giovedì 22 novembre 2012

Milano, due omicidi studiati Tecniche e modalità di esecuzione. I delitti di via Mosè Bianchi e piazzale Lagosta accomunati dalla premeditazione.


Milano, due omicidi studiati

Tecniche e modalità di esecuzione. I delitti di via Mosè Bianchi e piazzale Lagosta accomunati dalla premeditazione.

Il cadavere dell'assicuratore 69enne ucciso per strada in via Mosè Bianchi a Milano.

Diego Preda, assicuratore di 69 anni, è stato freddato con un colpo di pistola alla testa in via Mosè Bianchi mentre una donna sulla trentina, di cui non sono state ancora rese note le generalità, è stata trovata incaprettata in un appartamento di piazzale Lagosta.
I due delitti avvenuti nella serata di mercoledì 21 novembre a Milano, a poche ore di distanza l'uno dall'altro, non sembrano avere un collegamento. Ma sia il colpo d'arma da fuoco alla testa in mezzo alla strada che l'incaprettamento sono due modi di uccidere che, di solito, si ritrovano tra chi è avvezzo al crimine. I neofiti, in genere, non riescono a portare a termine omicidi tanto «puliti».
DELITTI EFFERATI. Preda è stato raggiunto dal proiettile e, stando agli inquirenti, è morto sul colpo, rendendo vani i soccorsi. Gli investigatori stanno procedendo in più direzioni senza, per ora, escludere niente: dal movente economico a quello passionale.
Casuale è invece stata la scoperta del cadavere della donna. Un uomo, tossicodipendente noto, Vincenzo Vergata, 56 anni, era stato arrestato nella serata del 21 novembre dopo aver tentato una rapina armato di un cacciavite. Durante i rilievi gli investigatori hanno trovato addosso all'uomo una bolletta con l'indirizzo di casa e, come da protocollo, si sono recati sul posto, in piazzale Lagosta 1, per una perquisizione. In cucina c'era il corpo senza vita della giovane donna legato mani e piedi con la tecnica dell'incaprettamento.
INCAPRETTAMENTO TECNICA MAFIOSA. Tecnica che, di solito, viene usata dalla mafia o, comunque, dalla criminalità organizzata. Le mani e i piedi vengono legati dietro la schiena con una corda che passa anche attorno al collo. Mano a mano che la vittima perde le forze a causa della posizione innaturale i piedi si abbassano tirando la corda che passa sul collo e provocando lo strangolamento.

Scelta dell'arma e modalità di esecuzione raccontano molto

Per quanto i primi indizi lascino pensare ad esecutori abituati all'omicidio è anche vero che sparare a qualcuno da distanza ravvicinata facendo centro non è poi così difficile anche per chi, pur non essendo un esperto di armi, ha un movente saldo: magari una vendetta. Anche se nel caso di Preda il colpo è stato esploso mentre lui era di spalle: il proiettile è entrato nella zona occipitale, ovvero la nuca, ed è uscito dalla zona orbitale, l'occhio. Chi è in cerca di vendetta quasi sempre vuole essere riconosciuto dalla vittima: altrimenti la vendetta perderebbe di significato.
E, allo stesso modo, non è detto che chi si organizza con lacci e corde non stia semplicemente seguendo una sua inclinazione: gli assassini sadici, per esempio, non disdegnano questo metodo che offre loro una vittima completamente soggiogata e sicuramente sofferente.
UNO O PIÙ ASSASSINI. Chi sceglie un'arma da fuoco per portare a termine un omicidio di solito ha le idee ben chiare e non ha alcuna intenzione di stabilire un contatto con la vittima predestinata. Vuole solo toglierla di mezzo. Diverso il caso dell'incaprettamento che prevede un contatto costante e ravvicinato, almeno nelle fasi della legatura, con la vittima. Se il malcapitato che viene legato è in possesso di tutte le sue facoltà capita che si dimeni e faccia di tutto per sfuggire al suo aguzzino, cosa questa che, negli omicidi di mafia, prevede la presenza di più aggressori (legare qualcuno contro la sua volontà potrebbe infatti rivelarsi un'azione difficilissima, quasi impossibile).
Se invece la vittima è sotto l'effetto di droghe, alcol o farmaci per legarla è quasi certo che basti una sola persona.

Ritualità o azione repentina: due opzioni di un crimine organizzato

Se da un lato la tecnica dell'incaprettamento fa pensare alla criminalità organizzata (che con la droga sicuramente ha qualcosa a che fare) è anche vero che le legature con le corde piacciono molto sia a chi fa giochi erotici che prevedono l'asfissia, sia come già detto, ai sadici che traggono piacere soprattutto quando hanno la certezza di avere il potere di infliggere sofferenza. In quest'ultimo caso, di solito, sul corpo della vittima vengono trovati altri segni, difficilmente il sadico si siede a guardare la vittima che muore senza fare altro. Le sevizie, le violenze sia fisiche che sessuali e la tortura fanno parte delle azioni (spesso combinate) che un sadico mette in atto durante un omicidio rituale.
FUGA SENZA ESITAZIONI. Il caso di Diego Preda, freddato in strada, invece, fa pensare più che altro a un'azione repentina e definitiva: l'obiettivo, probabilmente, non era spaventarlo e nemmeno minacciarlo, bensì ucciderlo. Il fatto che l'aggressore si sia allontanato velocemente fa supporre che avesse un piano, ovvero che avesse premeditato l'omicidio. L'esitazione di fronte a qualcosa che non avevamo previsto, infatti, è nella natura umana. Chi fugge dopo un omicidio senza guardarsi indietro sa cos'ha fatto e cosa dovrà fare o non fare per evitare di essere catturato. Anche la distanza ravvicinata e la scelta di sparare alla nuca fanno pensare a un crimine organizzato.

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