lunedì 15 ottobre 2012

Facebook censura le notizie? Le Monde apre il dibattito

Facebook censura le notizie? Le Monde apre il dibattito

Facebook censura le notizie? Le Monde apre il dibattito

 

Noi amiamo Facebook, e ogni giorno pubblichiamo sulla nostra Pagina una selezione di notizie che giudichiamo importanti, essenziali, immancabili. E nostri lettori amano Facebook: sono più di 400.000 mila a seguire la nostra pagina, ad “apprezzare con i Like” e a commentare le nostre notizie

Comincia così un lungo editoriale pubblicato venerdì da Michaël Szadkowski e Flavien Hamon, rispettivamente social media editor e community manager di Le Monde che, sul loro blog ospitato all’interno del sito del quotidiano francese, offrono interessanti spunti di riflessione sul mondo dell’informazione ai tempi dei social media.
Szadkowski e Hamon partono da una questione centrale: Facebook ha cambiato il modo di fare informazione e il modo in cui queste informazioni vengono recepite dal pubblico? Le più grandi e autorevoli testate del mondo hanno abdicato alla loro missione di fornire un’informazione completa e di qualità a favore dei “Like”?
Il post di Le Monde, arriva passo passo al nocciolo della questione:
Le Fanpage sono una scommessa per tutti quegli organismi (imprese, marche, associazioni, partiti politici…) che vogliono essere rappresentati sul Web. Per i community manager, che quotidianamente pubblicano sulle Fanpage contenuti di ogni tipo, la scommessa è quindi quella di riuscire a capire a quanti utenti piace “veramente” la pagina e come reagiranno ai vari post: si chiama engagement dei fan. L’engagement, ovviamente, varia a seconda del tipo di contenuto pubblicato. Nella nostra redazione riassumiamo la questione così: la foto di un gattino o di Barack Obama che beve una birra riceverà più Like di un link sugli ultimi massacri in Siria
Chiunque abbia mai avuto a che fare con la Fanpage di una testata giornalistica o di un blog di attualità, deve riconoscere che il meccanismo descritto dai due di Le Monde è assolutamente realistico: succede ogni giorno. Ed è qui che Szadkowski e Hamon, parlando a nome dell’intera testata decidono di prendere posizione:
La nostra pagina su Facebook è animata da giornalisti che, prima di tutto, vogliono informare e, dal canto nostro, il dilemma editoriale è già stato risolto: la collezione di Like non deve arrecare danno alla gerarchia dell’informazione.  Sappiamo che le nostre news “non piaceranno a tutti” e che non sono fatte per raccogliere i “Mi piace”. Rispettando la nostra linea editoriale seria, istituzionale e di qualità, su Facebook non ci limitiamo a mettere su Facebook solo le “buone notizie”.
Fin qui non fa una grinza. Ma la questione che Szadkowski e Hamon vogliono sollevare è un po’ più complessa. A settembre, infatti, Facebook ha cambiato l’algoritmo che regola la visibilità delle Fanpage, l’Edgerank. Questo algoritmo – spiegano – filtra i post che gli utenti vedranno nel proprio newsfeed determinando, di fatto, la visibilità e la durata della vita delle notizie stesse:
Nonostante Facebook abbia fatto passare la cosa in sordina, gli smanettoni e gli analisti del Web sono già arrivati alla conclusione che questa selezione delle notizie è creata allo scopo di legare l’utente alle pagine che segue. Se si pubblica un messaggio sulla pagina e questo messaggio riceve molti Like, l’intera pagina riceverà una visibilità maggiore.
Tradotto in soldoni, questo significa che
Quando su una pagina che seguite viene pubblicato un nuovo contenuto, voi avete solo 1,6 possibilità su 10 di vedere quel contenuto nel vostro newsfeed. Ma questa probabilità varia a seconda delle pagine, come aveva fatto notare lo scorso giugno Edgerank Checker, lo strumento statistico che prevedeva una visibilità media di ogni contenuto pari al 22.22%.
Ma a settembre le cose sono cambiate e il nuovo algoritmo introdotto con l’autunno sembra cambiare le carte in tavola: secondo l’analisi di Le Monde concederebbe una minore visibilità alla Fanpage del quotidiano francese. Ovviamente, scrivono ancora i due autori, il loro arretramento non è ancora tale da poter stabilire con certezza che la colpa sia del nuovo algoritmo ma, per fugare ogni dubbio, la redazione di Le Monde ha contattato altre redazioni, per cercare di capire se si tratti o meno di un problema comune.
Sulla questione è stata interpellata anche Facebook France che, dal canto suo, ha affermato di non aver constatato nessun cambiamento, rassicurando Le Monde che ogni nuovo post avrebbe avuto una visibilità media del 16%.
Questo spiega di conseguenza che oggi il fattore chiave è l’engagement. Più un contenuto è “apprezzato”, commentato, condiviso, più ci sembra di qualità. Noi continuiamo a mostrare sempre meno contenuti alle persone che non interagiscono con gli altri utenti o con una pagina. E vogliamo comunque mostrargli comunque contenuti di qualità e realmente rilevanti
A questo punto la domanda che Szadkowski e Hamon si pongono è: le Fanpage dei siti di informazione devono cambiare la propria linea editoriale su Facebook in modo da continuare a essere visibili?
Quello che è chiaro è che Facebook opera una vera e propria targetizzazione dei contenuti, in modo da venire in contro ai “veri interessi” degli utenti. E le Fanpage devono agire di conseguenza, modulando la scelta e la pubblicazione dei contenuti sulla base delle caratteristiche dei propri fan. Il post di Le Monde cita alcuni esempi:
Un articolo di politica o di economia può veramente interessare gli eterosessuali di 25 anni che abitano a Rennes? Ci sembra difficile, in questo contesto, cercare di prevedere “i veri interessi” dei nostri lettori e, allo stesso tempo, restare coerenti con la linea editoriale di Le Monde
La questione sollevata dai social media manager di Le Monde è decisamente bollente, e il dibattito si estende anche nei numerosi commenti all’articolo: la maggior parte delle opinioni proviene da utenti – e lettori – che non sembravano mai essersi resi conto del problema, ma anche da “addetti ai lavori” che discutono sul reale valore delle informazioni generate e diffuse sul Web.
Il lungo post di Szadkowski e Hamon si conclude con una considerazione:
Al di là delle potenziali questioni editoriali che si pongono, questo ci mette davanti a una nuova politica di targetizzazione fondata sulle aspettative degli utenti, che riapre il dibattito sul problema della individualizzazione di Internet. Con un rischio ancora maggiore: se Google dovesse arrivare a offrire come risultati di ricerca solo quei contenuti che l’utente si aspetta di vedere, questo stesso utente sarà sempre meno a contatto con informazioni e idee diverse dal suo modo di pensare e di vedere il mondo.
Tutto quello che segnala Le Monde è vero. Ma è anche vero che Facebook è un’azienda privata e ha tutto il diritto di privilegiare taluni contenuti rispetto ad altri. Basterà l’opinione contraria di un grande giornale a fargli cambiare idea?

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