giovedì 18 aprile 2013

Quirinale, la piazza per Rodotà e contro l'accordo Pd-Pdl


Quirinale, la piazza per Rodotà e contro l'accordo Pd-Pdl

Protesta a Montecitorio. Piddini delusi e M5s lo acclamano. Attaccano Bersani. E gridano «all'inciucio col Caimano».


È surreale che tra la piccola folla radunata nella piazza di Montecitorio sin dall'inizio del primo scrutinio per eleggere il presidente della Repubblica, si faccia così fatica a trovare un solo sostenitore di Franco Marini. Ma sono introvabili anche quelli di Giuliano Amato, Massimo D'Alema, Sergio Mattarella e di tutti gli altri nomi «quirinabili» che sono stati snocciolati nelle ultime ore.
IL PRESIDIO PRO RODOTÀ. Le 200 persone che animano la mattinata romana all'ombra dei palazzi del potere appaiono scettiche, scocciate, deluse dalla politica. I più ottimisti fanno parte del nugolo di sostenitori di Stefano Rodotà, che lanciano decine di cori da stadio a supporto dell'ex presidente della Corte Costituzionale.
LA DELUSIONE DEI PIDDINI. Tra loro si mescolano sostenitori del Movimento 5 stelle. Ma anche ex iscritti e votanti del Partito democratico come la signora Franca, 72 anni ben portati, romana ed ex attivista di Pds e Ds. «Non voterò mai più il partito degli inciuci, siamo caduti troppo in basso», taglia corto con Lettera43.it. «Con Rodotà le cose possono cambiare, è una persona seria», gli fa eco Massimo, pensionato Cgil, che al Pd fino a qualche anno fa donava persino una piccola parte della sua pensione. «Ogni mese 50, 100 euro, per credere a un progetto che è miseramente fallito facendo l'accordo con il Caimano», sentenzia il disilluso ex militante democratico. La rabbia è palpabile. Tanto che qualcuno arriva persino a bruciare la tessera di partito.
LA RIVOLTA DEI GIOVANI. Accanto agli attempati supporter dell'ex garante della Privacy ci sono i rappresentanti di un'altra generazione, tutti 20enni o poco più. Sono i ragazzi del circolo dei Giovani democratici di Roma Tiburtino, quartiere orientale della Capitale. «Marini è il fallimento, Rodotà il cambiamento», hanno scritto su un cartello. «Così non funziona, siamo seccati dall'atteggiamento del nostro partito», dicono a chi chiede loro perché hanno voltato le spalle al segretario Pier Luigi Bersani.
CENNI DI INTESA COL M5S. «È inaccettabile», ragionano, «che il bene del Paese passi attraverso un accordo da vecchia politica con il nostro peggiore avversario». E quando il vicepresidente della Camera, il 27enne deputato del M5s Luigi De Maio esce da palazzo Montecitorio, si avvicina alle transenne i giovani agitano i cartelli, il dialogo e i cenni di intesa sembrano naturali. Qualcuno tra dei ragazzi romani del Pd azzarda: «Con voi abbiamo molte cose in comune…».

La rabbia dei sindaci dei piccoli Comuni: «Siamo al collasso, senza risorse»

Nella piazza dei delusi ci sono anche i sindaci, una quindicina, in rappresentanza dell'Associazione nazionali piccoli comuni, che raccoglie i municipi con meno di 5 mila abitanti. Ce l'hanno contro il sistema, contro Grillo, Berlusconi, Bersani e Monti. «Questi qui oggi prendono decisioni così importanti senza neppure conoscere cosa siano i piccoli comuni», urla Franca Biglio che è la presidente nazionale dell'associazione e sindaco del paesino di Marsaglia in provincia di Cuneo. «Siamo al collasso, senza risorse, con tanti primi cittadini che sono disperati e si dimettono. E questi ci tengono dietro le transenne qui in piazza, non accettano di dialogare con noi perché devono pensare a trovare chissà quali accordi…».

LA POLEMICA SULLE COMMISSIONI. La protesta giunge fino in parlamento e dopo qualche minuto si affacciano una decina di deputati grillini che provano a discutere con le fasce tricolori. Dialogo difficile. «Noi vogliamo iniziare a fare leggi anche per i piccoli Comuni», spiega il pentastellato Massimo Baroni, «ma ce lo impediscono perché non vogliono far partire le commissioni». Gli ribatte il sindaco di Pomarico, in porvincia di Matera, Peppino Casolaro: «Ma quali commissioni, qui bisogna far partire l'attività del governo, non bisogna intralciarlo come fate voi».

Due visioni diverse che fanno a fatica a collimare nonostante la propensione al dialogo dei grillini.
È più diplomatica Patrizia Terzoni, un'altra giovane parlamentare 5 stelle, che nel marasma di Piazza Montecitorio evita scivolosi faccia a faccia con i sindaci e si avvicina a una signora che abita nella periferia romana, preoccupata per il degrado della piazza nel suo quartiere. «Mi lasci il numero di telefono, vedremo come muoverci», la tranquillizza.

PARLAMENTARI ASSENTI. Fino all'ora di pranzo non c'è traccia dei parlamentari degli altri partiti, nonostante la folla li invochi a gran voce. «Venite fuori, venite fuori». Appello inascoltato. Si vede solo l'ex ministro Renato Brunetta che, accompagnato dalla scorta, fugge verso l'auto blu, lontano da occhi discreti.

Intanto arriva la notizia della fumata nera su Marini. Il boato di Piazza Montecitorio è altissimo. Ripartono i cori: «Rodotà, Rodotà, Rodotà».



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