sabato 10 marzo 2012

La Coca Cola cambia colore, sostituito il 4-methylimidazole


La Coca Cola cambia colore, sostituito il 4-methylimidazole 

La Coca Cola cambia colore, sostituito il 4-methylimidazole
© JEWEL SAMAD/AFP
La Coca Cola cambia colore, ma non il rosso a cui tutti pensano, bensì il colore del liquido famoso in tutto il mondo.
La California ha aggiunto nel gennaio 2011 il composto4-methylimidazole, presente nel colorante utilizzato dalla Coca Cola, alla lista delle sostanze che rischiano di provocare il cancro. Coca Cola ha così dovutomodificare la formula segreta, riducendo la presenza del composto incriminato, il che ha modificato leggermente il colore della bevanda. Il 4-methylimidazole è un composto del caramello, un colorante usato proprio per dare il tipico colore scuro alle bevande.
L'intervento della corporation è avvenuto anche in seguito alle pressioni dell'associazione a tutela dei consumatoriCenter for Science in the Public Interest, che ha avviato una petizione rivolta alla Food and Drug Administration per vietare alcuni coloranti presenti nelle lattine di Coca Cola e Pepsi. Un rappresentante della Coca-Cola ha spiegato che:
"Siamo certi che non c’è alcun rischio per la salute pubblica che giustifichi questo cambiamento, ma abbiamo chiesto ai nostri fornitori di caramello di adeguarsi così che i nostri prodotti non siano obbligati a riportare un’etichetta che mette in guardia su qualcosa che non ha fondamento scientifico".

Parigi, in vendita il nido d'amore di Alain Delon e Romy Schneider. 780 metri quadrati a 60.000 euro al m² 

Parigi, in vendita il nido d'amore di Alain Delon e Romy Schneider. 780 metri quadrati a 60.000 euro al m²
© ANGELI/LAPRESSE
Oltre 700 metri quadrati spalmati su tre piani, 375 di terrazze affacciate sulla Tour Eiffel, due suite padronali e sei stanze da letto, sei bagni, cucina professionale, palestra, hammam, tre cantine e due garage. Ultimo, ma non meno importante, è stato il nido d'amore di Alain Delon e Romy Schneider. Ci sono tutti gli ingredienti per spiegare il record raggiunto dall'appartamento al numero 42 dell'Avenue du Président-Kennedy, messo in vendita per la modica (si fa per dire) cifra di 46 milioni di euro, circa 60.000 per ogni metro quadrato.
Nella capitale francese il prezzo del mattone comincia a stabilizzarsi dopo anni di crescita continua, culminati con la cifra record di oltre 8.300 euro al metro quadro raggiunta a fine 2011. Non conosce crisi invece il segmento rappresentato dalle case di lusso, grazie soprattutto alle manie di grandezza dei nuovi ricchi (russi e arabi su tutti).

The Road We've Traveled, documentario su Barack Obama



The Road We've Traveled, documentario su Barack Obama 

The Road we've travelled, cioè la strada che abbiamo percorso, è il documentario elettorale di 17 minuti commissionato dalla Casa Bianca al regista premio Oscar Davis Guggenheim, lo stesso del film di Al Gore sul cambiamento climatico.
Il documentario inizia con una domanda retorica, recitata da Tom Hanks:
"Come facciamo a capire questo presidente e il suo lavoro? Dobbiamo leggere i titoli giorno dopo giorno, oppure bisogna ricordare quello che noi, come Paese, abbiamo attraversato?"
La sfida di Barack Obama è raccontare in modo più esteso i suoi tre anni alla guida del Paese. I problemi che ha dovuto affrontare, soprattutto quelli economici, e gli sforzi compiuti per superarli. Il trailer di 2 minuti è stato diffuso, la presentazione ufficiale della versione integrale avverrà la seconda settimana di marzo.
La voce narrante è quella di Tom Hanks, accompagnata dai racconti e dalle testimonianze dei diretti protagonisti della stagione politica USA. C’è Joe Biden che racconta i drammatici momenti in cui Obama ha dato l’ordine di catturare Osama Bin Laden, il braccio destro di Obama, il baffuto David Axelrod, che racconta le enormi difficoltà dei primi briefing dedicati all’economia; Rahm Emanuel, il suo ex capo staff, oggi sindaco di Chicago, che spiega quanto fosse complicato stabilire le priorità dei problemi e anche Liz Warren, l’ex Consumer Protection Financial Bureau, oggi in lizza per un posto di parlamentare, che rivendica la scelta di Obama di salvare l’auto "Made in Detroit".

Diabolik compie cinquant'anni


Un genio del male di mezza età, ma che genio: Diabolik compie cinquant'anni 

Diabolik sarà il re indiscusso dell'imminente edizione diCartoomics, Salone del Fumetto, Cartoons, Co­splay, Fantasy e Collezioni­smo, che si tiene dal 16 al 18 marzo a Fieramilanocity: per lui la casa editrice Astorina allestisce la mostra "Cinquant'anni vissuti diabolikamente" e un numero speciale con 160 nuove tavole. Il genio del male compie infatti cinquant'anni: il 1 novembre del 1962 uscì il primo fumetto tascabile ideato dalle sorelle milanesi Angela e Luciana Giussani, che osservando i pendolari della Stazione Centrale s'inventarono un piccolo albo di 12 centimetri per 7 che avrebbe colonizzato le tasche della nazione.
Diabolik è un ladro di gran classe, non un Robin Hood - ruba ai ricchi per vivere una vita sfarzosa - ma nelle sue avventure sfida la società meschina e cinica, fiancheggiato dalla bellissima Eva Kant e rincorso dall'ispettore Ginko. Senza identità (sopravvive bambino a un naufragio e viene allevato su un'isola da una banda di criminali) prende il suo nome da una pantera imbalsamata, studia le più affinate tecniche assassine in Oriente e si nasconde dietro una guaina nera che lascia intravvedere solo i suoi occhi penetranti: Diabolik è quanto di più distante dal buonismo e dai superpoteri degli eroi Marvel. 

Salone di Ginevra 2012, i protagonisti e le novità dell'appuntamento più atteso nel mondo dell'auto


Salone di Ginevra 2012, i protagonisti e le novità dell'appuntamento più atteso nel mondo dell'auto 

Si apre nel giorno della festa della donna l'82 edizione del Salone internazionale dell'automobile di Ginevra. L'appuntamento più atteso dell'anno per il mondo dell'auto presenta tante novità nei vari segmenti di mercato. Se tra le supercar la regina è senza dubbio la Ferrari F12 Berlinetta, ultima arrivata della casa di Maranello, nel 2012 il settore più attivo sembra quello delle compatte. Renault presenta Zoe, prototipo di elettrica capace di percorrere 160 km con un pieno delle batterie, mentre Citroen dedica una versione speciale della DS all'otto volte campione del mondo di rally Sebastien Loeb. Toyota invece mostra al mondo la Yaris Hybrid (con motore elettrico abbinato a propulsore a benzina da 1,5 litri e 100 CV). Da segnalare anche la nuova Polo Blue GT (1,4 litri e 140 CV) con l'innovativo sistema ACT capace di disattivare uno dei quattro cilindri quando non ci sia necessità di tutta la potenza a disposizione.
Ma all'edizione 2012 del Salone si vedranno soprattutto diversi tentativi delle case di uscire dagli schemi. Se Fiat presenta la 500L, modello a metà tra una monovolume ed un Suv costruita partendo dalla storica utilitaria, Ford svela la B-Max. L'idea di Ford è quella di incrementare le possibilità di carico laterali e di sfruttare al meglio le opzioni offerte dagli interni modulabili. La casa americana sceglie per questo di integrare il montante centrale nelle porte anteriori ed in quelle posteriori scorrevoli, soluzione che permette di ottenere un unico vano di accesso nell'abitacolo. Grandi spazi ma consumi ridotti, la B-Max è equipaggiata infatti con i motori più recenti della produzione Ford. Tra le soluzioni spicca l'EcoBoost da un litro, che nella versione 120 CV ha il primato di emissioni ridotte (114 g/km) e minor consumo medio (4,9 litri ogni 100 km).

venerdì 9 marzo 2012

Afghanistan, aerei italiani per trafficare droga?


Afghanistan, aerei italiani per trafficare droga?

9 marzo 2012versione stampabile
Enrico Piovesana
Finora, per quieto vivere, i vertici militari Usa hanno chiuso un occhio, se non due, sulla condotta criminale di molti ufficiali della forze armate afgane e sui traffici illeciti in cui sono coinvolti.
Ora la musica sembra cambiare, forse anche a seguito delle crescenti tensioni tra truppe d’occupazione americane e forze armate locali, esacerbate dalle recenti uccisioni di soldati Usa da parte di militari afgani (in gergo militare ‘Green on Blue’) durante le proteste per i Corani bruciati.
Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, le autorità militari Usa in Afghanistan hanno aperto un’approfondita inchiesta su un traffico di droga e armi gestito da ufficiali dell’aviazione afgana che, godendo del sostegno di diversi esponenti governativi a Kabul, utilizzerebbero regolarmente velivoli militari dell’Afghan Air Force.
Oltre agli elicotteri militari di produzione russa, per questi traffici potrebbero essere impiegati anche gli aerei da trasporto italiani G-222 che Alenia (Finmeccanica) ha venduto all’aeronautica afghana attraverso una triangolazione con gli Stati Uniti (volta ad aggirare la legge 185/90 che vieta la vendita di armi a Paesi in guerra).
Il centro di smistamento principale di questo traffico sarebbe la rampa n.5 dell’aeroporto militare di Kabul, definita da un ufficiale Nato come “la stazione centrale delle attività illecite”: un’area dello scalo aereo fuori dalla competenza Nato dove di notte transitano velivoli militari afgani senza piani di volo.
Proprio la scoperta dei traffici illeciti alla rampa n.5 sarebbe stata alla base dell’uccisione, un anno fa, di otto militari e contractor americani da parte del colonnello dell’aeronautica afgana Ahmed Gul. Secondo un recentissimo rapporto Usaf, l’ufficiale afgano voleva eliminare i testimoni che erano pronti ad accusarlo.
Sarà interessante vedere come gli afgani reagiranno a queste accuse, tenuto conto che anche sugli americani gravano sospetti di coinvolgimento nel narcotraffico afgano con l’uso di velivoli militari: sospetti pesanti (visti anche i trascorsi della Cia in Indocina durante la guerra in Vietnam e nello stesso Afghanistan negli anni ’80), ma finora mai tradottisi in accuse circostanziate.

Gli "invisibili" che possono cambiare l’Italia


 Gli "invisibili" che possono cambiare l’Italia

sabato 4 febbraio 2012
IL CASO/ Gli invisibili che possono cambiare l’ItaliaFoto Imagoeconomica


Il Nord-Est (che normalmente indica il territorio che comprende il Veneto, il Friuli Venezia Giulia e il Trentino Alto Adige) costituisce uno dei punti di forza e insieme uno degli esempi più efficaci del cammino di crescita dell’Italia degli anni del miracolo economico. Una terra tradizionalmente di emigrazione, che era stata progressivamente emarginata dai grandi traffici commerciali, con grandi tradizioni culturali, ma sostanzialmente priva di un tessuto industriale, ha saputo in pochi anni realizzare una trasformazione che si può facilmente considerare epocale.
Piccole botteghe artigiane hanno avuto la capacità di trasformarsi in grandi complessi industriali, territori isolati dal mondo hanno visto crescere realtà divenute dei colossi mondiali, attività fortemente innovative hanno saputo marciare di pari passo con un progressivo rafforzamento dei settori tradizionali, grandi imprese hanno saputo consolidare una rete di subfornitura che ha creato a sua volta nuove aziende capaci di crescere autonomamente. Dalla Luxottica alla Marzotto, da Zanussi a Benetton, da Snaidero a Illy, ci sono mille esempi di come il Nord-Est abbia rappresentato, magari inconsapevolmente, un terreno che si è dimostrato ideale per unire insieme gli elementi che possono fare il successo di un’impresa: la passione imprenditoriale, la capacità di chi vi lavora, il sostegno, magari silenzioso, del territorio nella sua dimensione politica e sociale.
Tutto questo nonostante uno scenario esterno che non facilita per la carenza delle infrastrutture, per la pesantezza della politica nazionale, per i vincoli burocratici, amministrativi, fiscali. Probabilmente nel Nord-Est ha giocato qualche elemento di fondo inesistente in altre parti d’Italia: la tradizione di sobrietà e di correttezza amministrativa ereditata dall’Imperial Regio Governo e una complicità nascosta tra imprese, sindacati e pubblici poteri, una complicità (anche se nessuno lo può ammettere esplicitamente) che faceva chiudere un occhio sulla correttezza fiscale quando l’impresa si impegnava a far crescere l’occupazione.
È anche vero che la realtà del Nord-Est esiste solo se vista dall’esterno, come rappresentazione in fondo teorica di una dimensione che, alla prova del tempo, non possiede requisiti di unitarietà, di logiche comuni, di politiche solidali. Trento e Trieste sono unite solo dalla tradizionale retorica irredentistica, ma non hanno nulla che le unisca a livello economico o politico, o almeno non di più di quanto unisca Bolzano a Bologna o Udine a Milano.
Il Nord-Est non esiste è in fondo la provocazione di Daniele Marini, direttore della Fondazione Nord Est, nel suo ultimo saggio (che uscirà in libreria l’8 febbraio) “Innovatori di confine: i percorsi del nuovo Nord Est” (ed. Marsilio, pagg. 142, € 10). “Hanno ragioni da vendere - scrive Marini - quanti sostengono che il Nord Est non esiste come entità unica e unitaria”, ma resta il fatto che quel territorio compreso tra il Garda, il Po, l’Adriatico e i sempre più evanescenti confini con Slovenia e Austria ha costituito e continuerà a costituire in futuro, non solo una realtà visibile e positiva, ma anche un laboratorio per delineare i possibili nuovi caratteri di sviluppo e crescita della società italiana.

Allora bisogna ripartire tenendo conto che comunque “i fattori propulsivi” che avevano nei decenni passati spinto la crescita ora sono giunti al limite, come scrive Marini, e si è passati “dalla grande disponibilità di manodopera al calo demografico, alla carenza di lavoratori locali; dalla gestione familiare delle imprese, alla difficoltà nel passaggio generazionale; da una campagna progressivamente urbanizzata e libera, a un territorio saturo negli spazi e nelle infrastrutture”.
Ma insieme a questi elementi gli ultimi anni del secolo scorso e i primi anni di questo Terzo millennio hanno comunque messo in luce una grande trasformazione, addirittura una metamorfosi, sia dello scenario esterno, con l’irrompere tumultuoso della globalizzazione, sia degli equilibri interni con la crescente immigrazione, la ricerca di nuove forme di coesione sociale, la trasformazione della consolidata adesione ai valori e al mondo cattolico.
Allora quale potrà essere il futuro del Nord-Est? Un’area sempre più integrata al resto del Paese e quindi omogenea con la realtà nazionale, oppure una dimensione in modi diversi caratteristica e quindi con elementi forti di identità locale. Probabilmente gli schemi di un tempo non sono più adatti a interpretare il presente e a delineare il futuro. Con un tema di fondo che, con molto significato, conclude l’analisi di Marini: il futuro starà anche e soprattutto nella capacità delle classi dirigenti di guidare forme nuove di crescita, più aperte, più fondate sulla qualità, maggiormente capaci di innovazione a 360 gradi.
In verità la formazione e la selezione delle classi dirigenti non è una grande specialità italiana, dove le relazioni e lo scambio di favori hanno preso e prendono troppo spesso il posto del merito e della professionalità. Ma c’è da sperare che la concretezza dei decision maker del Nord-Est possa superare anche questo problema.