lunedì 3 dicembre 2012

Amazzonia, il polmone torna a respirare


Amazzonia, il polmone torna a respirare

Per la prima volta deforestazione in calo. Il merito è di un sistema satellitare che scova chi saccheggia la foresta.

La deforestazione in Amazzonia.


La miglior notizia del 2012. Così il ministro dell'Ambiente del Brasile, Izabella Teixeira, ha commentato i dati divulgati dall'Istituto nazionale di Ricerche spaziali (Inpe), che certificano la radicale riduzione del tasso di disboscamento dell’Amazzonia.
«Abbiamo raggiunto il grande risultato di portare la deforestazione sotto la soglia dei 5 mila chilometri quadrati», ha detto con giubilo il ministro. Per l'esattezza, il disboscamento è pari a 4.656 chilometri quadrati, su un'area totale pari a 4,2 milioni, solo per quanto riguarda la porzione brasiliana.
I numeri si riferiscono al periodo tra agosto 2011 e luglio 2012 e comportano una riduzione del 27% rispetto all'anno precedente: il livello più basso dal 1988, quando cominciò la serie storica della distruzione inopinata del polmone verde del mondo.
FINE DELLA DEFORESTAZIONE SELVAGGIA. L’Amazzonia è l'ecosistema più ricco del pianeta, messo pericolosamente a rischio dalle ruspe e dagli incendi. Negli ultimi sette anni la deforestazione selvaggia si è ridotta in maniera drastica: nel 2004, infatti, era pari a 27 mila chilometri quadrati.
Il merito è soprattutto della tecnologia satellitare che ha dato al governo brasiliano nuovi strumenti di lotta contro i taglialegna abusivi.
SERVIZIO DI SORVEGLIANZA SATELLITARE. Il centro di comando si trova nei laboratori dell'Inpe, a Belem, nello Stato del Pará, una delle regioni amazzoniche più saccheggiate dai cosiddetti grileiros, latifondisti senza scrupoli che occupano abusivamente e con la forza centinaia o addirittura migliaia di ettari di terra. Qui, dal 2004 è attivo il Deter, un programma satellitare in grado di individuare in tempo reale l'area minacciata.
Pur nell'immensità della foresta amazzonica, le coordinate sono precise. In pochi minuti un elicottero della guardia forestale è in grado di alzarsi in volo e raggiungere il luogo indicato per fermare le ruspe e individuare i colpevoli.
I RISULTATI DELLA REPRESSIONE. I successi degli ultimi anni hanno infatti mostrato che la repressione, ancorché difficile a causa della vastità dell'area, è possibile e dà i suoi frutti.
La foresta amazzonica si estende infatti su nove Paesi sudamericani, dal Brasile che concentra 4,2 milioni dei 6,9 milioni totali di chilometri quadrati, passando per Bolivia, Colombia, Equador, Perù, Venezuela, Guyana, Guyana Francese e Suriname.

Proteggere l'ecosistema in cui convivono migliaia di specie

Il bioma è ricchissimo, visto che metà delle specie terrestri del pianeta vive in questa regione: sono almeno 5 mila le specie di alberi scoperte, 300 quelle di mammiferi, 1.300 gli uccelli e milioni gli insetti. Ed è un'area fondamentale anche per 33 milioni di persone che dalle ricchezze della foresta traggono la propria fonte di sopravvivenza.
Oggi però l'Amazzonia è un grande polmone malato. Le sue condizioni si sono aggravate a partire dagli Anni 70.
SFRUTTATO IL 17% DEL TERRITORIO.Tra il 1950 e il 1970 infatti, la deforestazione era un fenomeno marginale che non superava l'1% di tutta la foresta. Negli ultimi 40 anni è balzato fino ad arrivare al 17% del territorio complessivo.
A dare un impulso decisivo fu il regime militare brasiliano che, tra gli Anni 60 e 80, distribuiva incentivi fiscali a milioni di brasiliani affinché occupassero quella frontiera vuota.
Poi sono cominciate le lotte sempre più intense delle popolazioni, molte delle quali di origine indigena, per proteggere le proprie terre e difendere la foresta.
LE LOTTE DI MEDES E STING. Alla guida dei movimenti si sono posti via via attivisti, ambientalisti e sindacalisti: da Chico Mendes, simbolo mondiale della resistenza assassinato nel 1988, a Dorothy Sting, la religiosa americana che combatteva per i diritti umani, uccisa nel 2005 a 73 anni. Una scia di violenza che causa decine di morti ogni anno: 29 solo nel 2011. Senza dimenticare gli scontri tra i proprietari terrieri e le popolazioni rurali: 1.363 solo l'anno scorso, secondo i dati della Commissione pastorale della Terra, una costola della Conferenza dei vescovi del Brasile molto attiva nella difesa dei diritti umani in Amazzonia.
Sbagliato dunque abbassare la guardia, anche se «la diminuzione dei numeri degli ultimi anni rendono chiaro che la fine della deforestazione non solo è necessario, ma perfettamente possibile», ha commentato in una nota Marcio Astrini, coordinatore della campagna Amazzonia di Greenpeace.

Il Brasile progetta di realizzare la diga di Belo Monte

Ma le minacce per la foresta pluviale più grande del mondo, paradossalmente, arrivano non solo da multinazionali e imprenditori senza scrupoli, ma anche dal governo brasiliano, sempre più deciso a portare a compimento la realizzazione della diga di Belo Monte, la terza più grande del mondo.
Un'opera faraonica da 12 miliardi di euro, che sorgerà nel cuore dell'Amazzonia e che da anni causa le proteste degli ambientalisti e solleva molte critiche da parte degli specialisti.
LA FORESTA DIFESA DA HOLLYWOOD.Per difendere il Rio Xingu, uno degli affluenti più importanti del Rio delle Amazzoni, e le circa 40 mila persone che saranno costrette ad abbandonare le proprie terre, allagate dal lago artificiale, sono scesi in campo anche le star di Hollywood, dal regista di AvatarJames Cameron all'attrice Sigourney Weaver.
OBIETTIVO DEFORESTAZIONE ZERO. L'obiettivo adesso è la Deforestazione zero, una proposta di legge di iniziativa popolare promossa da Greenpeace e da altre organizzazioni non governative: la petizione (sono necessarie 1,4 milioni di firme, a oggi sono quasi 650 mila) serve per impedire che il governo brasiliano e gli enti locali concedano in futuro nuove autorizzazioni a disboscare. Questa sì, sarebbe la migliore notizia dell'anno.




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