giovedì 3 gennaio 2013

Forse la Merkel è proprio il nuovo Hitler, dopotutto. (di Maurizio Blondet)


Forse la Merkel è proprio il nuovo Hitler, dopotutto. (di Maurizio Blondet)

ScreenHunter 02 Jan. 02 17.59 Forse la Merkel è proprio il nuovo Hitler, dopotutto. (di Maurizio Blondet)

Una frase  della Cancelliera di tutti noi, Angela Merkel che conviene stamparci nella memoria: “Se l’Europa rappresenta oggi poco più del 7 % della popolazione mondiale, circa il 25 % del Prodotto interno lordo mondiale,e deve finanziare il 50 % delle  spese sociali del mondo, è evidente che dovrà lavorare molto duramente per mantenere  la sua prosperità e il suo modo di vita”.
Frase sinistra, e rivelatrice: per la Merkel le spese sociali in Europa non sono ancora abbastanza smantellate; devono essere dimezzate,  in concordanza con la parte di ricchezza mondiale prodotta dagli europei: se produciamo il 25% del Pil globale, le nostre spese sociali devono ridursi al 25%  di quelle mondiali. O perchè no addirittura al 7%,   quanta è la popolazione? 
Oltretutto, è un modo di ragionare dissennato e folle:  fare la media delle spese sociali  mondiali significa unire nel conto piccoli paesi europei civilizzati  e giganti come Cina ed India, quasi 4 miliardi di uomini di fatto senza copertura sociale, e un miliardo almeno con meno di 3 dollari al giorno di reddito. Non ha senso.  Non si tiene conto, fra l’altro, di quanto lo stato sociale contribuisca alla prosperità  e alla divinizzata “produttività”  europea; non è che masse di affamati e malati  che razzolano nei bidoni accrescano di molto la ricchezza reale…
 Però il delirio d’onnipotenza della Merkel è condiviso da Mario Draghi:    “Lo Stato sociale europeo è morto”, disse il febbraio 2012 al Wall Street Journal. Poi subito: “Un errore di traduzione”, Draghi ha detto  solo che lo stato sociale europeo “va’ ridimensionato”.  Fatto sta che il ridimensionamento è in corso a tutto spiano in Grecia, Portogallo, Spagna,  e Italia  su ordine della Merkel, a cui i goveranti  PIIGS obbediscono sull’attenti: Mario Monti  essendo  il più convinto che i tagli  sociali e le tasse  sono la cura giusta per la recessione. 
 Chissà perchè, invece, Monti ha fatto crescere ancora l’immane debito pubblico italiano  invece di contenerlo, e stroncato l’economia reale  sotto supertasse e una burocrazia di controllo asfissiante, che sospetta in ogni operatore economico un evasore fiscale.  Senza aver risolto nulla. Draghi è riuscito a calmare solo temporaneamente  i mercati in tensione sui titoli italiani,  con un annuncio di acquisto illimitato (Outright monetary transaction, OMT); quando dovrà passare dall’annuncio all’azione reale, vedremo come andrà.  Nel 2013  devono essere chieste al mercato 808 miliardi di euro di obbligazioni  europee, un quarto delle quali emesse dall’Italia: lo spread risalirà pericolosamente? Più che probabile.   La BCE interverrà con l’OMT?Attenzione, il soccorso  agli stati viene dato solo se accettano durissime “condizionalità”: altra austerità, altra caduta nella depressione.   Altro “ridimensionamento” dello stato sociale; i prestiti della BCE costano cari ai popoli   (alle banche, invece, mille miliardi di euro all’1 per cento…). 
Il forte dubbio è che i nostri governanti, quelli eletti e quelli “tecnici” dell’oligarchia, stiano dando corda ad una Cancelleria di Berlino in delirio di onnipotenza, e troppo  occupata del favore interno per occuparsi dell’Europa. La sua analisi sulla crisi, notoriamente, fa’ comodo a Berlino, ma è patentemente scorretta:  sostiene che lo squilibro nella zona euro è dovuta alla produttività bassa dei popoli “periferici” e del loro vivere al disopra dei loro mezzi; che tornino competitivi, si taglino le paghe e la previdenza,  che si mettano a esportare come fa’ la Germania, e tutto si radddrizzerà.
L’altra diagnosi è che la perdita di produttività dei paesi “periferici”, Italia in primis, è coincisa con l’entrata nell’euro, e si è  aggravata via via che la moneta forte, euro-tedesca,  ci ha tolto quote di mercato a favore della Germania. La svalutazione dell’euro allevierebbe molti dei  nostri mali.   L’uscita dall’euro, bnchè cura da cavallo,   li  curerebbe rapidamente, attraverso la svalutazione della moneta nazionale e della sovranità riconquistatata, e ci renderebbe competitivi sull’industria tedesca, il che non piace a Berlino.  Si è mostrato cento volte l’esempio del Giappone, che nonostante un debito pubblico del 200% sul Pil, non viene aggredito dalla speculazione; perchè ha mantenuto  il potere di stampare la sua moneta.  Idioti e folli sono i governi che quel potere hanno ceduto; ad uno stato-guida.
Inutile obiettare:  dai più alti e comodi scranni (Napolitano  mica si è tagliato nulla) si ripete che “bisogna restare nell’euro”, che è la nostra sola salvezza, eccetera. e’ la “loro” salvezzza, perchè hanno legato i loro destini politici (il loro potere e i loro emolumenti) alla moneta comune.  Ma non è la nostra. 
Il che pone il problema se la cancelliera Merkel non sia davvero il nuovo Hitler.  Quale fu l’errore capitale di Adolf? Quando occupò militarmente i paesi europei, Francia e Olanda, Belgio e poi Ucraina e  Grecia, adottò la politica di mettere a carico della popolazione occupata i costi d’occupazione delle armate germaniche. Lo fece essenzialmente creando e stampando senza limiti una moneta d’occupazione (Reichskreditkassenscheine),  che la truppa tedesca non poteva spendere in Germania ma solo nel paese occupato. 
A Berlino sembrò una buona idea: Hitler, attentissimo a non perdere il favore della sua opinione pubblica interna, cercò di risparmiare al suo popolo il più a lungo possibile i costi e le durezze della guerra e delle conquiste. La tassazione in Germania restò modesta, le forniture alimentari più che sufficienti fino al 1943 avanzato; ciò però a spese dei Paesi occupati, dalla Francia al Belgio all’Olanda, e Grecia e Ucraina, che furono di fatto spogliati e ridotti alla fame, dato che la truppa germanica si accaparrava i beni scarsi con una moneta fittizia, che non valeva nulla. Così, per risparmiare la popolazione tedesca, il regime continuò a ritenere sul piano giuridico i Paesi occupati come «nemici belligeranti», anziché come «alleati» – nonostante vi si fossero insediati governi collaborazionisti, ideologicamente fraterni.
 Unica eccezione, la Repubblica di Salò: per merito del ministro   delle finanze Pellegrini Giampietro, che con coraggio inaudito, pretese dai tedeschi il ritiro della moneta d’occupazione dal territorio della Repubblica, usando appunto l’argomento: siamo alleati adesso, o no?
 Questa politica del Terzo Reich  – conferma della fondamentale “impoliticità” tedesca –  rese odiosi i governi collaborazionisti alla popolazione, e fece trascurare al regime nazionalsocialista l’unica politica vincente: quella di porsi  propagandisticamen te come «liberatore» dei popoli dal comunismo o dal pluto-capitalismo (si pensi agli Stati Uniti che si atteggiarono a «liberatori», imponendo il loro sistema in Europa). Tale politica fu la causa ultima della sconfitta germanica: come al solito, per inadeguatezza di visione politica. Non sfuggirà che lo stesso errore, in così mutate circostanze, sta compiendo la Cancelliera Merkel, facendo una politica approvata dal popolo tedesco: i partner europei meno efficienti non sono trattati da «alleati» e men che meno da soci alla pari, ma come «nemici» sconfitti.

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