martedì 6 agosto 2013

Michele Serra: la sinistra si è arresa alla paura del futuro

Michele Serra: la sinistra si è arresa alla paura del futuro


Se è presuntuoso pensare che “senza sinistra non c’è futuro”, è però vero il contrario: senza un’idea di futuro, lasinistra muore. Radiografia impietosa, firmata da Michele Serra: la sinistra dà l’impressione di aver «trascurato apposta i suoi doveri e i suoi compiti, pur sapendo bene quali fossero, per viltà o per opportunismo». O peggio, la sua funzione storica si è esaurita «non per calcolo ma per inettitudine, per totale smarrimento». E dire che, dalla Rivoluzione Francese in poi, la sinistra è sempre stata «quella vasta area della politica e del pensiero che pretende di organizzare il cambiamento della società, prima interpretandolo e poi orientandolo: progettare il cambiamento è la sua stessa funzione, la sua ragione d’essere». L’impegno: migliorare quello che Marx chiamava “lo stato delle cose presente”, verso una società più giusta. «Si deve lavorare per cambiarlo. Si deve studiare come cambiarlo (in meglio, si intende) e attraverso quali leve, quali mezzi. Il mondo deve migliorare e la storia deve andare avanti».
Una separazione netta, benché schematica, tra conservatori e progressisti: «La destra era per la conservazione, lasinistra per il progresso». Quindi, Michele Serradire “qualcosa di sinistra” significa anticipare un cambiamento, favorirlo e provocarlo. Ma oggi, scrive Serra in un intervento su “Repubblica” ripreso da “Megachip”, la sinistra sembra aver perduto «la sola traccia profondamente identitaria» che ha sempre avuto, ovvero «la vocazione a cambiare “lo stato delle cose presente”». Proprio la modernità, la società dei consumi di massa denunciata dal conservatore Giuseppe Prezzolini e poi, «con ben maggiore potenza e disperazione dal comunista Pasolini», ha letteralmente spaventato la sinistra, tanto da suscitare al suo interno forti pulsioni conservatrici: «Più che l’impulso a progettare “un altro cambiamento”, ha pesato l’impulso a proteggersi da quello in corso. Ne è nata una sinistra-ossimoro, conservatrice e terrorizzata dai mutamenti in atto. Ed è soprattutto per questo, secondo me, che è così difficile dire “qualcosa di sinistra”: perché la sinistra ha perduto le parole del cambiamento, a partire dalla parola “cambiamento”. E dunque ha perduto le sue parole».
Per una breve stagione, è stato il pallido Bersani a provare a resuscitarle, quando ha detto – ai suoi – che «non c’è responsabilità senza cambiamento», pensando ovviamente a Grillo. Ma era solo tattica, peraltro perdente. Eppure, «in quanto capo della sinistra – aggiunge Serra – Bersani “sapeva”, direi istintivamente, che la domanda (tumultuosa, quasi smaniosa) di cambiamento uscita dalle urne non poteva che investire in pieno la sinistra, fisiologicamente: la richiamava bruscamente alla sua funzione tradita o comunque sbiadita». Rovesciandosi a valanga verso i Cinque Stelle, «la speranza di “cambiare le cose” per la prima volta abbandonava in misura così massiccia e così allarmante lasinistra italiana», incapace persino di «azzardare i connotati del futuro, ivi compreso il futuro prossimo», per il quale il movimento di Grillo e Casaleggio «affida al web una specie di palingenesi politica, e di reincarnazione dellademocrazia, che fa Bersaniimpallidire, per ingenuità, il mito della “futura umanità” forgiata “nei campi e nelle officine”».
Per capire se qualcuno sta dicendo davvero “qualcosa di sinistra”, è bene «valutare, sempre, se e quanto questa cosa contiene il proposito, e magari la capacità, di incidere nel futuro, anche un piccolo pezzo di futuro, e di immaginarlo più equo, e migliore». La sinistra, conclude Michele Serra, deve uscire dal recinto del timore che la paralizza da decenni: «La paura del cambiamento – qualunque sorpresa, qualunque incognita possa riservarci il futuro – è per lasinistra un indugio mortale. Ogni pigrizia conservatrice, dentro la sinistra e dentro le sue parole, parla prima di tutto di quella paura. Compresa la paura di sbilanciarsi, di dire cose azzardate, di sembrare stravaganti o ingenui o imprecisi. La paura dell’errore intellettuale. Ma per dire “qualcosa di sinistra” sarà obbligatorio, di qui in poi, ricominciare a rischiare. Chi si ferma è perduto. E chi tace acconsente».

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