venerdì 24 maggio 2013

Anche in Svezia la rivolta , le ragioni degli scontri della periferia di Husby


Svezia, le ragioni degli scontri della periferia di Husby

Disoccupazione. E mancanza di integrazione. Viaggio nel quartiere di Stoccolma centro della rivolta. 

Se non fosse per le vetrine rotte e le crepe, per i negozianti di Husby questo sarebbe un giorno tranquillo. Come sempre, d'altronde.
QUARTA NOTTE DI GUERRIGLIA. È la quarta sveglia dopo una notte di scontri nella periferia nord di Stoccolma. Che hanno portato a oltre un centinaio di automobili incendiate, giovani arrestati e feriti:
Shahnaz Darabi, una signora 40enne di origini iraniane, da 19 anni nella capitale svedese, sistema i vasi della sua fioreria, i cui vetri, per fortuna, non sono stati danneggiati. «Sono solo un mucchio di ragazzini senza lavoro e nient'altro da fare. Pensano sia divertente», dice a Lettera43.it indicando le carcasse delle automobili bruciate all'altro lato del vialetto.
Poco più in là il proprietario di una pizzeria mostra i sassi che ha raccolto all'interno del locale: il 22 maggio i manifestanti hanno preso di mira la sua vetrata. «Non riesco nemmeno a essere arrabbiato», spiega, «che senso avrebbe?».

Il sobborgo multietnico «pronto a esplodere»

Gli abitanti di Husby non sono abituati alla violenza. Il loro, dicono, è sempre stato un quartiere pacifico. Fatto di strade ampie e pulite e zone verdi. E di palazzoni squadrati costruiti grazie al Miljonprogrammet degli Anni 70, quando la politica dei socialdemocratici mirava a dare una casa a tutti a un prezzo accessibile.
IL TAM TAM SUI SOCIAL NETWORK.Eppure, i ragazzi che la sera riportano la cronaca degli scontri via Twitter e con i passaparola si organizzano per la notte successiva, sostengono che da tempo nel silenzio della periferia svedese si nasconde una polveriera pronta a esplodere.
«La politica ha abbandonato questa zona da tempo. Non è tra le loro priorità», commenta Ali Kassim, 25 anni, nel mezzo di un dibattito in Rete. Gli fa eco con un tweet Navid Ibrahimi, 26enne di origini afghane: «C'è una grossa differenza tra il centro di Stoccolma e la periferia. Chi vive in zone come Husby, Rinkeby, Tensta o Vårberg si sente trattato in modo diverso. Hanno fallito le politiche di integrazione».
OLTRE 80% DEI RESIDENTI HA ORIGINI STRANIERE. Per capire il senso di queste affermazioni bisogna dare uno sguardo ai dati sulla popolazione in città elaborati dal municipio di Stoccolma. Husby si presenta come un quartiere multietnico. Oltre l'80% dei suoi 12.203 abitanti ha origini straniere. Di questi il 47,9% è emigrato dall'Asia, il 33,1% dall'Africa, il 4,4% dal Sudamerica.
Sono soprattutto rifugiati politici che hanno ottenuto il diritto di asilo e, con esso, anche tutti i sussidi e i servizi offerti dallo Stato.
IL 30% DEI RAGAZZI NON STUDIA E NON LAVORA. Non sono queste statistiche, però, a rendere il quartiere problematico, bensì le percentuali relative ai tassi di disoccupazione e inattività: quasi il 10% della popolazione di Husby non ha un lavoro (contro il 2,5% del centro di Stoccolma) e il 30% dei giovani non studia e non è alla ricerca di un impiego. Con statistiche del genere è facile capire perché qui la tranquillità è apparente.

Il mito (fasullo) dell'integrazione svedese

Andreas Bergh, professore associato di Economia all'Università di Lund, nel suo libro Dalle periferie problematiche alle città eccellenti (Fores, 2012), utilizza senza problemi il termine «segregazione».
«La Svezia non ci sa fare con le politiche di integrazione nel mercato del lavoro», spiega. «Rispetto al resto dell'Europa il nostro Paese è quello con il divario più ampio tra svedesi e immigrati occupati. Gli immigrati qui hanno problemi a trovare un lavoro».
RIOT GUIDATI DA BANDE DI ADOLESCENTI. I riot nelle strade di Husby, secondo Bergh, si spiegano proprio a partire da questi dati. Li guidano soprattutto ragazzi tra i 15 e i 19 anni e, anche se la polizia e i giornali svedesi non ne specificano la nazionalità, i nomi - Ali, Rami, Ahmed - raccontano che i rivoltosi appartengono a quella parte di popolazione che a Stoccolma e in altre grandi città della Svezia, Malmö tra tutte, continua a vivere ai margini.
IL PIANO DI ESPULSIONE. Scontri tra giovani immigrati e polizia erano avvenuti nei mesi scorsi, nel centro della capitale. A marzo il piano per l'espulsione degli irregolari approvato dal governo aveva provocato controlli a tappeto nelle strade e in metropolitana e gli agenti furono accusati di fermare le persone sulla base di valutazioni razziste.
Accuse condivise da Bergh, secondo cui anche se le statistiche sulla propensione al razzismo vedono la Svezia agli ultimi posti non è detto che rispecchino i comportamenti reali. Non è un caso che il partito di estrema destra, Sverigedemokraterna, dopo essere entrato in parlamento aggiudicandosi 20 seggi alle elezioni 2010 ora è dato in costante crescita.
L'opinione diffusa tra chi vive a Husby è che molti immigrati vivano sulle spalle degli altri contribuenti.
LA RABBIA SFOGATA PER STRADA. «Se i genitori non riescono a integrarsi, per i ragazzi è ancora più difficile», continua la fioraia Shahnaz Darabi. «I figli siedono a casa di fronte alla televisione a guardare i programmi del proprio Paese natale, non imparano lo svedese, sono fuori dal mondo del lavoro e vivono con i sussidi che passa lo Stato». Poi, la sera, sfogano la rabbia nelle strade fino a tardi.
«Serve maggiore responsabilità», aggiunge. «Molti genitori non fanno nulla, pensano solo a come ottenere i benefit di mese in mese. Questo influenza i figli. Deve esserci un limite. Penso che lo Stato abbia già dato troppo», conclude, mentre finisce di sistemare in negozio.
E, rivolgendo uno sguardo oltre le vetrine, si chiede sospirando, quando tornerà tutto i ordine anche là fuori.


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