giovedì 18 settembre 2014

E Draghi si arrese a Keynes: lo Stato torni a spendere

E Draghi si arrese a Keynes: lo Stato torni a spendere


Debito pubblico, spesa pubblica, deficit positivo. Tradotto: o lo Stato finanzia direttamente l’economia, o è la fine per tutti. Chi l’ha detto? John Maynard Keynes, ovviamente, il padre dell’economia democratica moderna. Ma la notizia bomba, rileva Paolo Barnard, è che la stessa identica verità l’ha finalmente ammessa l’uomo-simbolo dell’infinita austerity europea, il “signor no” per eccellenza, il massimo esponente della dottrina del rigore senza via di scampo: Mario Draghi, nientemeno. Una storica inversione di rotta, dice Barnard, esternata solo grazie a un cronista del “Wall Street Journal”: viceversa, «tutto questo non l’avremmo mai saputo, dai nostri quotidiani». La data “storica” è quella del 9 settembre, in cui Draghi ha presenziato all’Eurofi di Milano. Per dire, al giornalista statunitense, che – nonostante il dogma neoliberista ripetuto all’infinito, quello dell’autosufficienza del mercato – senza l’intervento dello Stato l’economia muore, come dimostra la crisi europea. «Mario, quanto ci hai messo! Ma come ci insegna il Figliol Prodigo… welcome fra noi».
«Alla fine neppure lui ce l’ha fatta», scrive Barnard nel suo blog. Lui, Draghi, definito «’sto cadavere telecomandato dal neofeudalesimo e cresciuto a Paolo Barnardscudisciate neoliberiste», la scuola austriaca della destra economica europea, quella di Friedrich von Hayek (lasciare i poveri in miseria, aiutarli solo quel tanto che basta per evitare che la loro rabbia si trasformi in rivolta) e la dottrina iperliberista di Milton Friedman, altro nemico giurato dello Stato come fondamentale istituzione economica a guardia del benessere della comunità nazionale. Cattivi maestri, «da cui escono anche gli Alesina, Serra, Taddei, Boldrin o Giavazzi», vale a dire «gli unici tordi rimasti al mondo della serie “l’euro ha fatto tutto giusto, guai mollarlo”, cui seguono sbadigli e sghignazzi di Goldman Sachs, Jp Morgan, Krugman e altri principianti di questa sorta». Per una volta, il sovranista Barnard canta vittoria: «Draghi ha fatto outing, e si è strappato la camicia mostrando sul petto il tatuaggio di John Maynard Keynes. Ebbene sì!». L’ha fatto, aggiunge Barnard, perché ormai sconfitto dai numeri impietosi della recessione europea.
Quello che di colpo sconfessa come un fallimento catastrofico dopo lunghi decenni di linea dura (e suicida), secondo Barnard è un Draghi «ormai fucilato alla schiena dalla Germania», che l’ha appena «bocciato a morte». Un Draghi «ormai sepolto da un’irrimediabile deflazione dell’Europa, cui non ha mezzi per rimediare». Un banchiere centrale «ormai umiliato come l’uomo che ha presidiato la distruzione di una civiltà economica». E a quanto pare si arrende all’evidenza, «senza più mezzi per fare nulla». Così, ha improvvisamente abbracciato Keynes, e insieme al grande economista inglese anche «la Mosler Economics, che è Keynes adattato al terzo millennio». Infatti, a Milano, Mario Draghi ha ammesso che «i governi devono agire con forza per incoraggiare gli investimenti, includendo garanzie Il presidente della Bce, Mario Draghidi Stato per le piccole e medie imprese», riassume Barnard. «E, quando i conti glielo permettono, i governi devono spendere soldi di Stato», checché ne pensino i liberisti  alla Giavazzi.
Inoltre, aggiunge Barnard citando Draghi, «solo se le politiche monetarie saranno affiancate da politiche strutturali e da politiche economiche di spesa di Stato, vedremo gli investimenti tornare in Ue», perché la Bce «non può fare tutto da sola». E’ esattamente quanto affermano Barnard e gli attivisti della Mmt, la Modern Money Theory sintetizzata dallo statunitense Warren Mosler: «Senza politiche economiche di spesa di Stato, la politica monetaria non può fare niente». Da almeno trent’anni, agitando lo spauracchio dell’inflazione, il super-potere dell’élite economica europea ha imposto, attraverso la finanza e la tecnocrazia di Bruxelles, l’amputazione progressiva dello Stato, a cui è stato tolto il potere di sostenere l’economia. Oggi, di fronte allo sfacelo dell’Europa, persino Draghi alza bandiera bianca. Meglio tardi che mai, dice Barnard, sostenitore del ritorno alla sovranità monetaria come unica possibilità di risollevare l’economia, ripristinando l’interesse pubblico e la capacità di investimenti strategici mediante iniezioni di denaro: non alle banche ma all’economia reale, puntando alla piena occupazione.

2 commenti:

  1. Prendiamo tutto per buono anche se i "grandi" economisti che da sempre montano in cattedra non hanno previsto la crisi ed hanno sbagliato sui tempi dell'uscita dalla stessa.
    Mi chiedo però: ma i soldi dove si prendono? Si fa altro debito? E chi ce lo coprirà mai più? Chi ci rinnova le cambiali?
    Ammettendo che si trovino i soldi, dove sono le regole che impongano di spenderli correttamente ed utilmente? Il debito che abbiamo accumulato deriva dal fatto che quando c'erano i soldi (vacche grasse) li abbiamo sperperati allegramente senza pensare al domani ovvero senza investirli in infrastrutture materiali, sia da parte del governo che dei privati.
    Prendendo ad esempio i paesi più industrializzati in Itali si spendeva poco più del 6% in assicurazioni per prevedere i rischi contro il 12,50% circa. La percentuale di rinnovamento degli impianti era al 13% circa contro il quasi 23%.
    I soldi dello stato di allora si sono dispersi in mille rivoli ed hanno perso l'effetto d'urto. Sono stati dissipati in piccole (ma anche grandi) opere inutili ed incompiute, in finanziamenti a pioggia ma che hanno arricchito col sistema delle tangenti politici, amministratori pubblici ed una serie di industriali e professionisti.
    Più recentemente, tanto per capire che nulla è cambiato, abbiamo come esempi macroscopici la Maddalena, L'Aquila,, il Mose, la Fiera di Milano. Per non parlare delle opere pubbliche in ritardi congeniti ad esempio la Salerno - Reggio Calabria.
    Quindi prima di spendere il denaro pubblico ci vogliono delle regole precise, ferree, funzionali ed una giustizia che le faccia rispettare, magari velocemente.
    Quanto ha detto John Maynard Keynes va inteso riferito ad uno stato sano ed efficiente, non in uno sgangherato come il nostro con 150.000 leggi e 250.000 avvocati. Non si possono estrapolare i detti di studiosi in genere ed inserirli in realtà diverse da quelle da loro teoricamente ipotizzate.
    Tornare alla lira, come dice qualcuno? Vuol dire, secondi gli "economisti" avere immediatamente una svalutazione del 30/40%. Lo Stato pagherà i suoi debiti con lo sconto di dette percentuali. E' un principio di economia enunciato sui più elementari testi di economia con il titolo "Inflazione provocata dallo Stato" per pagare i suoi debiti ed ottenuta, nella fattispecie, mediante lo "stampaggio" massiccio di denaro da immettere sul mercato.
    Nel nostro caso succederebbe che chi ha beni materiali (al sole, come si dive) quando tutto torna più meno alla normalità non hanno perso nulla, se non ci hanno addirittura guadagnato. Milioni di piccoli risparmiatori invece (conti e libretti bancari e postali, titoli di stato, obbligazioni, crediti in genere) avrebbero una perdita secca del 30/40%. Come a dire che chi paga sono sempre i soliti. Quando fu provocata l'inflazione in Germani i Krups ed altri come loro ne uscirono rinforzati, la gente comune fu alla fame.
    Certo, lo stato risana i suoi debiti e si rinforza ma alle spalle dei più deboli.
    Questo secondo me, senza scomodare i "grandi" economisti di grido, che agitano le loro teorie alla TV. Dove erano quando c'era di prevedere la crisi. Ed io dovrei ascoltare le loro teorie del senno di poi?

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  2. Prendiamo tutto per buono anche se i "grandi" economisti che da sempre montano in cattedra non hanno previsto la crisi ed hanno sbagliato sui tempi dell'uscita dalla stessa.
    Mi chiedo però: ma i soldi dove si prendono? Si fa altro debito? E chi ce lo coprirà mai più? Chi ci rinnova le cambiali?
    Ammettendo che si trovino i soldi, dove sono le regole che impongano di spenderli correttamente ed utilmente? Il debito che abbiamo accumulato deriva dal fatto che quando c'erano i soldi (vacche grasse) li abbiamo sperperati allegramente senza pensare al domani ovvero senza investirli in infrastrutture materiali, sia da parte del governo che dei privati.
    Prendendo ad esempio i paesi più industrializzati in Itali si spendeva poco più del 6% in assicurazioni per prevedere i rischi contro il 12,50% circa. La percentuale di rinnovamento degli impianti era al 13% circa contro il quasi 23%.
    I soldi dello stato di allora si sono dispersi in mille rivoli ed hanno perso l'effetto d'urto. Sono stati dissipati in piccole (ma anche grandi) opere inutili ed incompiute, in finanziamenti a pioggia ma che hanno arricchito col sistema delle tangenti politici, amministratori pubblici ed una serie di industriali e professionisti.
    Più recentemente, tanto per capire che nulla è cambiato, abbiamo come esempi macroscopici la Maddalena, L'Aquila,, il Mose, la Fiera di Milano. Per non parlare delle opere pubbliche in ritardi congeniti ad esempio la Salerno - Reggio Calabria.
    Quindi prima di spendere il denaro pubblico ci vogliono delle regole precise, ferree, funzionali ed una giustizia che le faccia rispettare, magari velocemente.
    Quanto ha detto John Maynard Keynes va inteso riferito ad uno stato sano ed efficiente, non in uno sgangherato come il nostro con 150.000 leggi e 250.000 avvocati. Non si possono estrapolare i detti di studiosi in genere ed inserirli in realtà diverse da quelle da loro teoricamente ipotizzate.
    Tornare alla lira, come dice qualcuno? Vuol dire, secondi gli "economisti" avere immediatamente una svalutazione del 30/40%. Lo Stato pagherà i suoi debiti con lo sconto di dette percentuali. E' un principio di economia enunciato sui più elementari testi di economia con il titolo "Inflazione provocata dallo Stato" per pagare i suoi debiti ed ottenuta, nella fattispecie, mediante lo "stampaggio" massiccio di denaro da immettere sul mercato.
    Nel nostro caso succederebbe che chi ha beni materiali (al sole, come si dive) quando tutto torna più meno alla normalità non hanno perso nulla, se non ci hanno addirittura guadagnato. Milioni di piccoli risparmiatori invece (conti e libretti bancari e postali, titoli di stato, obbligazioni, crediti in genere) avrebbero una perdita secca del 30/40%. Come a dire che chi paga sono sempre i soliti. Quando fu provocata l'inflazione in Germani i Krups ed altri come loro ne uscirono rinforzati, la gente comune fu alla fame.
    Certo, lo stato risana i suoi debiti e si rinforza ma alle spalle dei più deboli.
    Questo secondo me, senza scomodare i "grandi" economisti di grido, che agitano le loro teorie alla TV. Dove erano quando c'era di prevedere la crisi. Ed io dovrei ascoltare le loro teorie del senno di poi?

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