giovedì 25 settembre 2014

Creata la proteina che ferma il cancro: addio chemioterapia?

Creata la proteina che ferma il cancro: addio chemioterapia?
Creata la proteina che ferma il cancro: addio chemioterapia?
Creata la proteina che ferma il cancro: addio chemioterapia?
La scoperta di un team di ricerca dell'università di Stanford: create in laboratorio proteine "evolute" che possono fermare le metastasi. Come? In pratica, impedendo alle cellule tumorali di staccarsi dai "siti" originali


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La notizia è di quelle che potrebbero davvero cambiare il mondo. Un team di ricercatori dell'università di Stanford ha creato in laboratorio delle "proteine evolute" che potrebbero fermare la diffusione del cancro. Con questa terapia, ancora alla fase sperimentale, sono già state bloccate le metastasi del cancro al seno e alle ovaie nei topi usati come cavie. Da qui la speranza: (non tanto) presto la devastante chemioterapia potrebbe essere solo un ricordo.
Tralasciamo i termini troppo tecnici e proviamo a spiegarvi come funziona questa "scoperta". I ricercatori di Stanford hannosviluppato una proteina che sconvolge letteralmente il processo che induce le cellule a staccarsi dai "siti" tumorali originali e iniziare il loro mortale viaggio attraverso il flusso sanguigno. Così si eviterebbe l'aggressione da parte di queste cellule in altre parti del corpo. 
"La maggior parte dei pazienti che perdono la vita, non muoiono a causa del 'cancro originale', bensì a causa di forme metastatiche della malattia", ha spiegato Jennifer Cochran, professore associato di bioingegneria dell'università. 
Un documento che descrive la ricerca è stato pubblicato on-line il 21 settembre su Nature Chemical Biology. CJennifer Cochran and Amato Giaccia, professori di oncologia di radiazione, condividono la "paternità" di questo studio, il cui autore principale è Mihalis Kariolis, un loro ex studente, che oggi sta facendo un dottorato nel laboratorio di Giaccia. 
"Oggi i medici cercano di rallentare o fermare le metastasi con la chemioterapia, ma questi trattamenti sono purtroppo non molto efficaci e hanno gravi effetti collaterali" hanno spiegato dal team. Da qui la necessità di fermare le metastasi "senza effetti collaterali". Come? Impedendo a due proteine, chiamate Axl e Gas6, di interagire per avviare la diffusione del cancro.
Le proteina Axl, infatti, sono come delle setole che agiscono sulla superficie delle cellule tumorali grazie ai segnali biochimici che arrivano dalle proteine Gas 6. Quando le proteine Gas6 si collegano con le Axl, alle cellule tumorali arriva il segnale ti abbandonaer il sito del tumore originale.
Per fermare questo processo, Cochran ha creato una versione "innocua" di proteina Axlche agisce come un'esca: questa si attaccherebbe alle proteine ​​Gas6 nel sangue impedendo loro di collegarsi. 
"Questa è una terapia molto promettente che sembra essere efficace e non tossica negli esperimenti preclinici," ha detto Giaccia. "Si potrebbe aprire un nuovo approccio al trattamento del cancro".  Ora "ci attendono anni di lavoro per determinare se questa terapia proteica potrà essere usata per il trattamento del cancro negli esseri umani". 
L'iter sarà lungo e complicato: si dovrà prima aumentare la produzione del decoy Axl per generare materiale puro per i test clinici. Quindi i ricercatori dovranno eseguire test su altri animali al fine di ottenere l'approvazione per condurre la sperimentazione umana. "Sono passi costosi e che richiedono finanziamenti e tempo". Ma la speranza c'è: "Questi primi, promettenti risultati suggeriscono che l'approccio di Stanford potrebbe diventare un modo non tossico per combattere il cancro metastatico".  Parola di Glenn Dranoff, professore di medicina all'Harvard Medical School e "capo-ricercatore" presso il Cancer Institute Dana-Farber.

LA MAMMA DI RENZI E’ INDAGATA PER LA BANCAROTTA DELLA “EX” SOCIETA’ DI FAMIGLIA!

LA MAMMA DI RENZI E’ INDAGATA PER LA BANCAROTTA DELLA “EX” SOCIETA’ DI FAMIGLIA! 


CHI HA SPOGLIATO LA CHIL? – L’INCHIESTA SULLA BANCAROTTA DELLA EX SOCIETÀ DI FAMIGLIA SI ALLARGA ANCHE ALLA MADRE DI RENZI, CHE NE ERA SOCIO DI MAGGIORANZA
La Chil promozioni era divisa tra la madre e le sorelle del premier, finché non hanno venduto le loro quote al padre Tiziano, che a sua volta cede alla moglie il ramo principale della ditta. Il resto viene venduto, e fallirà poco dopo. I pm vogliono capire quanto sapessero le donne Renzi delle reali condizioni della Chil…
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Sara Menafra per “Il Messaggero
 Non è un’indagine ad orologeria, ha detto e ripetuto il procuratore capo di Genova Michele Di Lecce. E, infatti, i tempi dell’inchiesta che vede iscritto il padre del premier, Tiziano Renzi, sono stati quelli di una ”normale” verifica per una sospetta bancarotta fraudolenta, compreso il fatto che la notizia è saltata fuori solo quando l’indagato ha ricevuto l’avviso di proroga delle indagini. Il che non vuol dire, però, che la procura ligure non abbia intenzione di fare tutte le verifiche del caso.
E una delle direttrici che il procuratore aggiunto Nicola Piacente e il pm Marco Airoldi intendono seguire è il ruolo che nell’affare della spoliazione della piccola azienda Chil potrebbero aver avuto Laura Bovoli, madre del premier, e le due sorelle Matilde e Benedetta Renzi. E non solo perché in quanto membri della famiglia potevano conoscere le intenzioni di babbo Tiziano e l’effettivo stato di salute della Chil Post che tre anni dopo la vendita ha fatto bancarotta con debiti che arrivano a circa un milione e trecentomila euro.
IL PASSAGGIO
Anche se, il 2 agosto del 2007, fondano la nuova società Eventi 6, fino a metà 2009, quindi un anno prima della vendita, Laura Bovoli e le due figliole possiedono la totalità del capitale sociale della Chil Post. Mamma Laura è socio di maggioranza con 30.200 euro in tutto. Nella seconda parte dell’anno, le tre vendono tutte le loro quote a babbo Tiziano che l’8 ottobre deciderà di cedere il ramo principale della ditta, la Chil Promozioni, proprio alla moglie.
Di lì a sei giorni, il 14 ottobre 2010, c’è il passaggio di consegne incriminato: per soli 2000 euro Renzi passa quel che resta della Chil a Gian Franco Massone, anche se a gestire l’affare sarebbe stato il figlio di quest’ultimo, Mariano Massone (il padre non è indagato sebbene la sua firma risulti sul contratto) e amministratore delegato diventa Antonio Gabelli, anche lui indagato.
LE VERIFICHE
Cosa sapessero dello stato di salute della Chil Post quando inizia questa operazione Laura Bovoli e le due figlie, è uno dei punti che la procura intende chiarire e su cui la Guardia di finanza è stata delegata a fare accertamenti. L’altro punto essenziale per l’inchiesta genovese è ricostruire quando sia stato generato il debito da un milione e mezzo che ha condotto la Chil Post ad una veloce bancarotta.
Si sa che il mutuo della Banca di credito cooperativo di Pontassieve è precedente alla vendita ed era stato intestato a mamma Laura dall’ istituto di credito che vedeva tra i soci un fedelissimo dell’attuale premier, Matteo Spanò (che oggi presiede la stessa banca).
Ma anche molti creditori iscritti al passivo, spiegano di aver lavorato per la Chil solo fino al 2010 e che gli anni successivi li hanno passati a inseguire i nuovi amministratori, pur sapendo che la sede che avevano scelto a Genova non ha mai ospitato alcunché. E’ il caso della Genova Press che aveva affittato a Tiziano Renzi un piccolo locale commerciale per poi ritrovarlo spoglio persino dell’arredamento interno: «La sede era in pessime condizioni, erano state portate via persino le pareti mobili», spiega l’avvocato Ernesto Rognoni. Al momento della vendita, però, almeno formalmente la Chil Post aveva un valore di produzione da 4,5 milioni di euro e un capitale sociale di 60.400.
Due giorni fa, Tiziano Renzi ha scelto il suo legale. E’ Federico Bagattini, avvocato che ha già seguito il premier Matteo in un paio di occasioni. «E’ vero lo difendo, ma al momento non ho nulla da dire», spiega. E’ possibile però che presto babbo Tiziano scelga di dare la sua versione dei fatti in procura.

De Bortoli un suicidio le sanzioni alla Russia

De Bortoli  un suicidio le sanzioni alla Russia


«Renzi è la rovina dell’Italia», avrebbe confidato tempo fa Ferruccio De Bortoli ad alcuni amici. Notizia filtrata suimedia, poi indirettamente confortata dall’annuncio di Rcs: il direttore lascerà il “Corriere della Sera” nell’aprile 2015. Per fare politica? Lo ipotizza Gianni Gambarotta su “Formiche.net”, all’indomani dell’esplosivo editoriale di De Bortoli contro Renzi, dipinto come chiacchierone inconcludente, con in tasca l’accordo segreto con Berlusconi, il Patto del Nazareno, che “puzza di massoneria”. «È un passaggio molto intrigante e non è caduto per caso», dichiara Giancarlo Galli, saggista economico e editorialista di “Avvenire”, nonché autore di inchieste e libri che hanno messo in luce trame, ambizioni, rivalità e faide del ceto dirigente italiano. «La Toscana è una terra di forte e radicata tradizione massonica, così come gli Stati Uniti cui Renzi è frequentemente accostato». Ecco il punto: obbedendo a Obama nell’offensiva contro la Russia, Renzi sta gettando nel panico l’agonizzante imprenditoria italiana, che conta proprio sui mercati dell’Est. Pessimo affare, la “guerra” contro Putin. Avvertimento: il premier prenda nota, o sarà presto “scaricato”.
«Renzi non mi convince», scrive De Bortoli sul “Corriere” il 24 settembre. «Se vorrà veramente “cambiare verso” a questo paese dovrà guardarsi dal Ferruccio De Bortolipiù temibile dei suoi nemici: se stesso». Ha «una personalità egocentrica», che è «irrinunciabile per un leader» ma nel suo caso è «ipertrofica». Fatto «non irrilevante», visto che Renzi è «un uomo solo al comando del paese (e del principale partito), senza veri rivali». Vuol fare tutto da solo, e la sua squadra di governo «è in qualche caso di una debolezza disarmante»: il sospetto è che alcuni ministri «siano stati scelti per non far ombra al premier». In troppi casi «la fedeltà (diversa dalla lealtà) fa premio sulla preparazione, sulla conoscenza dei dossier», e additrittura «a prevalere è la toscanità», non il valore. La competenza? «Un criterio secondario». L’esperienza? «Un intralcio, non una necessità». L’irruenza può scuotere la “palude”, ma «non sempre è preferibile alla saggezza negoziale». Inoltre, «la muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan». Ovvero: «Un profluvio di tweet non annulla la fatica di scrivere un buon decreto».
Se Renzi è un oratore travolgente, «il fascino che emana stinge facilmente nel fastidio se la comunicazione, pur brillante, è fine a se stessa». Il marketing della politica? «Se è sostanza è utile, se è solo cosmesi è dannoso». E inEuropa, «meno inclini di noi a scambiare la simpatia e la parlantina per strumenti di governo, se ne sono già accorti». Attenzione: «Le controfigure renziane abbondano anche nella nuova segreteria del Pd, quasi un partito personale, simile a quello del suo antico rivale, l’ex Cavaliere». E qui sorge quello che De Bortoli definisce l’interrogativo più spinoso: «Il patto del Nazareno finirà per eleggere anche il nuovo presidente della Repubblica, forse a inizio 2015». Quindi «sarebbe opportuno conoscerne tutti i reali contenuti, liberandolo da vari sospetti (riguarda anche la Rai?) e, non ultimo, dallo stantio odore di massoneria». Ultimo consiglio al premier: «Quando si specchia al mattino, indossando una camicia bianca, pensi che dietro di lui c’è un paese che non vuol rischiare di alzare nessuna bandiera straniera (leggi Troika), e tantomeno quella bianca».
Il durissimo attacco di De Bortoli costituisce il punto culminante di un crescendo di critiche taglienti portate avanti dalle firme di punta di Via Solferino, scrive Edoardo Petti su “Formiche.net”. Prima Alberto Alesina e Francesco Giavazzi sulla strategia economica del premier, poi i corsivi di Antonio Polito, Ernesto Galli della Loggia e Pierluigi Battista. Ora, l’intervento a gamba tesa del direttore. Per Giancarlo Galli, l’asprezza di De Bortoli riflette «lo stato d’animo di un mondo imprenditoriale lombardo e italiano che, tranne l’eccezione della Fiat ormai pienamente americana, è preoccupato per l’eccessivo filo-americanismo del premier». Le sanzioni contro la Russia? «Quella è la punta dell’iceberg», sostiene Galli. «La classe economica del nostro paese ritiene che gli sbocchi privilegiati delle attività commerciali italiane siano i mercati orientali, Russi e asiatici in primo luogo. E per questo motivo ha giudicato malissimo la politica muscolare perseguita dal presidente del Consiglio verso Mosca, da cui importiamo energia e soprattutto gas metano. Comparto fondamentale, in cui gli Usa si apprestano a far concorrenza alla Russia attraverso la ricerca e raffinazione dello “shale gas”». In più, aggiunge Galli, gli industriali italiani guardano con timoreGiancarlo Galliall’offensiva del premier contro l’articolo 18 e i sindacati: «Potrebbe creare una fase di turbolenza negli ambienti di lavoro, ed è l’ultima cosa di cui gli imprenditori hanno bisogno».
Di fatto, scrive Gianni Gambarotta, Renzi e il suo modo di far politica sono stati demoliti: col suo editoriale, De Bortoli ha tagliato i ponti col palazzo che oggi conta. Dunque si dimostrano infondate «le voci che puntasse, dopo l’uscita da via Solferino nell’aprile prossimo, a una presidenza Rai». De Bortoli «non si prende nemmeno il disturbo di accennare, nel suo tacitiano articolo, al centro di potere che ruota attorno ai suoi editori». Ormai «gioca una sua partita di direttore di quotidiano libero da ogni vincolo». Ma che cosa ha in mente per il futuro? «Un futuro che si immagina ancora lungo e intenso, dato che Fdb ha solo 60 anni, e in 40 di brillante carriera ha dimostrato di essere un eccellente professionista e di amare molto illavoro». Gambarotta ricorda che di De Bortoli si parlò come possibile sindaco di Milano dopo Gabriele Albertini. Non se ne fece nulla, «però quella mezza idea di tanti anni fa potrebbe essere ripescata dal cassetto, e magari non solo a livello locale», conclude Gambarotta. «La politica italiana di oggi è un immenso nulla nel quale rimbombano i bla-bla-bla di Renzi. In questo vuoto una personalità come de Bortoli sarebbe un gigante».


mercoledì 24 settembre 2014

Il golpe dei mille giorni, Renzi continua a prenderci in giro

Il golpe dei mille giorni, Renzi continua a prenderci in giro


In una situazione di emergenza nazionale in cui sia indispensabile compiere determinate mosse, è legittimato un governo emergenziale transitorio, privo di mandato popolare, che si insedii per fare immediatamente quelle poche cose necessarie, diciamo in cento giorni, e poi si vada alle elezioni, per passare dalla legittimazione emergenziale a quella democratica, che è quella normale. Un governo così non è più legittimo, ma commette un colpo di Stato, se non fa quelle cose ma converte il proprio termine da cento giorni a mille giorni oltre quelli che è già stato in carica, cioè se si converte da governo transitorio in governo di legislatura e medio termine, come se avesse avuto il mandato popolare. Ancor più ciò è vero se quel governo è il terzo governo emergenziale di fila senza mandato popolare. Aggiungiamo che questo governo emergenziale e non eletto è anche il terzo governo di fila che persegue certe determinate politiche economiche e sotto cui i fondamentali dell’economia stanno peggiorando, assieme alle prospettive economiche.
Aggiungiamo ancora che tutti questi governi sono stati nominati e sostenuti specificamente nelle loro politiche economiche dal medesimo Capo dello Napolitano e RenziStato, sia pure su indicazioni o direttive straniere; onde qualora anche questo governo dovesse fallire e andarsene, quel medesimo Capo di Stato dovrebbe andarsene insieme ad esso, perdendo la faccia. Perciò è da temersi che farà di tutto per difenderlo nonostante i suoi insuccessi e la sempre più chiara illegittimità politica del suo premier. Renzi o chi per lui ha impostato la sua politica su due tempi: nel primo tempo, fino alle elezioni europee, l’obiettivo era raccogliere quanto più consenso popolare possibile suscitando aspettative a brevissimo termine; per poi usare, nel secondo tempo, questo consenso così ottenuto come legittimazione per restare a lungo al potere pur avendo tradito quelle aspettative.
Così abbiamo avuto, nel primo tempo: a) la promessa di una grande riforma al mese – poi irrealizzata; b) la promessa di cambiare le regole dell’Ue soprattutto in punto di vincoli di bilancio – poi tradita con la piena adesione al rigoremerkeliano e alla linea di Monti; c) l’attrazione di voti con la mancia degli 80 euro, che ora si scopre finanziata con prelievi da altre parti; d) la promessa di estensione a tutti di questa mancia, che ora Renzi ammette irrealizzabile; e) la promessa di rottamare i vecchi e di adottare le primarie come metodo per le elezioni degli enti territoriali – nettamente tradita con le nomine e conferme di uomini di apparato, senza primarie, ma con logica “ripartitoria”, soprattutto in Toscana; f) l’immagine vincente di attivismo, forza, sicurezza di sé, velocità – che ora si scoprono come modi per svolazzare intorno ai problemi, dando l’impressione di averli in pugno tutti ma senza affrontarne e trattarne realmente alcuno: l’unica possibilità per un Marco Della Lunainetto; g) la promessa di dimettersi se non avesse mantenuto le suddette promesse.
Tutte queste ingannevoli promesse hanno nondimeno prodotto un raccolto di voti europei per il Pd, grazie a cui oggi Renzi può dire: è andata come è andata, i tempi si allungano, ma comunque io ho avuto il 41% dei consensi, quindi sono legittimato a governare; passiamo al passo dopo passo, ci prendiamo (ulteriori) mille giorni da oggi, realizzeremo il programma, giudicateci dopo. E questo si chiama barare. Quanti voti avresti preso, Renzi, se la gente avesse saputo che avresti tradito tutte le promesse in base alle quali ti votava? E poi: i voti per il Parlamento Europeo, come fai a convertirli in voti politici nazionali? E anche: che maggioranza avresti ora, e avresti avuto ieri in Senato, se Berlusconi non avesse il guinzaglio elettrico dei suoi processi e dell’affidamento in prova al servizio sociale, se cioè fosse politicamente libero? E’ grazie a questi fattori a dir poco anomali, a dir poco incostituzionali, che resti ancora sulla poltrona e che sei riuscito a mettere le mani sulla Costituzione, cincischiando con riforme sterili, mentre l’economia si sfascia sempre di più.

martedì 23 settembre 2014

Perchè,le donne vivono piu' degli uomini

Perchè,le donne vivono piu' degli uomini

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Marito e moglie stanno guardando la tv quando lei dice ‘Sono stanca, è tardi, penso che andrò a letto’…

Va in cucina a preparare i panini per l’indomani.
Sistema le tazza per la colazione, estrae la carne dal freezer per la cena del giorno dopo, controlla la scatola dei cereali, riempie la zuccheriera, mette cucchiai e piattini sulla tavola per la mattina successiva.
Poi mette i vestiti bagnati nell’asciugatore, i panni nella lavatrice, stira una maglia e sistema un bottone, prende i giochi lasciati sul tavolo, mette in carica il telefono, ripone l’elenco telefonico e da l’acqua alle piantine.
Sbadiglia, si stira e mentre va verso la camera da letto, si ferma allo scrittoio per una nota alla maestra, conta i soldi per la gita, tira fuori un libro da sotto la sedia e aggiunge tre cose alle lista delle cose urgenti da fare.
Firma un biglietto d’auguri per un’amica ci scrive l’indirizzo e scrive una nota per il salumiere e mette tutto vicino alla propria roba.
Va in bagno, lava la faccia, i denti, mette la crema antirughe, lava le mani, controlla le unghie e mette a posto l’asciugamano. ‘Pensavo stessi andando a letto’…. commenta il marito!!!
Ci sto andando’, dice lei.
Mette un po’ d’acqua nella ciotola del cane mette fuori il gatto, chiude a chiave le porte e accende la luce fuori. Da’un’occhiata ai bimbi, raccoglie una maglia, butta i calzini nella cesta e parla con uno di loro che sta ancora facendo i compiti.
Finalmente nella sua stanza. Tira fuori i vestiti e scarpe per l’indomani, mette la vestaglia, programma la sveglia e finalmente è seduta sul letto.
In quel momento, il marito spegne la tv e annuncia: ‘Vado a letto’.
Va in bagno, fa la pipì’, si gratta il sedere mentre da un’occhiata allo specchio e pensa: ‘ che PALLE domani devo fare la barba’…. e senza altri pensieri va a dormire.
Niente di strano non vi pare???? Ora chiedetevi perché le donne vivono più a lungo!!!
Perché sono fatte per i percorsi lunghi (e non possono morire perche’ prima hanno molte cose da fare). dedica questo link alle donne fenomenali che conosci e magari anche a qualche uomo che non fa mai male.
E poi??????????????????????? PUOI ANDARE A LETTO! :-)))))

lunedì 22 settembre 2014

Isis, finto nemico. Obiettivo: negare il petrolio alla Cina

Isis, finto nemico. Obiettivo: negare il petrolio alla Cina


Trasformare la regione petrolifera in un teatro permanente di guerra, per sabotare il business del petrolio. Europa, Cina e India avranno sempre più bisogno di oro nero, mentre l’America potrebbe rendersi autonoma dal greggio nel giro di 6-7 anni. Lo sostiene Marcello Foa, che ritiene credibili i ripetuti annunci, di tono quasi trionfalistico, che accreditano gli Stati Uniti di riserve sterminate di “shale oil”, il petrolio che si ottiene con la frantumazione idraulica di rocce bituminose. Proprio questo calcolo motiverebbe la politica apparentemente folle di Obama, disposto a una lunga guerra in Medio Oriente contro l’ultima “creatura” della Cia, il Califfato dell’Isis. «La lotta al terrorismo è diventata una guerra perpetua al terrorismo», e la crescente instabilità dei paesi arabi, dal Golfo Persico al Nordafrica, comporta «conseguenze pesantissime per noi europei, che viviamo non lontano da quelle zone, e per tutti coloro – europei ma anche cinesi e indiani – che del petrolio mediorientale hanno bisogno». Se va in fiamme il business del greggio, coi prezzi alle stelle, e l’America resta immune dal contagio, ne otterrà un immenso vantaggio geopolitico. «Capito l’arcano?».
Quando, oltre dieci anni da, Giulietto Chiesa dava alle stampe “La guerra infinita” (Feltrinelli), prima coraggiosa indagine sulle menzogne ufficiali Barack Obamadell’11 Settembre funzionali all’imposizione imperialista del “Nuovo Secolo Americano”, i media mainstream si guardavano bene anche solo dal riportarne le tesi. Oggi, dopo anni di crisicatastrofica e focolai di guerra accesi praticamente ovunque, un editorialista in doppiopetto come Foa può permettersi si far sentire la sua voce indipendente dalle pagine del “Giornale”, attraverso il suo blog. «Sieti sicuri di aver capito cosa sta accadendo in Iraq e perché Obama abbia dichiaratoguerra all’Isis?». Siamo seri: «L’Isis non esce dal nulla ma è un “mostro” religioso e militare che proprio gli Usa e alcuni alleati strategici come il Qatar e l’Arabia Saudita negli ultimi due anni hanno incoraggiato e sostenuto». E’ l’erede di Al-Qaeda, il nemico di ieri. «Poi è venuto il tempo delle rivoluzioni colorate», a carattere popolare in Tunisia e in Egitto, deflagrate in guerra civile prima in Libia e poi in Siria. «Guerradurissima, spietata e sporca. Combattuta da chi? Da eroici rivoltosi sunniti siriani? Solo in parte».
In Siria, a scendere in campo contro Assad sono stati «soprattutto guerriglieri provenienti da altri paesi, motivati dal denaro, dalla disperazione e dall’esaltazione religiosa». Una forza opaca, «composta dalle milizie che avevano combattuto in Iraq e che avevano contribuito a rovesciare Gheddafi». Fanatici ultra-religiosi, ammiratori di Al-Qaeda. «Ovvero, quell’estremismo terrorista che l’Occidente in teoria combatte dal 2001. Ma, si sa, le regole della politicainternazionale non corrispondono a quelle della morale e le alleanze possono essere molto flessibili. Certi nemici, all’occorrenza, possono diventare amici. E così è stato. Arabia Saudita e soprattutto Qatar hanno fornito aiuti finanziari, gli americani e verosimilmente i turchi assistenza militare e fornitura d’armi. A posteriori – continua Foa – Hilllay Clinton si è addirittura rammaricata che l’aiuto fosse stato troppo timido. E nel frattempo l’America era stata sul punto di attaccare la Siria che era stata accusata da tutti di aver usato armi chimiche contro i ribelli, un attacco a cui si oppose con successo Putin con ottime La guerra civile in Siriaragioni: oggi sappiamo che a usare le armi chimiche furono proprio i ribelli che l’Occidentesmaniava di soccorrere. Quali ribelli? Quelli dell’Isis».
La guerra civile si è prolungata, Assad non è caduto e nella primavera del 2014 i guerriglieri dell’Isis, ben armati e ben finanziati, hanno cercato nuovi sbocchi: «Hanno girato i cannoni e i blindati e hanno iniziato a scorazzare verso sud-ovest, puntando l’Iraq filoamericano, spingendosi fino alle porte di Baghdad e di Mosul, mentre l’America lasciava fare». Fino a ieri, «Obama snobbava l’Isis, o più verosimilmente faceva finta». Come dire: sono giovani teste calde, non ci preoccupano. «Per lunghe settimane Washington ha lasciato fare, decidendosi tardivamente a sostenere il governo iracheno e decisamente controvoglia, ovvero con pochi raid. Intanto Qatar e sauditi continuavano a finanziare l’Isis». Poi, nelle ultime settimane, l’accelerazione: i media hanno iniziato a occuparsi quotidianamente dell’Isis, diffondendo storie umane agghiaccianti, racconti di stupri, violenze, brutalità, fino a quando sono state diffuse le drammatiche immagini della decapitazione dei due giornalisti americani. Così, «l’Isis è diventato improvvisamente il problema numero uno». L’opinione pubblica occidentale? «Scioccata, di fronte a immagini terribili». E indotta, ovviamente, «a invocare una reazione forte contro i fanatici». Si sa: «La gente comune non segue le sottigliezzeMarcello Foageostrategiche, non conosce gli antefatti, ma reagisce emotivamente a immagini “che parlano da sole”».
Obama, seguendo uno schema classico dello “spin”, ha risposto all’accorato appello di centinaia di milioni di americani giustamente preoccupati, «annunciando una guerra che sarà naturalmente “lunga”» e capace di coinvolgere, nello sforzo finanziario, «proprio quei paesi, Qatar e sauditi, che fino a ieri avevano finanziato l’Isis». Sicché, «nuovo ribaltamento di fronte: gli ex nemici, poi diventati amici, ora tornano ad essere nemici; anzi molto nemici. Gente da annientare». Risultato: Golfo Persico, Medio Oriente e Nordafrica sono in fiamme, «a oltre 11 anni dalla “guerra lampo” che avrebbe dovuto liberare l’Iraq». Disordine, violenza e morte divampano ovunque: dalla Libia a Gaza, passando per l’Egitto, la Siria, l’Iraq. E gli americani, guardacaso, «si trovano “costretti” ancora una volta a portare la liberazione, impiegando, in quello che appare un moto ormai perpetuo, la loro forza militare». Nel lontano 2002, Giulietto Chiesa l’aveva annunciata, col nome di “guerra infinita”. Oggi, il mainstream continua a evitare di collegare tra loro i singoli fotogrammi. E Foa aggiunge una possibile chiave di lettura: gli Usa infiammano il petrolio del Medio Oriente per toglierlo ai cinesi. E’ il piano per il “Nuovo Secolo Americano”: dall’attentato alle Torri Gemelle, di strada ne ha fatta parecchia.

giovedì 18 settembre 2014

E Draghi si arrese a Keynes: lo Stato torni a spendere

E Draghi si arrese a Keynes: lo Stato torni a spendere


Debito pubblico, spesa pubblica, deficit positivo. Tradotto: o lo Stato finanzia direttamente l’economia, o è la fine per tutti. Chi l’ha detto? John Maynard Keynes, ovviamente, il padre dell’economia democratica moderna. Ma la notizia bomba, rileva Paolo Barnard, è che la stessa identica verità l’ha finalmente ammessa l’uomo-simbolo dell’infinita austerity europea, il “signor no” per eccellenza, il massimo esponente della dottrina del rigore senza via di scampo: Mario Draghi, nientemeno. Una storica inversione di rotta, dice Barnard, esternata solo grazie a un cronista del “Wall Street Journal”: viceversa, «tutto questo non l’avremmo mai saputo, dai nostri quotidiani». La data “storica” è quella del 9 settembre, in cui Draghi ha presenziato all’Eurofi di Milano. Per dire, al giornalista statunitense, che – nonostante il dogma neoliberista ripetuto all’infinito, quello dell’autosufficienza del mercato – senza l’intervento dello Stato l’economia muore, come dimostra la crisi europea. «Mario, quanto ci hai messo! Ma come ci insegna il Figliol Prodigo… welcome fra noi».
«Alla fine neppure lui ce l’ha fatta», scrive Barnard nel suo blog. Lui, Draghi, definito «’sto cadavere telecomandato dal neofeudalesimo e cresciuto a Paolo Barnardscudisciate neoliberiste», la scuola austriaca della destra economica europea, quella di Friedrich von Hayek (lasciare i poveri in miseria, aiutarli solo quel tanto che basta per evitare che la loro rabbia si trasformi in rivolta) e la dottrina iperliberista di Milton Friedman, altro nemico giurato dello Stato come fondamentale istituzione economica a guardia del benessere della comunità nazionale. Cattivi maestri, «da cui escono anche gli Alesina, Serra, Taddei, Boldrin o Giavazzi», vale a dire «gli unici tordi rimasti al mondo della serie “l’euro ha fatto tutto giusto, guai mollarlo”, cui seguono sbadigli e sghignazzi di Goldman Sachs, Jp Morgan, Krugman e altri principianti di questa sorta». Per una volta, il sovranista Barnard canta vittoria: «Draghi ha fatto outing, e si è strappato la camicia mostrando sul petto il tatuaggio di John Maynard Keynes. Ebbene sì!». L’ha fatto, aggiunge Barnard, perché ormai sconfitto dai numeri impietosi della recessione europea.
Quello che di colpo sconfessa come un fallimento catastrofico dopo lunghi decenni di linea dura (e suicida), secondo Barnard è un Draghi «ormai fucilato alla schiena dalla Germania», che l’ha appena «bocciato a morte». Un Draghi «ormai sepolto da un’irrimediabile deflazione dell’Europa, cui non ha mezzi per rimediare». Un banchiere centrale «ormai umiliato come l’uomo che ha presidiato la distruzione di una civiltà economica». E a quanto pare si arrende all’evidenza, «senza più mezzi per fare nulla». Così, ha improvvisamente abbracciato Keynes, e insieme al grande economista inglese anche «la Mosler Economics, che è Keynes adattato al terzo millennio». Infatti, a Milano, Mario Draghi ha ammesso che «i governi devono agire con forza per incoraggiare gli investimenti, includendo garanzie Il presidente della Bce, Mario Draghidi Stato per le piccole e medie imprese», riassume Barnard. «E, quando i conti glielo permettono, i governi devono spendere soldi di Stato», checché ne pensino i liberisti  alla Giavazzi.
Inoltre, aggiunge Barnard citando Draghi, «solo se le politiche monetarie saranno affiancate da politiche strutturali e da politiche economiche di spesa di Stato, vedremo gli investimenti tornare in Ue», perché la Bce «non può fare tutto da sola». E’ esattamente quanto affermano Barnard e gli attivisti della Mmt, la Modern Money Theory sintetizzata dallo statunitense Warren Mosler: «Senza politiche economiche di spesa di Stato, la politica monetaria non può fare niente». Da almeno trent’anni, agitando lo spauracchio dell’inflazione, il super-potere dell’élite economica europea ha imposto, attraverso la finanza e la tecnocrazia di Bruxelles, l’amputazione progressiva dello Stato, a cui è stato tolto il potere di sostenere l’economia. Oggi, di fronte allo sfacelo dell’Europa, persino Draghi alza bandiera bianca. Meglio tardi che mai, dice Barnard, sostenitore del ritorno alla sovranità monetaria come unica possibilità di risollevare l’economia, ripristinando l’interesse pubblico e la capacità di investimenti strategici mediante iniezioni di denaro: non alle banche ma all’economia reale, puntando alla piena occupazione.