venerdì 1 febbraio 2013

Povera Italia: con l’euro e Monti, redditi retrocessi al 1986


Povera Italia: con l’euro e Monti, redditi retrocessi al 1986


Grazie euro, grazie Monti, grazie Europa. Il reddito disponibile degli italiani scivola ancora e nel 2013 tornerà ai livelli di 27 anni fa. Secondo un’analisi di “Rete Imprese Italia” il dato è sceso a meno di 17.000: precisamente, 16.955 euro pro capite, contro i 17.337 dello scorso anno. Nel 2007, anno di inizio della crisi, il reddito medio degi italiani era di 19.515 euro. In pratica, sono 2.500 euro in meno dall’inizio dell’esplosione della grande crisi che sta scuotendo l’Occidente e letteralmente mettendo in ginocchio i paesi dell’Eurozona, dove gli Stati hanno perso ogni forma di sovranità finanziaria e sono “costretti” a ricorrere alla spirale suicida dell’inasprimento fiscale su famiglie e aziende. E’ la prova di quello che gli economisti democratici definiscono “economicidio”: impoverire un paese a tavolino, tagliando la spesa pubblica che sorregge il benessere diffuso e quindi anche il settore privato, con la domanda di prodotti, servizi e consumi.
Calato nel 2012 del 4,8%, il reddito disponibile reale pro capite scenderà sotto la soglia dei 17.000 euro nel 2013. «Questa previsione – spiega Mariano BellaMariano Bella di “Rete Imprese Italia” – determina un salto indietro al 1986». Un quarto di secolo letteralmente “azzerato” dalla morsa del rigore, che azzoppa la finanza pubblica proprio nel momento in cui – secondo gli analisti non allineati al Monti-pensiero, sostenuto in Parlamento da Pd e Pdl – il settore privato dell’economiaavrebbe un bisogno vitale di sostegno pubblico, a cominciare dal fronte cruciale dell’occupazione per i giovani. Solo un intervento diretto dello Stato, fa notare il sociologo Luciano Gallino, potrebbe produrre occupazione immediata in settori-chiave come quello dell’energia pulita e della manutenzione del territorio: occupazione che avrebbe il potere di invertire automaticamente la rotta, risollevando l’economia. Lo ha detto anche il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker: di sola austerty si muore. E ormai lo ammette persino il Fondo Monetario Internazionale: “ricette” sbagliate, costi sociali del rigore completamente sottovalutati.
Per i consumi italiani, secondo “Rete Imprese” lo scenario negativo continuerà anche nel 2013 con una ulteriore flessione per i consumi reali pro-capite dell’1,4% sul 2012, con valori che li riporteranno indietro di 15 anni. I consumi reali pro capite saranno pari a 15.695 euro: per ritrovare un dato analogo bisogna tornare al 1998, quando i consumi reali pro capite erano di 15.753 euro. E il peggio deve ancora venire, sotto forma di “pareggio di bilancio”, come richiesto dal Fiscal Compact. «Sta arrivando l’inferno – avverte Giorgio Cremaschi – e sembra che i candidati alle prossime elezioni, tutti quanti, non se ne siano accorti: nessuno denuncia il pericolo mortale del taglio alla spesa pubblica e del prelievo aggiuntivo di 40 miliardi all’anno, col pretesto di ridurre il debito». Luciano Borin, per trent’anni dirigente della Banca Mondiale, in un post su “Libre” si dichiara «attonito dalla leggerezza con cui il nostro paese può avere avallato una richiesta di pareggio bilancio». Obiettivo pazzesco e suicida, totalmente italiani impoveritiirraggiungibile, «a meno di avviare l’Italia verso una spirale irreversibile di povertà», secondo un processo «già abbondantemente iniziato».
«I fallimenti e le chiusure di tante imprese dovrebbero esserne un segno allarmante», ulteriormente confermato ora dalle drammatiche previsioni di “Rete Imprese”. «Il governo dei tecnici ha fallito quanto quello precedente», dice Borin, e «il vero baratro non è ancora arrivato». Fiscal Compact, pareggio di bilancio: «Mi sembra che la direzione presa, se è stata presa, porterà inevitabilmente a un’Europa a due o più velocità, in cui nessuno ne trarrà profitto sul lungo termine». Particolare tragico: la politica non offre uno straccio di analisi. Di conseguenza, non ci sono soluzioni all’orizzonte. Le elezioni? Manca il punto principale: la crisi. Il disastro che è già arrivato e che esploderà in modo spaventoso, cancellando diritti e regalando fame, povertà e paura. Conclude Borin: «Mi chiedo in quale maniera il deprimente panorama politico possa esprimere un leader capace di onestà intellettuale e di coraggio per salvare la situazione».

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