lunedì 9 marzo 2015

Neghiamo la verità, ci fa paura: è così che ci estingueremo

Neghiamo la verità, ci fa paura: è così che ci estingueremo


Abbiamo così paura della verità che stiamo per autodistruggerci: evitiamo di guardare in faccia il conto alla rovescia dellacatastrofe climatica, quindi rimandiamo ogni soluzione e ci consegniamo alla fine. Secondo gli scienziati più pessimisti, l’estinzione dell’umanità potrebbe essere vicinissima, addirittura fra 15 anni, nel 2030. «E’ opinione diffusa oggi che stiamo per vivere la sesta grande estinzione di massa nella storia del pianeta», avverte Robert Burrowes. «L’ultima è avvenuta 65 milioni di anni fa, quando scomparvero i dinosauri». Oggi? «Stiamo perdendo la biodiversità a un ritmo simile ad allora. Ma questa estinzione la stiamo causando noi stessi. E noi ne saremo una delle vittime. L’unico dubbio è quando avverrà esattamente. E questo dubbio – aggiunge Burrowes – è fondato sulla presunzione non dichiarata, e fortemente discutibile, che possiamo continuare ad evitare una guerra nucleare». A indicare il termine ravvicinatissimo del 2030 è uno scienziato come Guy McPherson, che parla di «crisi del clima ed estinzione umana a breve termine». La “tempesta perfetta” di attacchi ambientali che stiamo attualmente infliggendo al clima del pianeta «sono già molto oltre quello che la Terra possa sopportare e assorbire».
Secondo McPherson, «si verificheranno in successione dei crolli definitivi di sistemi e processi ambientali fondamentali – ovvero, perdita degli habitat – che daranno il via all’estinzione dell’homo sapiens». Non tutti condividono i termini temporali L'apocalisse ambientaledi questa prospettiva, premette Burrowes in un post tradotto da “Come Don Chisciotte”. Ma aggiunge che in ogni caso tutti concordano sullo stesso timore: stiamo per raggiungere dei “punti di rottura”, superati i quali la sopravvivenza degli uomini diventerà molto problematica. Johan Rockström e James Hansen spiegano che sono stati superati già tre dei nove “limiti planetari interconnessi”, relativi al clima, alla perdita di biodiversità e ai cicli biogeochimici. Il professor Kevin Anderson, vicedirettore del principale istituto britannico che studia i modelli climatici, il “Tyndall Centre for Climate Change Research”, lancia l’allarme: attualmente le emissioni sono fuori controllo e di questo passo andiamo verso un aumento della temperatura del pianeta di 6°. Anche l’“International Energy Agency” e altre organizzazioni simili prevedono, di questo passo, un aumento di 4° della temperatura globale entro il 2040. Anderson accusa anche molti studiosi climatici di rimanere troppo inerti di fronte alle valutazioni poco realistiche fornite dai vari governi.
Le valutazioni ufficiali, continua Burrowes, non considerano l’impatto sinergico dei vari attacchi combinati al clima, compresi quelli non legati al clima, ovvero «gli attacchi all’ambiente causati dalla violenza militare (che spesso lasciano vaste aree inabitabili), la distruzione delle foreste pluviali, l’agricoltura industriale, le attività minerarie, la pesca commerciale e la diffusione della contaminazione nucleare causata da Fukushima». Stiamo anche distruggendo sistematicamente le già limitate riserve idriche del pianeta, continua Burrowes. «Il che significa che la scarsità di acqua sta già diventando oggi una realtà per una parte della popolazione del pianeta, e che entro il 2020 assisteremo al crollo dei sistemi idrogeologici. Le attività umane attuali stanno già facendo estinguere ogni giorno circa 200 specie, tra mammiferi, pesci, uccelli e insetti; l’80% delle foreste del mondo e il 90% dei grandi pesci degli oceani sono già stati distrutti». Eppure, nonostante queste informazioni siano facilmente Guy McPhersondisponibili, «i governi continuano a spendere ogni giorno 2 milioni di dollari in violenza militare, il cui unico scopo è quello di terrorizzare ed uccidere esseri umani».
Forse, condede Burrowes, l’estinzione umana non avverrà fino al prossimo secolo. «Ma sia che parliamo di estinzione entro il 2030, il 2040 o anche per il prossimo secolo, resta il fatto che l’estinzione è una possibilità ben definita». Ci sta: dopo 200.000 anni di vita della specie, «sembra una cosa ragionevole chiamarla “estinzione a breve termine”». Inevitabile? Molto probabile, secondo Burrowes. «Ma non solo perché stiamo infliggendo alla nostra terra troppi colpi mortali. L’estinzione è inevitabile a causa delle paure umane, in particolare di quelle inconsce. La paura in noi stessi e negli altri di cui non ci si rende conto, ma che spesso determina tre capacità di importanza vitale in qualsiasi contesto: il centro dell’attenzione, la nostra capacità di analizzare adeguatamente le prove (se cioè concentriamo o meno su di esse la nostra attenzione) e il nostro comportamento in risposta a tale analisi». Esempio: «Se tu non sai che è la tua paura che non ti fa vedere dei fatti sgraditi, allora non noterai neanche che la tua attenzione è rivolta altrove e hai già dimenticato quello che hai Burrowesappena letto». Oppure, «la tua paura ti impedisce di analizzare adeguatamente le prove o di rispondere ad essa in modo intelligente».
La paura, ecco il problema: il timore di leggere correttamente la raltà, laddove è estremamente preoccupante. La paura «distorce la concentrazione mentale, la capacità di analisi e il comportamento dei leader di un paese, vale a dire i proprietari di aziende e dei loro lacchè burocratici, militari, d’informazione, accademici, politici e giudiziari». Inoltre, la verità è nemica del business: «In sostanza, è impossibile massimizzare i profitti di un’impresa in un mondo che contempla dei vincoli ambientali, siano essi dettati dalla propria sensibilità o imposti per legge; quindi sarà la paura a determinare l’attività aziendale disfunzionale, a prescindere dai suoi costi ambientali. E i dirigenti di un’azienda faranno in modo che i loro lacché politici e di altro genere non siano di ostacolo, poiché la paura che muove il loro comportamento è molto più profonda e forte delle paure legate all’ambiente. Ecco perché è inutile tentare di convincere i leader a modificare i loro comportamenti verso modelli di sostenibilità ambientale, di pace, di giustizia; è una totale perdita di tempo. E’ la loro paura che li blocca in ciò su cui sono concentrati, in quello che pensano e in quello che fanno; qualsiasi argomentazione, sia pure la più ragionevole ed evidente, non funzionerà per sbloccarli». Burrowes è pessimista: «Ce lo dice la storia: sarà la paura a impedirci di prendere in tempo utile delle misure adeguate». Questo almeno è il grande rischio che stiamo correndo, senza saperlo.

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