussione le scelte del presidente-monarca, bollando come impuri ed infedeli tutti quelli che trovavano il coraggio di resistere alla dittatura del pensiero unico. Un crinale allo stesso tempo risibile e pericoloso, palesatosi al mondo in tutta la sua ridicola drammaticità il giorno in cui i presidenti delle Camere, Grasso e Boldrini, invitarono i parlamentari a non pronunciare invano in aula il nome del presidente Napolitano. Scene fantozziane che farebbero arrossire di vergogna perfino tipi alla Erdogan. Ancora oggi giornali come “Repubblica”, la “Stampa” e il “Corriere della Sera” trovano il tempo di raccontare al popolo quanto Napolitano sia felice di tornarsene a casa (figuratevi quanto lo siamo noi). Eugenio Scalfari, in un articolo pubblicato ieri su “Repubblica”, è riuscito a scrivere che Napolitano aderì in gioventù al Guf (gruppi universitari fascisti) in funzione antifascista. Ma vi rendete conto? E’ Alan Friedmancome dire che Tizio volle farsi prete perché chiaramente anticlericale. Non sanno più cosa inventarsi per tenere il sacco ad un uomo anziano che ha sempre e soltanto creduto nel potere per il potere.
Quando però i piccoli interessi contingenti saranno sopiti, le menzogne interessate e pavide evaporeranno, lasciando sul campo una verità fattuale che, per quanto comprensiva e abbellita, condannerà in eterno il ricordo di Napolitano, pessimo presidente bravo a fare della banalità un’arte e dell’ipocrisia un punto di forza. Stendiamo infine un velo pietoso sulle vere ed eversive dinamiche che hanno preparato la nascita del governo Monti, denunciate sia nel libro di Alan Friedman (“Ammazziamo il Gattopardo)”, che in quello pubblicato dall’ex segretario del Tesoro americano Tim Geithner (“Stress Test”). Retroscena inquietanti, non a caso silenziati da un sistema informativo che, pur ricordando nei fatti l’Istituto Luce, marcia in difesa del ricordo dei giornalisti di “Charlie Hebdo”, massacrati nel nome di una libertà che non accetta limiti né compromessi. Addio Giorgio. L’Italia è finalmente libera di ricominciare a vivere.