martedì 27 marzo 2012

Facebook si schiera contro i datori di lavoro che chiedono la password nei colloqui di lavoro


Facebook si schiera contro i datori di lavoro che chiedono la password nei colloqui di lavoro

Se da una parte i social network possono rappresentare un valido mezzo per trovare lavoro, in alcuni casi possono rappresentare un vero e proprio ostacolo. Sempre più spesso infatti durante i colloqui di lavoro, i candidati d'oltreoceano si vedono costretti a dover cedere le credenziali di accesso a Facebook per essere presi in considerazione per un posto di lavoro. Negli Stati Uniti si tratta ormai di una consuetudine al centro di forti polemiche che ha spinto il social network di Mark Zuckerberg ad attivarsi per salvaguardare i propri utenti.
Con un comunicato ufficiale, firmato da Erin Egan, il responsabile dell'Ufficio Privacy di Facebook, ha cercato di arginare la proliferazione di falsi profili, creati ad hoc per offrire al datore di lavoro la migliore immagine di sé, e ne ha approfittato per ribadire la normativa in tema di privacy.
In particolare, il comunicato, specifica che gli utenti del social network non dovrebbero mai rivelare la propria password, permettere a qualcuno di accedere al proprio account, compromettere la sicurezza dell'account stesso o violare la privacy degli amici. Rispondere alle richieste dei datori di lavoro cedendo la propria password quindi "indebolisce le aspettative di privacy e la sicurezza sia dell'utente che degli amici dell'utente" ed espone il dirigente a possibili "responsabilità legali" quando non si configura un vero e proprio "crimine federale".
"Abbiamo lavorato molto duramente su Facebook - precisa Erin Egan - per darvi gli strumenti per controllare chi vede le vostre informazioni non si dovrebbe essere costretti a rivelare le proprie informazioni private solo per ottenere un lavoro"
Ma per quale motivo i datori di lavoro sono così interessati agli account Facebook dei dipendenti? Tra le motivazione c'è sicuramente la volontà di controllare che il lavoratore non si lamenti della società, che non adotti comportamenti che potrebbero rovinare la fama del brand o, più facilmente, potrebbero essere alla ricerca di un pretesto per presentare un licenziamento per giusta causa. 
Alla crociata del social network contro i "dirigenti spioni" si sono uniti anche i senatoriCharles E. Schumer di New York e Richard Blumenthal del Connecticut che hanno chiesto al Dipartimento di Giustizia di valutare le violazioni di leggi federali legate a questa pratica scorretta. Proprio il senatore Schumer ha commentato così la sua azione:
"In un'era dove sempre più informazioni personali - comprese le interazioni private - sono online, è vitale che tutte gli individui siano messi in condizione di scegliere che informazioni vogliono rendere pubbliche e proteggere tali informazioni da potenziali datori di lavoro. Questo è particolarmente importante durante il processo di selezione, quando tutto il potere è da un lato solo".

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