martedì 10 aprile 2012

Morte del giovane tifoso dell’Athletic Bilbao. Polemiche sull’uso dei proiettili di gomm


Morte del giovane tifoso dell’Athletic Bilbao. Polemiche sull’uso dei proiettili di gomma

10 aprile 2012versione stampabile
Andrea Leoni
Probabilmente è stato un proiettile di gomma del peso di ottantacinque grammi a colpire mortalmente Iñigo Cabacas, il tifoso dell’Athletic Bilabo morto dopo quattro giorni di coma all’ospedale della città. Un proiettile di quelli considerati “arma non letale”: una definizione molto particolare dal momento che gli effetti di questa arma antisommossa possono avereconseguenze letali o altamente invalidanti per chi subisce il colpo.  Se il proiettile di gomma colpisce il cranio, come potrebbe essere accaduto, è in grado di provocare un’ emorragia celebrale, se colpisce lo sterno perfora almeno un polmone e se arriva alla pancia provoca irreparabili danni all’intestino. Potrebbe essere stato uno di questi proiettili in dotazione alla Ertzaintza, la polizia basca, (ma non solo)  a provocare la morte del giovane Iñigo Cabacas dopo la partita Athletic Bilbao – Shalke 04, valida per la semifinale di Coppa Uefa.
I parlamentari e i movimenti della sinistra indipendentista basca parlano di “un’ennesima vittima della violenza della polizia”.
Rispetto ai proiettili di gomma anche la Commissione Europea, dal 1982, ha descritto queste armi come sproporzionate e pericolose. Due anni dopo (1997) un documento del Parlamento Europeo, assegnò alla Scientific and Technological Options Assessment (Stoa) il compito di studiare l’uso dell’arma. La Stoa, nella sua relazione, dichiarò senza mezzi termini che queste armi non sono idonee per gestire manifestazioni. E la riprova sta nelle numerose vittime causate da questi proiettili. La Commissione Europea, secondo notizie pubblicate nel giugno dell’anno scorso, avrebbe deciso di vietare questo tipo di armamento dalla fine del 2012. .
Il Diario Vasco, quotidiano della regione autonoma, riporta la testimonianza della coppia che ha assistito alla tragica morte del ragazzo. I due, Roberto e Laila, originari di Malaga, dovranno presentarsi in un tribunale.  “Quello che non possiamo dire è cosa sia successo a Iñigo. Non sappiamo se è stato un colpo sparato da parte della polizia o una bottiglia”. I due tengono a precisare: “Siamo di Malaga. Non avevamo nessuna idea che ci fossero delle herriko taberna (locale dove è avvenuto l’episodio – gli herriko taberna sono posti frequentati da militanti e simpatizzanti della sinistra indipendentista basca, ndr). C’era una buona atmosfera, punto. Siamo andati ad una festa”. I fatti avvenuti dopo la partita: “L’inizio della rissa è cominciata dentro la stanza. Ci sono state grida e immediatamente si son sentite le palle di gomma che battevano sulle persiane della stanza” spiegano. “Ero in piedi nel centro e stavo aspettando il mio ragazzo non capivo quello che stava succedendo”, racconta Laia. “Improvvisamente, lungo tutta la strada, arrivano tre furgoni della Ertzaintza. ‘Ma cosa sta succedendo? Non capisco ‘, dico al cugino del mio ragazzo. Sento una palla sopra la mia testa. Sono sorpresa. Non so cosa fare. Urlo agli ufficiali. ‘No, no, non stiamo facendo niente!’.” I due spiegano meglio cosa avrebbe portato all’intervento della polizi. Racconta Roberto: “L’atmosfera era tranquilla. Ma due uomini strani si aggiravano intorno cercando di creare caos. Uno era molto grande. L’altro aveva segni sul suo volto, cicatrici. Ho guardato il primo che ha attaccato ad un ragazzo che indossava una sciarpa dell’Athletic”. Improvvisamente il tumulto.  “Accanto a me ci sono due ragazze di 17 anni isteriche.- prosegue il racconto Laila – Io dico loro di mettersi dietro di me per cercare di proteggersi. Non sparano in aria, ma ad altezza uomo. E’ tutta una confusione generale, palle di gomma che volano ovunque”. “Non so cosa fare. Le due ragazze con me cercano di parlare con la polizia per fermare la loro azione. A quel punto decido di saltare fuori per rifugiarmi in un bar, ma le persiane sono abbassate e non posso. E’ lì che sono arrivata a Iñigo “, racconta la giovane. “E’ sdraiato sul pavimento. ‘Lascia che lo aiuti’, dico alle persone che sono con lui. Sono stato una bagnina e so cosa fare. Ha convulsioni, non risponde. Controllo la respirazione. Accanto a me c’è anche un infermiere che cerca di prendere il suo polso, ma c’è troppo rumore e chiasso. Iñigo ha una ferita nella parte posteriore della testa. E’ grande e sanguina molto. Comincio a chiedergli ‘come ti chiami?’ Chiedo anche sciarpe dell’Athletic per taponare la ferita. Quando rimuovo la mano che tiene la sua testa mi sento un grumo di sangue grande come il palmo della mia mano. Ho 32 anni, quindi la mia mano non è piccola. Lo appoggio al mio braccio per prevenire il soffocamento in caso di vomito che in effetti si verifica. Non risponde a nessuno stimolo. Lo giriamo un po’ e quindi ricomincia il vomito”. L’ambulanza lo porterà all’ospedale ma per lui non ci sarà più niente da fare. Dopo un coma durato quattro giorni è morto.

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