giovedì 16 maggio 2013

C'è la crisi, ma per l'Afghanistan Roma trova i soldi,360mln di euro


C'è la crisi, ma per l'Afghanistan Roma trova i soldi

L'Italia taglia tutto, ma investe 360 mln nel conflitto. In Ue solo la Germania paga di più. 

La situazione in Afghanistan è ormai fuori controllo, sotto il profilo militare come sotto quello economico: gli attacchi contro le truppe Nato sono in continuo aumento, mentre i costi della missione internazionale crescono in misura tale che al momento nemmeno gli Stati Uniti sono in grado di calcolarli.
L’allarme giunge direttamente da Washington ed è contenuto in un rapporto governativo ufficiale consegnato ai presidenti dei due rami del Congresso e di tutte le Commissioni.
Nel documento Gao-13-218sp, redatto dal Government accountability office (Gao) e reso noto di recente, si parla anche del ruolo finanziario dell’Italia.
DALL'ITALIA 360 MLN DI EURO. Il nostro Paese deve pagare la propria quota anche oltre il limite del 2014 fissato in precedenza, e deve versare tra il 2015 e il 2017 un totale di 480 milioni di dollari (circa 360 milioni di euro) solo per pagare l’addestramento dell’esercito afghano, oltre alle 'normali' spese della missione che riguardano i nostri soldati.
Ma il contributo è destinato a crescere oltre gli impegni presi, perché il rapporto spiega che i costi futuri della missione non sono disponibili nemmeno al Pentagono, mentre si comincia a parlare dell’impossibilità per le truppe straniere di lasciare il Paese asiatico.
LA SCONFITTA NEL BOLLETTINO. Il Gao è l’autorità del governo Usa che riunisce i compiti che da noi appartengono della Corte dei conti e della Ragioneria dello Stato: fare le pulci ai bilanci, ma anche valutare nel merito l’efficacia della spesa pubblica.
Il rapporto sulla sicurezza in Aghanistan, intitolato Key oversight issues (Supervisione delle questioni chiave), è una specie di bollettino di una sconfitta, militare ed economica.
Spiega intanto come sia impossibile parlare per ora di una strategia d’uscita dalla guerra, nonostante i proclami dei governi occidentali.
NESSUNA IPOTESI PER IL RITIRO. Infatti, uno dei compiti svolti dalle truppe alleate, italiane comprese, è quello dell’addestramento delle forze di sicurezza di Kabul, un totale di circa 300 mila uomini. Il documento spiega che l’obiettivo massimo fissato era quello di poter valutare le singole unità militari afghane come «indipendenti», ovvero capaci di operare da sole senza l’appoggio di truppe straniere.
Ma il Gao annuncia che, visto il livello di queste truppe, l’obiettivo massimo è stato abbassato a «indipendente con consiglieri militari», quindi i soldati afghani per ora continuano ad avere le balie americane, inglesi, canadesi o italiane. Ciò significa che di ritiro delle truppe straniere, italiane comprese, al momento è impossibile persino parlare.

  • Gli investimenti futuri degli Usa e degli altri Paesi in Afghanistan. In blu il contributo Usa; in verde il contributo non Usa incluso l'Afghanistan; in bianco gli investimenti non ancora stanziati (Fonte: Gao).

Situazione sempre più tesa per attacchi

Il rapporto del Gao è spietato e racconta come «la situazione della sicurezza in Afghanistan, valutata in termini di numero di attacchi condotti dal nemico, si è deteriorata dal 2005, danneggiando le operazioni di ricostruzione degli Stati Uniti e dei loro alleati».
Ma il dato più inquietante risiede ancora una volta nelle forze armate afghane, che non solo sono male addestrate, ma diventano ogni giorno più pericolose per le stesse truppe della Nato.
FUOCO SUL PERSONALE USA. A pagina 17 della relazione inviata al Congresso si legge infatti che «gli attacchi interni (insider attacks) contro il personale americano e della coalizione sono aumentati, sollevando il problema di compiere sforzi per proteggere il personale americano che lavora con le forze di sicurezza afghane».
Sono proprio i militari afghani che sempre più spesso aprono il fuoco contro i soldati della Nato al loro fianco.
Episodi che avvengono senza preavviso, magari in momenti di riposo e che mietono sempre più vittime, anche se molte volte non vengono resi noti dai comandi alleati.
LA COLPA È DELLO STRESS. Il rapporto racconta che il Pentagono e la Nato hanno individuato, come cause principali di questi attentati, «lo stress e le convinzioni ideologiche di militari che pure non hanno mai avuto contatti con i ribelli (insurgents) afghani». E il Gao aggiunge che se i vertici militari non prendono rapidamente contromisure, sempre più i soldati alleati della Nato sono destinati a essere uccisi o feriti dai loro stessi alleati.

  • Il numero degli attacchi interni (insider attacks) dal 2007 al 2012 (Fonte: Gao).

Non c'è spazio per la ricostruzione, solo per la sicurezza

Il rapporto espone le cifre di una missione che ormai sembra non avere più alcun senso al di fuori del mantenere in piedi se stessa.
Dal 2002 al 2012, complessivamente gli Stati Uniti hanno speso in Afghanistan oltre 500 miliardi di dollari, per gli aspetti militari, diplomatici, civili e di ricostruzione.
Ma quest’ultima parola, «ricostruzione», in realtà non ha quasi riscontri pratici. Infatti, finora (ma è anche la stima per i prossimi cinque anni) le spese militari e per la sicurezza hanno assorbito il 71% del budget, mentre il governo e la burocrazia afghana ne hanno consumato il 26%.
Così, per gli aspetti «umanitari» è stato speso appena il 3% dei soldi versati dagli Usa nel calderone afghano. Percentuali analoghe riguardano gli alleati, ovvero Germania, Italia, Regno Unito, Canada, Australia e via via tutti gli altri, impegnati per quota proprio in questo ordine.
IL 90% DELLE SPESE PAGATE DAGLI USA. Gli Usa finora hanno coperto oltre il 90% dei costi totali, ma il loro impegno, hanno già chiarito in sede Nato, deve diminuire.
Ecco dunque che agli alleati viene chiesto di mettere sul piatto più soldi. Nel complesso, finora, questi Paesi hanno speso almeno 50 miliardi di dollari, ma il rapporto non fornisce dati più precisi per il passato. Difficile ricostruire anche da documenti italiani quanto l’Afghanistan sia costato ai nostri contribuenti: le spese infatti sono spezzettate in mille voci di bilancio, anno per anno.
L'ITALIA DEVE PAGARE FINO AL 2017. Quel che invece è certo è che, per il solo addestramento delle forze armate afghane (quindi senza contare i costi dei nostri soldati e della missione nel complesso) l’Italia si è impegnata a pagare 480 milioni di dollari tra il 2015 e il 2017, divisi in tranche di 160 milioni l’anno: al cambio di oggi, si tratta di un totale di circa 360 milioni di euro solo per finanziare l’esercito di Kabul.
La spesa italiana tra il 2013 e il 2014 non è invece dettagliata, ma dovrebbe aggirarsi attorno ai 120-150 milioni di euro in due anni.
MENO SOLDI DA WASHINGTON. Il Gao nel suo rapporto prima di tutto sollecita il Pentagono a fare studi accurati, finora mai compiuti, sulle previsioni di spesa per i prossimi anni. Quindi ricorda che l’impegno economico americano è destinato a calare e dunque gli alleati come l’Italia devono, già dal 2015, aumentare il proprio per sostenere l’esercito afghano.
Il governo di Kabul, spiega ancora il Gao, ha promesso di sborsare nei prossimi anni circa 500 milioni di dollari per le proprie truppe: ma si tratta di una promessa che difficilmente il presidente Hamid Karzai, o chi per lui, può mantenere, visto che la cifra promessa è circa un quarto del Prodotto interno lordo dell’Afghanistan.
Italia e alleati devono dunque farsi carico anche di eventuali buchi nel bilancio militare di Kabul con risorse che, per il momento, nessuno ha individuato e che dunque vanno reperite con nuove tasse o tagli alla spesa pubblica interna del nostro Paese.



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