lunedì 25 marzo 2013

Grillini di tutta Europa unitevi: obiettivo, elezioni 2014


Grillini di tutta Europa unitevi: obiettivo, elezioni 2014

«Non possiamo pensare di aver fatto tutto questo e rimanere qui, a Roma. Dobbiamo andare oltre, e l’obiettivo è Strasburgo, anno 2014, Parlamento Europeo: perché c’è una necessità simile a quella italiana e perché, se troviamo sponda in Europa, il cambiamento sarà epocale». Velleitario o visionario? Il vero obiettivo di Grillo, l’Europa, è diventato molto concreto, da quando la discussione sui “Meetup” ha abbattuto confini e lingue. Una rivoluzione? «Una specie di Sessantotto, che abbia come collante la Rete». Obiettivo, i paesi dell’Est – Slovacchia, Bulgaria, Romania – nonché Spagna, Portogallo e Grecia. «Questo intendo quando dico che abbiamo appena iniziato». I temi: ambiente,economia, decrescita. I gruppi a cui guarda, osservano Emiliano Liuzzi e Ferruccio Sansa, spaziano dagli “Indignados” iberici ai “verdi” tedeschi. Porte chiuse alla sinistra tipo “Syriza” e alla destra populista, da “Alba Dorata” al Front National francese. Meglio, come in Italia, «quei milioni di cittadini legati da battaglie comuni più che da ideologie e appartenenze».
Europei anche “moderati”, che finora non hanno trovato – o non hanno più – una casa politica, spiegano Liuzzi e Sansa sul “Fatto”, in un servizio ripreso Angela Merkelda “Megachip”. Giovani, ma non solo: come in Italia. «É ovvio che non sarà usato il marchio “5 Stelle”, ma i programmi e gli strumenti sono esattamente i medesimi: e in ogni paese troveranno i loro rappresentanti». Grillo, in Europa, divide la stampa. Manuel Castells, su “La Vanguardia”, tradotto in Italia da “Internazionale”, scrive come sia «chiaro il carattere sperimentale di questo progetto di antipolitica tradizionale». Arma vincente: «E’ stato sostenuto da milioni di persone e da gran parte dei giovani che si identificano con il desiderio di uscire dal vicolo cieco della manipolazione e dell’opacità della delega di potere: un fenomeno, quello della distanza tra la società civile e le istituzioni politiche, diffuso anche in Spagna», da dove nell’ottobre 2011 esplose la protesta degli “Indignados” poi dilagata ovunque e diluitasi fino al silenzio, in attesa di uno sbocco politico-elettorale.
«L’Italia, il paese che declina ogni fenomeno politico a suo modo, si è ritrovata così a non avere indignati per le strade, ma un movimento che nelle istituzioni voleva entrare», scrivono Liuzzi e Sansa. Ora la sfida è costruire un linguaggio comune «che unisca i movimenti dentro e fuori l’Europa». Un linguaggio «deciso nei toni», ma sempre rispettoso delle istituzioni: «Nessuna ospitalità – dice chi sta vicino a Grillo – a estremismi e, peggio, razzismi: perché i “vaffanculo” e i cori da “li mandiamo tutti a casa” non servono più, ora che c’è da entrare in Parlamento». All’estero, reazioni contrastanti: «L’Italia non ha soltanto fatto entrare i clown», dice su “Foreign Affairs” il professor Jonathan Hopkin, docente di politica comparata alla London School of Economics. Risponde in tono duro all’“Economist”, che aveva visto nell’avanzata di Grillo e nell’ennesima riconferma di Berlusconi, un’altra delle figuracce all’italiana. «Non è solo una sfida all’austerity, ma allo stesso sistema del partito tradizionale: la crisi Jonathan Hopkineconomica ha aiutato, ma l’offensiva di Grillo contro i politici italiani corrotti ed egoisti era partita già prima dell’inizio del declino».
«In tutta Europa – aggiunge Hopkin – l’adesione ai partiti politici ha raggiunto il livello più basso dalla Seconda Guerra Mondiale». Lo privano gli exploit dell’“Uk Independence Party”in Gran Bretagna, del “Partito Pirata” in Svezia, del partito anti-islamico di Geert Wilders in Olanda e di partiti populisti come il Front National francese. «L’Italia potrebbe fare da apripista a un cambiamento che interesserà l’Europa intera», sostiene Hopkin. Mai, fino ad ora, aveva vinto le elezioni un partito contro l’austerità in un paese europeo, da quando la grave crisi economica è arrivata nel vecchio continente. Dalla Spagna al Portogallo, ai governi che chiedono nuovi “sacrifici” si risponde via Facebook, citando Reagan: «Non sperate che la soluzione venga dal governo: il governo è il problema». Grillo punta il dito contro l’euro: «Voglio un piano-B per la sopravvivenza per i prossimi dieci anni. E poi, con un referendum, decidiamo». Piena sintonia con milioni di cittadini, che ormai percepiscono l’Unione Europea come un potere lontano e non amico. Per questo, lo “tsunami” grillino potrebbe fare da battistrada: mentre oggi tutti guardano al Parlamento italiano in affanno, c’è chi pensa già alle elezioni europee del 20

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