A Foggia, per recuperare il bottino di una rapina in banca, non basta presentare una denuncia, chiedere aiuto alla polizia o ai carabinieri.

Chi vuole avere indietro i soldi deve rivolgersi a un politico, a un onorevole. Precisamente al deputato socialista Lello Di Gioia, eletto nelle file del Pd e ora nel gruppo misto, da sempre amministratore pubblico di riferimento in città.

Questo almeno è ciò che raccontano le carte di Goldifinger, l'inchiesta che ieri ha fatto scattare su richiesta della procura di Foggia quattordici arresti per la banda del caveau che, tre anni fa, svaligiò la filiale del banco di Napoli, svuotando 165 cassette di sicurezza, con un bottino di 15 milioni di euro.

Secondo l'informativa della squadra mobile, l'onorevole Di Gioia si adoperò per far aver indietro una parte della refurtiva a una delle vittime della rapina, titolare di una delle tante cassette di sicurezza saccheggiate in quel colpo.


A Foggia, per recuperare il bottino di una rapina in banca, non basta presentare una denuncia, chiedere aiuto alla polizia o ai carabinieri.

Chi vuole avere indietro i soldi deve rivolgersi a un politico, a un onorevole. Precisamente al deputato socialista Lello Di Gioia, eletto nelle file del Pd e ora nel gruppo misto, da sempre amministratore pubblico di riferimento in città.

Questo almeno è ciò che raccontano le carte di Goldifinger, l'inchiesta che ieri ha fatto scattare su richiesta della procura di Foggia quattordici arresti per la banda del caveau che, tre anni fa, svaligiò la filiale del banco di Napoli, svuotando 165 cassette di sicurezza, con un bottino di 15 milioni di euro.

Secondo l'informativa della squadra mobile, l'onorevole Di Gioia si adoperò per far aver indietro una parte della refurtiva a una delle vittime della rapina, titolare di una delle tante cassette di sicurezza saccheggiate in quel colpo.



Attualmente, a Montecitorio Di Gioia presiede la commissione di controllo sugli enti di previdenza e assistenza sociale ed è membro della quinta commissione bilancio, tesoro e programmazione.

Il deputato in realtà è finito nelle indagini quasi per caso. La prima volta, una settimana dopo l'assalto al caveau, quando è stato fermato dalla polizia e identificato lungo una strada di Foggia verso l'ora di pranzo, insieme con il capo della banda, Olinto Bonalumi, detto Arsenio Lupin, e altri pregiudicati coinvolti nel colpo. Ma la sua amicizia e il rapporto di mediazione con la gang - secondo gli investigatori - sono emersi con chiarezza solo due mesi dopo.

È stata una cimice sistemata nell'auto di Bonalumi e Federico De Matteis (anche lui arrestato ieri) a svelare il ruolo dell'onorevole nella vicenda. Tutto avviene il 4 maggio del 2012, quando i due pregiudicati corrono verso un appuntamento per loro molto importante. E non sanno di essere intercettati. "Dobbiamo portare i soldi a quello... all'onorevole. Ci sta aspettando" dice Bonalumi a De Matteis. Qualche minuto dopo, la questura ascolta una telefonata tra Bonalumi e lo stesso Di Gioia: "Pronto, sì, tra un minuto sono davanti casa tua. Ah, busso? Ok".

A quel punto, l'auto si ferma proprio sotto casa del politico. Bonalumi scende e entra nel palazzo dove abita Di Gioia. Gli agenti all'ascolto si accorgono che i due sono molto agitati. E prima di uscire dalla macchina Bonalumi dice a De Matteis: "A questo dobbiamo assolutamente lasciarlo perdere". Passa quasi mezzora e il capo della banda torna in auto. Poi i due si recano solo per un attimo nel covo, un casolare di campagna, e tornano nuovamente dall'onorevole. Stavolta solo per pochissimi minuti. Secondo la polizia, il tempo necessario per consegnare parte della refurtiva. Annota ancora la squadra mobile: "Bonalumi risale sull'autovettura e si ode il crepitio di un sacchetto e contestualmente si sente De Matteis mandare baci con toni euforici". Il capo della banda esulta: "Con questi dobbiamo fare metà a testa, mi hanno tenuto tre ore per spiegarmi come le fanno. Vedi questa è di cinghiale. Questo è cotechino e lo devi mettere sul sugo!".

Per la mobile, "i due si riferiscono alla ricompensa avuta in cambio della restituzione di parte della refurtiva che identificano come un maiale da dividere. È agevole comprendere che il politico abbia potuto avere un ruolo di intermediazione per far recuperare una parte della refurtiva in possesso della banda e che per questo abbia fatto elargire loro un generoso compenso". Il deputato non è indagato. All'epoca dei fatti non sedeva in parlamento e non ricopriva incarichi pubblici, quindi non aveva nessun obbligo di denunciare la banda, né tantomeno è stato complice del furto. Ma secondo il rapporto della polizia, conosce e scende a patti coi delinquenti. Nell'operazione è stato arrestato Stefano Virgili, il "mago delle vedove", già membro della banda di Magliana e vicino a Massimo Carminati.