sabato 28 gennaio 2012


IL PERSONAGGIO

Alfano, amicizie pericolose

Chi è Rivellini, pluri indagato che ospita il segretario Pdl.

di Enzo Ciaccio
Nel centrodestra napoletano in molti si chiedono preoccupati se non sarebbe opportuno che qualcuno spiegasse al segretario nazionale del Popolo della libertà Angelino Alfano chi sia Crescenzio Rivellini. L'europarlamentare, ex Alleanza nazionale, ex Futuro e libertà e ora berlusconiano, è stato più volte indagato dai magistrati di varie procure. Probabilmente Alfano non conosce il passato di «Enzo» Rivellini, che il 30 gennaio ospita a Napoli il segretario del Pdl per la presentazione libro di Alfano, La mafia uccide d’estate.
ALFANO OSPITE DEI BRIGANTI. Nel partito degli onesti si sono chiesti se il segretario non fosse stato avvertito della condanna per bancarotta subita da Rivellini e di che cosa lo attenda in Campania. Alfano, la cui presenza è stata confermata il 26 gennaio dallo stesso «Enzo», è destinato infatti a farsi ospitare a Palazzo Partanna da un pluri indagato e da Mezzogiorno di fuoco, l'associazione della cosiddetta Lega dei briganti, una sorta di anti bossismo in chiave sudista.
E di occasioni per parlare con Alfano ce ne sarebbero pur state, visto che in contemporanea con le parole di Rivellini, Nitto Palma, neo commissario del Pdl campano per la gestione del dopo Cosentino, aveva indetto una conferenza stampa.

Pericolo di una gaffe politica e mediatica

Nessuno nel partito vuole criminalizzare Rivellini. Però l’inquietudine cresce. Come la paura di inciampare in una micidiale gaffe politica e mediatica.
L’eurodeputato anti Lega Nord che voleva imporre ai consiglieri regionali campani di «firmare il cartellino», vanta un fisico asciutto, longilineo, i candidi capelli vaporosi e fluenti, le cravatte sgargianti, un eloquio fluido che a Bruxelles ha di recente tracimato in un discorso tenuto in rigoroso dialetto napoletano. La performance, incomprensibile per i colleghi europei, ha suscitato entusiasmo del leghista Mario Borghezio che ha plaudito al «coraggio separatista» del napoletano.
La compagna di Rivellini, Bianca D’Angelo, imprenditrice, è stata eletta in Consiglio regionale con quasi 15 mila voti. Lui, quando si candida, viaggia invece sul filo delle 100 mila preferenze.
TRUFFE E DANNI ALLO STATO. Forza elettorale a parte, il problema (ingombrante e delicato) è che all’eurodeputato non sono finora mancati i dispiaceri giudiziari. Sotto indagine per truffa aggravata ai danni dello Stato e falso ci è finito quando era consigliere in Regione Campania per colpa di una storia di rimborsi chilometrici.
I magistrati - informati da un teste, il politico Salvatore Ronghi, oggi nel Movimento per le autonomie - si erano talmente convinti che Rivellini e altri tre consiglieri avessero presentato certificati falsi per far risultare le loro residenze assai lontane dalla sede di lavoro (così da acquisire il diritto ai mega rimborsi), da chiederne addirittura gli arresti domiciliari, poi ritenuti superflui dal giudice.
L'OMBRA DELLA CAMORRA IN RECAM. Dal 2 marzo 2006 Rivellini sarebbe andato a vivere a Falconara Albanese, nei pressi di Cosenza. C’è da precisare che da queste accuse (a 39 mila euro ammontava la somma che avrebbe indebitamente intascato) lui si è sempre difeso strenuamente: «Nessuno mai mi ha chiesto chiarimenti e sono da sempre residente fuori Napoli».

L'ombra della camorra nella carriera di amministratore del politico

Ma coinvolgimenti giudiziari gli sono piovuti addosso anche a causa del suo incarico di amministratore delegato della Recam (oggi Astir), una società pubblica regionale che avrebbe dovuto occuparsi di bonifiche e che è stata accusata di aver affidato servizi anche a ditte in odore di camorra.
Fu Rivellini a nominare nel 2003 come direttore tecnico della Recam Antonio Scialdone, 39 anni, di Vitulazio, che poi è diventato direttore del Consorzio unico di bacino Napoli-Caserta, figlio del Consorzio Ce4 per i magistrati «intriso» di collusioni e affari illeciti.
Nel 2009 Scialdone è poi approdato al consorzio unico di bacino e a nominarlo - nell'occasione - fu Enrico Fabozzi, consigliere regionale del Partito democratico di recente arrestato con l’accusa di aver favorito il clan dei Casalesi.
APPALTI A CHI NON HA REQUISITI. Da direttore tecnico della Recam (che oggi lamenta i conti in profondo rosso), Scialdone è stato accusato di aver affidato nel 2004 la gestione dei rifiuti di Nola dei Regi Lagni a una società, la Sem, che non aveva i requisiti e che - secondo la procura - avrebbe smaltito falsificando i codici.
La Sem - per la direzione distrettuale antimafia - sarebbe riconducibile al cognato del boss Domenico Belforte, capo del clan dominante a Marcianise, che la userebbe per pulire il suo denaro sporco. Scialdone, insieme con gli esponenti del clan Belforte, è stato oggetto di un decreto di sequestro dei beni.
In svariati documenti sindacali, i lavoratori della Recam hanno accusato Rivellini e gli altri dirigenti di «assunzioni clientelari, acquisti scellerati» e tanto altro ancora.
MAZZETTE NASCOSTE NEI RIFIUTI. Il nome di Rivellini è comparso - ma dopo lunghe indagini per lui è stata chiesta l’archiviazione - anche in una vicenda relativa a una maxi-tangente di 400 mila euro pretesa in cambio del diritto di sversare i rifiuti nella discarica di Lo Uttaro nel Casertano: la mazzetta sarebbe stata trasportata - come ha riferito l’imprenditore Pietro Amodio, titolare di una rivendita di auto di lusso a Caserta - da Casagiove al Centro direzionale di Napoli in contanti nascosti dentro i rifiuti.
A ritrovarsi il dito puntato addosso furono un boss di camorra condannato all’ergastolo (tal Antimo Perreca), un funzionario del consorzio Ce3, Scialdone e Rivellini, all’epoca consigliere regionale. L’imprenditore Amodio giurò di aver consegnato la forte somma a Scialdone, e raccontò anche di un’autovettura che - secondo il teste - era destinata alla moglie di Rivellini.
CONDANNA PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA. Verità o finzione? L’europarlamentare del Pdl ha ammesso di aver conosciuto Scialdone, ma ha negato di averlo mai favorito. Le accuse dell’imprenditore casertano non sono state comunque corredate da prove adeguate. Perciò, per l’inquietante vicenda è stata chiesta l’archiviazione.
Di Rivellini si è occupata anche la guardia di finanza di Benevento nel 2009, a proposito di una società («Ma all’epoca già non me ne occupavo più», si è difeso l’accusato) che avrebbe percepito contributi pubblici senza averne diritto.
Una condanna, invece (a tre anni e sei mesi, per bancarotta fraudolenta), Rivellini l’ha subita in primo grado nel 2007 dal tribunale di Sciacca. Riguarda il crac, in concorso con altri, della società Gorigomma.

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